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Franco Martino, l'accademico liberale che aiutò l'Ulivo a mettere radici

Tre anni fa moriva l'ex presidente della Regione ricordate in un convegno all'Università con avvocati e associazione D'Uva. Il ritratto di Maurizio Ballistreri

Moriva tre anni fa, Franco Martino, ex presidente della Regione siciliana, scomparso all’età di 80 anni a Messina. Docente universitario, nipote dell’ex ministro degli Esteri Gaetano Martino, fu esponente del Partito Liberale Italiano e più volte deputato. Nel 1996 entra a far parte del Comitato delle Regioni dell’Unione europea. Poi si ritira dalla politica.

Stimato anche dagli avversari, Martino è stato ricordato nel convegno “Franco: l’Uomo, il Politico” convegno che si è svolto mercoledì 2 ottobre nell’aula magna del rettorato di Unime, alla vigilia dell'anniversario dalla morte il 3 ottobre 2017, organizzato da Università di Messina, Ordine degli avvocati e associazione Nino D'Uva.

Ecco il ricordo del docente universitario Maurizio Ballistreri.

Un gentiluomo coerente e preparato

Le strade di Franco Martino e quella mia si sono incontrate più volte. All’Università di Messina, dove ricordo i dialoghi tra Franco, affermato accademico, ed io, giovane giuslavorista nella Facoltà di Economia, e in politica, ai primi anni Ottanta, allorquando tentammo anche a Messina di creare una convergenza tra le forze socialiste e quelle laiche: Psi e liberali, radicali, repubblicani e socialdemocratici, che in campo sindacale avevano nella Uil il naturale punto di riferimento.

Franco, di solida tradizione libera, ed io impegnato nel “Nuovo corso” del Psi di Craxi e Martelli, per un moderno riformismo, che aveva a Messina e in Sicilia come leader Nicola Capria, assieme ad altri amici liberali che avevano scelto di sostenere la leadership di Valerio Zanone, come Salvatore Geraci, Pippo Rao, Paolo Magaudda con l’incoraggiamento di Enzo Palumbo per creare un’area laico-socialista in grado di avere un rapporto dialettico paritario con la Democrazia cristiana, stimolando, nel contempo, una revisione critica da parte del Partito comunista dell’interpretazione dogmatica operata dal leninismo del pensiero di Marx.

Lib-lab, il liberal-laburismo, era la sigla, frutto di un fortunato dialogo trasformato in un agile libro tra il giornalista e scrittore Enzo Bettiza e il direttore del quotidiano socialista “L’Avanti” Ugo Intini, che sintetizzava un tentativo, prima ancora che politico di natura culturale, con un Pantheon in cui convivevano Gobetti e i fratelli Rosselli, Dahrendorf e Brandt, Pannunzio e Saragat.

Di quel periodo fecondo sul terreno del dibattito e del confronto politico-culturale, che sul terreno amministrativo trovava riscontri con l’idea di Messina quale baricentro nel Mediterraneo anche attraverso l’Area Integrata dello Stretto e con una stagione di nuova urbanistica della riqualificazione, Franco Martino fu un sostenitore, anche nel suo impegno quale deputato regionale, che, nella fase terminale della Prima Repubblica, lo portò al vertice della Regione siciliana.

Nella cosiddetta Seconda Repubblica Franco si ritirò dall’impegno politico diretto ma non dalla vocazione all’analisi e alla proposta, favorendo la nascita dell’Ulivo a Messina, nonostante i richiami (anche di altri settori familiari pure di solida storia liberale) verso Forza Italia.

E ricordo che stimolò la mia decisione di passare dall’impegno sindacale a quello più squisitamente politico, con la candidatura all’Ars che mi portò a diventare deputato regionale.

Un gentiluomo, un politico coerente e preparato: ecco come ricordo Franco Martino.  

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