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Cronaca

Coronavirus, l'oncologo Spadaro: “Personale sanitario contagiato, le cifre di una anomalia tutta messinese”

Il presidente della Lilt analizza l'emergenza: “All'origine dei focolai, ritardi nei tamponi e kit insufficienti proprio nelle strutture che dovevano essere più protette”. L'appello a non penalizzare chi soffre per altre gravi patologie e a munirsi di pulsiossimetro per le famiglie in isolamento

Quella che è ormai diventata la “pandemia del secolo” non risparmia, tra le sue vittime, gli operatori del settore sanitario. Soggetti esposti più di altri al rischio di contrarre la virosi, medici, paramedici e personale d’assistenza si ritrovano spesso sforniti dei mezzi di protezione individuale e comunque delle tutele previste a suon di decreti e ordinanze dalle istituzioni preposte. Non va inoltre dimenticata la categoria dei pazienti fragili – anziani e non, affetti da malattie degenerative e debilitanti – i quali, oltre a rappresentare bersaglio d’elezione per il corona-virus, sperimentano gravi e spesso decisivi ritardi nell’erogazione delle cure dovute alle loro patologie per il crescente intasamento delle strutture da parte dei colpiti dalle forme più gravi della virosi. Abbiamo ascoltato, in proposito, l’opinione del Presidente della sezione messinese della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori (L.I.L.T.), il medico oncologo Pietro Spadaro.   

Qual è stata, in base alla tua esperienza, l’evoluzione di quest’epidemia nella nostra comunità?

“Fino a qualche giorno fa, eravamo tutti schierati sul fronte di battaglia orgogliosi di contare pochissimi casi e nessun decesso e sembrava non dovesse cambiare nulla nella “routine” quotidiana, solo una minima attenzione verso coloro i quali provenivano dalle zone rosse, a cui veniva raccomandata la quarantena. Poi, come sai bene, la situazione è cambiata”.

La “mappa del contagio” è chiaramente diversificata di regione in regione. Rispetto alle altre regioni, quali variabili hai potuto riscontrare in Sicilia e, in particolare, a Messina?

“La differenza sostanziale da noi, rispetto alla diffusione della malattia nelle regioni più colpite – Lombardia, Veneto, Emilia e adesso anche Lazio e Campania dove il comune di Forni è stato di recente “blindato”, è che i focolai nella città di Messina non sono individuabili nel territorio anche perché i cittadini sono stati esemplari nel rispettare le regole imposte, bensì negli ambienti sanitari, negli ospedali. Policlinico, Centro Neurolesi, Ospedale Piemonte, Casa di Cura Cristo Re e una casa di riposo del centro. Si tratta, come si vede, proprio degli ambienti che dovevano essere più protetti”.

Cosa significa tutto questo?

Pulsiossimetro-2“Che il personale dedicato non era tutelato e soprattutto non era preparato ad affrontare questa nuova emergenza. Inoltre, sia il personale medico che paramedico esposto al contatto con i pazienti positivi non è stato sottoposto al test del tampone faringeo in quanto non sufficienti i “kit” forniti e dei pochi test eseguiti non abbiamo ancora il risultato che verrà comunicato con ingiustificabile ritardo. Un recente report effettuato sul personale sanitario contagiato fa rilevare un’età media di contagio molto più bassa rispetto al resto della popolazione (49 anni rispetto ai 63) invertendosi anche drasticamente la proporzione tra uomini e donne (64.2% di donne e 35% di uomini contro il 70% di uomini nella popolazione generale. Quasi 4.000 poi, gli operatori sanitari finora infettati, una cifra francamente da capogiro”.

Rimedi? E, soprattutto, secondo te siamo ancora in tempo per arginare il fenomeno?

 “Secondo me sì. Ma bisognerà adottare alcune misure: 1) estendere a tutto il personale sanitario l’obbligo di eseguire il test-tampone 2) fornire le necessarie ed insostituibili attrezzature di protezione per il personale sanitario e soprattutto istruirlo nelle procedure da seguire 3) non abbandonare i pazienti fragili – i malati di altre patologie non sono né guariti né spariti e continuano a necessitare dell’assistenza loro dovuta, diversamente ci saranno altre vittime anche in quel settore. Le famiglie dovranno inoltre seguire le normative di assoluto isolamento nel caso di un familiare in stato di quarantena e, se ci sono febbre e turbe respiratorie, dovranno accuratamente monitorarlo misurando almeno 2 volte al giorno la temperatura corporea. Suggerisco infine di munirsi per tempo di un pulsiossimetro (nella foto), un apparecchietto che si acquista in farmacie o via internet al prezzo di 25-50 euro. Si tratta di un semplicissimo strumento portatile che, schiacciando un pulsante, valuta la saturazione dell’ossigeno e la frequenza cardiaca e può essere “salvavita” perché in caso di febbre da corona-virus recarsi in ospedale quando l’insufficienza respiratoria è grave potrebbe essere troppo tardi. Per cui, quando la saturazione scenderà al di sotto del 90 per cento (su valori normali di 95-99 per cento) sarà bene iniziare a prepararsi per il ricovero in adeguata struttura specialistica”.

intervista realizzata da Giuseppe Ruggeri

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