rotate-mobile
Attualità

Da Paulo Isidoro a Diabolico, lo zingaro del gol che si è fermato ad Ascoli

La storia del messinese Mario Adriano Bonfiglio, dai campi parrocchiali ad attaccante e allenatore nella città marchigiana. L'Acr lo fece andare via, la fuga da Trapani con la sorella, dalle scuse di Andrea Bulgarella a mister "33 schemi" Maurizio Sarri

Allo stadio Sarrià di Barcellona fa caldo, è il 29 giugno 1982. A Messina l'afa è un tormento in quei pomeriggi. Italia e Argentina in campo per la seconda fase a gruppi del Mondiale. Tutti a casa a vedere Diego Maradona? Non proprio tutti. Stanno 0-0 e nel secondo tempo Tardelli e Cabrini ci faranno prendere il primo volo verso l'Olimpo del calcio. Quell'anno Francesco De Gregori in Titanic pubblica "La Leva calcistica della classe '68" e c'è un bambino del 1974 in  pantaloncini e maglietta che se ne infischia della tv e tira calci al pallone contro il muro del cortile parrocchiale, la sfera non finisce mai a terra: uno, due, tre, quattro rimbalzi col destro e col sinistro, di testa e di spalla e poi ancora destro e sinistro...ma mai a terra. C'è qualcuno che si ferma a guardare perdendosi la vittoria italiana, guarda Adriano Bonfiglio (non Mario, primo nome all'anagrafe), compagni di strada e maggiorenni litigano per giocare con e mai contro "Paulo Isidoro" (giocatore del Brasile di Zico e Falcao) che colpiva per la carnagione di colore e quel ciondolare in campo molto particolare perché in progressione scattava da centrocampo per sfondare in area di rigore.

Gli inizi tra Ghibellina e Furci, l'emarginazione al Celeste con gli altri messinesi 

"Il nome Paulo Isidoro me lo diede uno di quei ragazzi più grandi, Eligio Bercolli - ricorda sorridendo - per via della pelle scura". Doti tecniche eccelse, ambidestro, colpo di testa infallibile, esperto già in tenera età dei calci da fermo, insomma un campioncino che tra B e C, anni dopo, vincerà, segnerà gol lontano da Messina (tranne uno ma con la maglia del Benevento) e oggi si divide tra casa e scuola di calcio ad Ascoli Piceno dove non è più Paulo Isidoro ma Diabolico come la squadra che vinse il campionato 2001/2002 andando nel paradiso dei cadetti dopo sette anni di purgatorio. Per uno scherzo geografico il Messina in semifinale play-off di C eliminò l'Ascoli dodici mesi prima. Ci voleva un messinese per il salto di qualità bianconero. Arrotolando il nastro della pellicola Bonfiglio comincia nel Ghibellina, club del rione Bisconte. "Da ragazzino ho giocato in molte società minori messinesi, il tecnico di quella squadra era Filippo Impollonia, il dirigente Salvatore D'Arrigo, due figure importanti per la mia crescita, mi hanno trattato come un figlio; e poi Bruno Caligiuri all'Indipendente di Furci siculo, uno che a quei tempi aveva già idee, sapeva di calcio e usava il 4-3-3, un innovatore davvero".

Entra negli allievi dell'Acr Messina (che sogno) ma come i profeti del gol (è raro trovare qualcosa di simile al rapporto tra la Roma e Francesco Totti) la patria non gradisce che uno dei suoi figli si faccia avanti. A decidere il destino dei ragazzini che andavano a piedi al "Celeste" Ruisi, Anna e Tonino Colomban. "Le cose non andavano bene, non solo con me ma con tutti i messinesi, preferivano giocatori catanesi, palermitani e di Frosinone, così andai via, grazie a Colomban ci fu il passaggio al Vittoria seguito da Gino Giacchi, il primo anno da rincalzo vincemmo il campionato di Eccellenza, il secondo titolare in Interregionale". In attacco divideva le reti con Peppe Cau che a Messina conoscono bene. Tra i due tornei la piccola parentesi Trapani in C2 con un particolare: acquistato ma destinato alla primavera. "Gli dissi no, non avevo ancora 18 anni - urla - ma ero pronto per giocare in prima squadra, presidente e grande imprenditore Andrea Bulgarella, lo dissi a lui, veda che sono qui per essere titolare, all'epoca i più grandi si erano opposti; venne mia sorella da Messina a prendermi e ritornai a casa".

Da Paulo Isidoro a Diabolico, lo zingaro del gol che si è fermato ad Ascoli

Il salto triplo a Modena, le gambe che non reggevano al "Celeste" e l'amore di Ascoli

La delusione durò poco. Dodici mesi dopo il gran salto dal Vittoria al Modena in serie B con Pierluigi Frosio in panchina, presidente Farina e direttore sportivo Beppe Baresi che dopo il provino, nel luglio 1993, dissero sì: "Questo con i più grandi può giocare". Fu un girovagare continuo e in alcune tappe memorabile. Dopo Teramo Adriano che nel frattempo tutti chiamano Mario arriva ad Ancona ( nel curriculum la vittoria in campionato e il gol più bello di tutti segnato al Savoia, una fotocopia di Marco Van Basten alla Russia nell'ultimo atto degli Europei '88) e nel 1997 si legge la pagina storica alla Juve Stabia: "Gran periodo, Roberto Fiore storico presidente, allenatori come Enzo Ferrari, sfiorammo la B, peccato aver perso col Savoia i play-off, con me c'erano Di Nicola, Fresta, Menolascina, Amodio, Monaco, un gruppo importante". Due anni e venne venduto a Fermo per 230 milioni di lire, tecnico Ivo Iaconi, un maestro, ma cominciano i primi acciacchi (pubalgia). L'occasione nuova è il Benevento, in C1, nel 2000, anno di promozione ai play-off del Messina di Aliotta, Salerno e Florimbi. "Quello che successe a Messina ha dell'incredibile, la sera prima in albergo vennero a trovarmi in tanti, io non ero emozionato, anzi molto disteso, il giorno dopo scendo in campo e in riscaldamento al "Celeste" già mi tremavano le gambe, toccai tre palloni tre in partita e feci gol su rigore ma non ero io, non giocai bene, uno dei capitifosi, Salvatore Bonaffini, mi consegnò una targa, giocare al "Celeste" nel campo dove andavo a vedere le partite da bambino mi colpì, sentivo addosso il calore della città e non ho retto". Nel 2001 passa all'Ascoli, ambiente che lo coccola e Mario trasforma la maglia bianconera in casa sua: una scelta di vita più che sportiva. "Il primo giorno il presidente Roberto Benigni salutò stringendoci la mano singolarmente e mi disse "Benvenuto all'inferno": c'erano anche tremila persone agli allenamenti, la città viveva e vive di calcio, non potevi permetterti di sbagliare, dovevi fare le cose per bene e fu così, riuscimmò a vincere il campionato tornando in B e guadagnandoci l'appellativo di Diabolici, se vieni in giro con me per Ascoli lo ripetono sempre, è una piazza calda, che ti dà tanto e tu devi dare tutto ai tifosi".

Maurizio Sarri, mister 33 schemi

Ma da calciatore saluta pure Ascoli, è uno zingaro del pallone, va prima al Pisa "Incontro in un albergo Bulgarella, l'imprenditore di Trapani, che si presenta e si scusa per non avermi tenuto nella sua squadra, non potevo crederci" e dopo viaggia a Pescara con tecnico Maurizio Sarri che iniziava a impartire la sua dottrina. "Ci avevano ripescato, in squadra c'era gente come Delli Carri, Gautieri, Cammarata, il mister giocava già con il 4-2-3-1, Sarri viveva 24 ore su 24 di calcio, era minuzioso, infallibile nell'analisi, lo chiamavamo mister 33 schemi, voleva che imparassimo a memoria le posizioni altrimenti non giocavi, dovevi imparare dai fogli che ti dava come stare in campo, guai a sbagliare, per esempio a ogni schema su corner dove si gridava il nome di qualcuno come il magazziniere si doveva svolgere l'azione secondo quanto scritto in quelle pagine, sul taccuino in panchina segnava i minuti delle azioni che andavano o non andavano bene e li passava all'allenatore in seconda che alla ripresa degli allenamenti ci ricordava ogni mossa, ogni spicchio di campo dove dovevi o non dovevi esserci, Sarri scriveva tutto, anche i discorsi prima di parlarci negli spogliatoi e li ripeteva a memoria, una volta ne trovai uno sul tavolo, lessi le prime righe, lui entra e non cambia una virgola del discorso appuntato, Sarri è un grande insegnante di calcio". La carriera sta per terminare, passa alla Ternana e dopo alla Pro Vasto, tra il 2008 e il 2010, dove vince la coppa nazionale di categoria in finale contro il Siracusa.

Allenatore dei ragazzi 

Oggi Mario Adriano Bonfiglio è un allenatore di calcio, spiega tecnica e tattica ai ragazzi dell'Atletico Ascoli, ha creato la scuola calcio "Piccoli diabolici" targando le imprese sportive al "Del Duca" insieme all'ex compagno di squadra Fabio Di Venanzio ripensando a quei tiri in porta nel cortile parrocchiale: "Il patron Graziano Giordani e il presidente Romano Diamanti hanno creato qualcosa di importante, io e Di Venanzio ci occupiamo del settore giovanile che conta almeno 300 ragazzi, il preparatore è Mauro Iachini, fratello di Beppe, la nostra filosofia è fornire con competenza i principi di calcio ma serve una società strutturata come qui, Messina ha potenzialità ma ripeto che serve una società organizzata, con gente competente e che usi meritocrazia per impostare il futuro calcistico dei ragazzi, a Messina ci stanno i talenti, tutto passa da persone competenti, da calciatore sono stato molto completo ma mi è mancata l'educazione sportiva che solo un ottimo settore giovanile può darti e io non l'ho avuta, mi sono fatto forte solo delle mie qualità e del carattere che era anche particolare, ancora oggi tanti compagni si chiedono come mai non abbia giocato in A? Mi è mancato far parte di un settore giovanile di rilievo e credo che alla fine ho meritato quello che ho avuto, il calcio è sempre uguale, ha sempre le stesse regole, principi, tattica e tecnica individuale e collettiva, è cambiato l'aspetto fisico, la tecnologia va avanti e migliora la preparazione fisica, è un processo molto rapido, se cresci nei settori giovanili organizzati lavorando in una certa maniera come fa l'Atalanta non puoi che fare bene, quando giocano i bergamaschi tutti sanno cosa fare, non comprendi se il difensore è anche attaccante o viceversa".

Il ricordo calcistico che mantiene fisso nella mente è l'esordio in B a Cesena con la maglia del Modena. Due a uno per i romagnoli nel 1993, "Arrigo Sacchi, commissario tecnico della nazionale, vide la gara e disse che avevo grandi prospettive, nella B di quegli anni c'erano giocatori come Gigi Marulla, Igor Protti, Joao Paulo, Pietro Maiellaro, Oliver Bierhoff, Orazio Campilongo, Edy Bivi, campioni in tutti i sensi, oggi ce ne sono pochi così, ad Ascoli fu in squadra con Andrea Barzagli (a Messina produce il Faro Doc), non mi aspettavo che diventasse campione del mondo, pensavo invece che uno come Sasà Bruno potesse arrivare a livelli altissimi, gioca ancora, è fortissimo". Paulo Isidoro il Diabolico ci saluta e saluta Messina: "Quello che ho imparato nel campo di parrocchia non l'ho imparato da nessuna parte, era un calcio genuino, un calcio di strada, e come il primo amore non si scorda mai, in bocca al lupo a tutti i messinesi per le difficoltà che stiamo affrontando, speriamo che tutto finisca presto". 


 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Da Paulo Isidoro a Diabolico, lo zingaro del gol che si è fermato ad Ascoli

MessinaToday è in caricamento