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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Mafia e gioco d'azzardo, maxi sequestro al re delle scommesse del clan Trovato

Oltre 10 milioni di euro sotto chiave di Domenico La Valle, operativo nel redditizio settore del gioco e delle scommesse illegali. L'operazione “Last Bet” della Guardia di Finanza

Maxi sequestro a Domenico La Valle, messinese, 60 anni, già arrestato nel 2017 e condannato per associazione mafisosa.  L'uomo, considerato la mente imprenditoriale del clan Trovato nella zona sud di Messina è destinatario di un provvedimento di sequestro per un valore di oltre 10 milioni di euro eseguito dalla Guardia di Finanza.  

La complessa attività investigativa - disposta dalla Direzione Distrettuale Antimafia peloritana -  trae origine da mirati approfondimenti sviluppati dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina, con specifico riferimento al redditizio settore del gioco e delle scommesse.  Le Fiamme Gialle hanno documentato come il noto imprenditore locale, sia tra gli elementi apicali del clan mafioso egemone nella zona sud di Messina, dedita al sistematico ricorso a metodi violenti per imporre, anche con estorsioni, la propria posizione di monopolio nello specifico settore, notoriamente di interesse delle mafie.  

Una “carriera” cominciata negli anni Novanta

Nel merito, dopo una minuziosa ricostruzione storica del profilo soggettivo di La Valle, sin dalla fine degli anni ’90 (da cui usciva assolto), sono state rilette in un’ottica nuova le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, attestando come l'imprenditore, nel tempo, abbia acquisito il ruolo di riferimento del clan Trovato nella gestione delle bische clandestine, in una prima fase, per poi evolversi nella distribuzione dei videopoker, in tempi successivi. Dopo la disgregazione dell’originaria compagine associativa per via della carcerazione dei capi e del percorso di collaborazione con la giustizia intrapreso da altri, La Valle ha preso il controllo pressoché esclusivo delle attività illegali della famiglia, costituendone il punto di riferimento “imprenditoriale” e facendo da contraltare al ruolo “operativo” ricoperto dai fratelli Trovato. Sul punto, quindi, dopo circa due anni di indagini, nel febbraio 2018, poi confermata in appello a gennaio 2019, interveniva sentenza di condanna a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, violenza privata, gioco d’azzardo, reati fiscali, usura e lesioni. 

Il cinese pestato a sangue perchè aveva vinto: le intercettazioni

Le investigazioni della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ed eseguite dai militari del G.I.C.O. documentavano come, nonostante le diverse assoluzioni, La Valle risultasse figura di rilievo nel panorama mafioso cittadino, in grado, da un lato, di imporre la collocazione delle apparecchiature presso gli esercizi commerciali della zona, dall’altro, garantire agli esercenti accondiscendenti di poter godere della connessa protezione mafiosa del clan.  A tal riguardo, oltre a documentare come la protezione si dispiegasse anche mediante servizi di vigilanza e ronde notturne, si acquisiva come alcuni titolari di sale giochi, destinatari di furti, anziché rivolgersi alle Forze di Polizia per denunciare l’accaduto, dapprima valutassero la possibilità di rivolgersi a consorterie mafiose catanesi, per poi decidere di richiedere l’intervento dell’organizzazione mafiosa riferibile a La Valle, autonomamente in grado di assicurare la restituzione delle somme oggetto di furto, nel rispetto dei rapporti di forza tra organizzazioni criminali a competenza territoriale diversa. L’autore del furto, opportunamente redarguito, capiva come avesse sbagliato obiettivo: “…maledetto io, perché…gli amici non si toccano ed ora l’ho capito e non lo farò mai più! ...”.  

Il pestaggio di un avventore cinese

Ma il controllo delle dinamiche criminali restituito dalle indagini è risultato ben più ampio. Emblematico, al riguardo, è il caso del violento pestaggio di un avventore di origine cinese, reo di essere stato “fortunato”: per sua sventura si trovava a giocare nel momento in cui la macchinetta videopoker, manomessa con appositi software, avrebbe garantito una vincita “non autorizzata” dal gruppo mafioso e da La Valle. In sintesi, emergevano non solo una pluralità indefinita di comportamenti criminali indicativi di un profilo di Domenico La Valle di soggetto socialmente pericoloso, ma anche una significativa disponibilità di risorse finanziarie, anche rese accessibili agli esponenti del clan, in assolvimento del suo ormai accertato ruolo di “cassiere”. Proprio tali qualificazioni hanno consentito ai Finanzieri, su delega della Procura di Messina, di avviare mirate investigazioni economico -  patrimoniali, tese a quantificare e conseguentemente aggredire l’enorme patrimonio riferibile all'imprenditore, non giustificato dai redditi leciti dichiarati al fisco.

All’esito di tale attività emergeva, altresì, come La Valle, evidentemente consapevole della propria caratura criminale e della concreta possibilità di vedersi sequestrare l’intero impero criminale creato, gestisse - di fatto - avvalendosi dell’apporto di fidati prestanome, diverse attività economiche: società di noleggio di apparecchi da gioco, sale giochi, un distributore di carburanti, una rivendita di generi di monopolio. Analogamente, si documentava come ulteriori investimenti immobiliari risultassero fittiziamente intestati a propri familiari. Le indagini abbracciano un periodo di un trentennio.

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