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Venerdì, 19 Aprile 2024
La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

LE FOTO | Teatro antico di Tindari, se il covid uccide la magia delle notti estive del mito

La civiltà classica li aveva concepiti per la catarsi, luoghi dove poteva consumarsi un rito di liberazione collettiva. Oggi questa perfezione funzionale e bellezza struggente rischia di essere mortificata dal distanziamento sociale

E’ proprio lì, incastrato “Fra larghi colli pensili sull’acque delle isole dolci del dio”, il magnifico Teatro Antico di Tindari, quasi a precipizio. Luogo dove fino a qualche anno fa si potevano rivivere “dolcezze un tempo assidue”.

Sta esordendo la stagione estiva, e quest’anno ancora non si ha notizia dei cartelloni dei teatri antichi. Peccato!. Eppure il Teatro Antico di Tindari aveva invertito la tendenza e l’anno scorso era stato messo in scena un cartellone sostanzioso e di ottima qualità e quest’anno pare ripetersi.

Chissà come e se potremo frequentare, in questa estate imbavagliata, i teatri antichi. Come cambierà il piacere di vivere immersi nel mondo classico dove non era affatto previsto il distanziamento sociale? La civiltà classica li aveva concepiti per la catarsi, luoghi dove poteva consumarsi un rito di liberazione collettiva. Esattamente il contrario di quanto imposto dalle attuali norme per il distanziamento sociale.

Notti magiche al teatro antico di Tindari

Vi è il rischio di assistere alla mortificazione di una perfezione architettonica che più di altre aveva messo l’uomo come misura, le necessità del suo spirito come obiettivo, l’elevazione sociale come esigenza. Vedremo un pubblico imbavagliato davanti ad attori imbavagliati? Tutti a temere un nemico microscopico ed invisibile. Sarà il prodromo di come si trasformeranno nel futuro prossimo i teatri antichi e i luoghi della grande cultura. Come potrà essere fruito il Teatro Antico di Tindari senza perdere la struggente suggestione di sempre? Come si manterrà il distanziamento sociale in un luogo che rappresenta la perfezione architettonica a misura d’uomo e della condivisione emotiva?

C'era una volta il classico

Un tempo l’estate nei teatri antichi era il teatro classico. Si cominciava già nel mese di maggio con la rassegna delle tragedie greche di Siracusa e poi in piena estate continuava con un nutrito calendario che ci faceva viaggiare nel mondo antico da Segesta a Morgantina, da Taormina a Palazzolo Acreide. Le notti siciliane si riprendevano il loro mito, la loro tradizione culturale più alta.

Dalle nostre parti Il Teatro Antico di Tindari apriva la stagione con la rassegna del “Teatro dei due mari” un ciclo di opere classiche che si svolgevano ubique anche al Teatro Greco Romano di Taormina. Un piacevole gemellaggio dei due grandi teatri antichi della provincia di Messina.

Così ci immergevamo, in quegli spalti in pietra scolpita, nelle trame drammatiche di Eschilo, Sofocle e Euripide, o nelle commedie di Aristofane recitate dai più grandi, e veri, attori teatrali del tempo, e lì sentivamo le nostre radici più profonde. Un incanto che compiva il miracolo del viaggio nelle emozioni del passato.

Tutto questo è avvenuto fino a quando questi luoghi dell’anima, questi archetipi della millenaria cultura dell’isola non sono stati oltraggiati dalle logiche prosaiche di quest’era bottegaia, che negli ultimi 25 anni ha visto sempre più trionfare il nonsenso del profitto a tutti i costi.

Quando bisogna fare cassa a tutti i costi

Il pragmatismo del bisogna fare cassa, la logica becera secondo la quale con la cultura non si mangia, hanno infranto il tabù inviolabile dei teatri antichi, ove prima di allora non era permessa alcuna contaminazione con altri generi artistici, figurarsi con concerti di cantanti pop, rock e persino melodici, con tanto di amplificazione assordante, con spettacoli di cabaret di bassa lega, o con intere rassegne di teatro dialettale di cattivo gusto che si sta affermando sempre più sul vero teatro. Tutto perché questi spettacoli riscuotono il gradimento delle masse e dunque assumono valore culturale, secondo la cieca legge del consumismo, per la quale gli escrementi sono un ottimo prodotto perché milioni di mosche non possono sbagliare.

Così la forza del denaro ha profanato anche questa sacralità. E noi che in quei luoghi sacri abbiamo vissuto l’incontro tra il meglio del mondo antico con il meglio del mondo moderno, è abbiamo goduto della loro magia, da tempo assistiamo attoniti a questo genocidio culturale, perpetrato dal capitalismo predatore di banche e multinazionali che governano su chi governa e che tutto posso, a dispetto delle amministrazioni pubbliche e delle soprintendenze che invece non possono più nulla.

Noi portatori di valori ormai arcaici, che abbiamo avuto la fortuna di provare il gusto della perfezione nell’arte e nella cultura e sappiano che questa merce, ormai rara, non si compra con il denaro perché è frutto spontaneo dell’albero della passione (albero a cui da tempo hanno reciso l’apparato radicale),trascorriamo, ormai, le nostre serate estive nel silenzio delle nostre case, incatenati come Prometeo, colpevoli di non voler accettare ciò che impone il nuovo Zeus della postmodernità, surrogando il piacere di quelle serate del mito con la lettura di quel Creonte e della sua ragion di stato o di Antigone eroina della coerenza. Modelli comportamentali, che mettono i principi e la dignità perfino davanti ai sentimenti più intimi, di cui ormai si è persa la semenza.

Perfezione architettonica

Ecco come abbiamo perduto il piacere inestimabile di godere di quegli spazi modellati, oltre due millenni fa, da grandi architetti. Teatri che furono e sono ancora i più grandi esempi di perfezione architettonica.

Il Teatro Antico di Tindari  è un pregevole esemplare di quelle realizzazioni architettoniche la cui concezione tipologica ha raggiunto il livello massimo di perfezione funzionale, un'architettura che non ha più nulla da perfezionare o da evolvere. La sua prestazione funzionale è perfetta. La sua forma, la tecnica costruttiva adottata, i materiali impiegati e i principi geometrici ed acustici applicati rappresentano una delle più alte espressioni artistiche mai raggiunte in architettura.

 Il Teatro Greco (penso al teatro di Epidauro) è la più classica delle opere d’arte in architettura. Ciò è dovuto al raggiungimento del perfetto equilibrio tra forma e funzione. Una forma perfetta e una funzione perfetta. La forma del Teatro Antico esprime perfetta armonia, proporzione, simmetria ed equilibrio formale. Ed assolve in modo assoluto alla sua funzione con perfetta acustica e perfetta chiarezza armonica, esattamente come quella di uno ottimo strumento musicale.

Una tecnica decritta da Marco Vitruvio Pollione nel “De Architectura” che indica con chiarezza quale deve essere l’obbiettivo della fabbrica di un teatro: “La voce è continua non si sente né dove comincia né dove finisce; si percepisce soltanto ed appare distinta negli intervalli da nota a nota.”

Gli antichi greci già sapevano che il suono si propaga in modo circolare, come l’acqua si propaga a cerchi concentrici quando viene urtata da un corpo estraneo (l’effetto del il sasso nello stagno). Così nel Teatro Antico le onde circolari del suono emesso dall’“Orchestra” sono accolte in modo geometricamente complementare dalla geometria circolare degli spalti. Onde sonore e spalti sono l’uno il positivo e il negativo dell’altro e si completano in un incastro perfetto. Ciò non consente il verificarsi di ostacoli, ritorni o echi che possano disturbare la propagazione del suono, sicché il medesimo arriva chiaro, diretto e soave agli orecchi degli spettatori. Una delle più riuscite perfezioni funzionali della storia dell’architettura, forse la più riuscita.

Lo spazio e il suono

Nel Teatro Antico la modellazione dello spazio tende a farsi veicolo di propagazione dei suoni. Una forma che si fa strumento musicale. Una forma architettonica concepita come uno strumento, che non si serve di nessun artificio per migliorare le sue prestazioni funzionali.

La modernità musicale, intesa come elettrificazione che amplifica la propagazione dei suoni e degli effetti scenici e scenografici non ha migliorato e non può migliorare le prestazioni funzionali della forma del Teatro Antico. Così il Teatro Antico è, ossimoricamente, anche moderno. Perché resta ancora lo spazio modellato più adatto per propagare suoni e voci, senza alcun arteficio (abile uso dell’arte del costruire per innalzare l’uomo.

La sua concezione architettonica ci rivela come non tutto ciò che viene dopo è progresso. La sua perfezione fatta di pietra e di sapienza si afferma anche in un’epoca fortemente tecnologizzata dove nulla più vale e tutto è obsoleto se non è digitale.

Non resta che l’antico dilemma se, pur stando dalla parte di Antigone, si debba comprendere o no il solenne Creonte interpretato dal grande Giulio Bosetti. Non resta che il dolce ricordo: dell’odore notturno delle siepi di pitosforo che circondavano ancora il Teatro Antico di Tindari; della dolcezza del  primo bacio di un amore nato sulle gradinate del perfetto teatro di Palazzolo Acreide; del piacevole tepore sulla pelle dovuto al pullover indossato per difendersi dalla brezza marina che raggiungeva gli spalti del Teatro Greco Romano di Taormina, mentre Eduardo teneva il suo ultimo discorso pubblico; della dolcezza dell’alba dorata di ferragosto che irradiava la cavea del Teatro di Tindari mentre Adriana Asti leggeva le poesie di Kavafis.

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