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Cronaca Capizzi

Operazione Nebros 2, le mani sui pascoli e i fondi europei: avviso di conclusioni indagini per 14 indagati

La Procura distrettuale di Caltanissetta ha chiuso le indagini dell’inchiesta sul condizionamento della gara per l’aggiudicazione dei terreni demaniali indetta dall’Azienda speciale “Silvo-pastorale” di Troina

La Procura distrettuale di Caltanissetta ha chiuso le indagini dell’inchiesta scaturita dall’operazione “Nebros 2” sul condizionamento della gara per l’aggiudicazione dei terreni demaniali indetta, nel 2015, dall’Azienda speciale “Silvo-pastorale” di Troina. Il provvedimento, emesso dal Procuratore Amedeo Bertone e dai sostituti procuratori Pasquale Pacifico e Claudia Pasciuti, riguarda 14 indagati accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere e turbata libertà degli incanti.

L’operazione, eseguita il 19 novembre 2018 su indagini della guardia di finanza del Comando Provinciale di Enna e della Tenenza di Nicosia, sfociò nell’esecuzione di 15 misure cautelari tra cui 7 in carcere, 7 ai domiciliari ed 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le Fiamme Gialle svelarono un presunto sistema di condizionamento dell’assegnazione dei terreni destinati ai pascoli nell’entroterra dei Nebrodi che garantiva introiti milionari grazie ai fondi europei.

Sono indagati  Sebastiano Foti Belligambi, 49 anni, di San Teodoro; Federica Pruiti, 41 anni, di Bronte; Giuseppe Foti Belligambi, 47 anni, di San Teodoro; Vita Cavallaro, 39 anni, di Bronte; Anna Maria Di Marco, 42 anni, di San Teodoro; Giovanni Foti Belligambi, 25 anni, di Bronte; Angioletta Triscari Giacucco, 42 anni, di Cesarò; Salvatore Armeli Iapichino, 53 anni, di Tortorici; Sebastiana Bevacqua, 74 anni, di Tortorici; Maria Cantali, 60 anni, di Catania; Giuseppe Lupica Infirri, 65 anni, di Tortorici; Salvatore Lupica Infirri, 39 anni, di Sant’Agata Militello; Silvestra Calderaro, 74 anni, di San Teodoro; Antonio Consoli, 45 anni, di Catania.

Agli indagati sono stati contestati, a vario titolo, il delitto di turbata libertà degli incanti commesso con l’aggravante del metodo mafioso, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall’appartenenza degli indagati all’organizzazione mafiosa Cosa Nostra e, in particolare, delle famiglie operanti nella zona dei Nebrodi, nonchè quello di abuso d’ufficio.

Il provvedimento rappresenta l’epilogo di una complessa ed articolata attività investigativa (condotta sia con l’ausilio di attività tecniche sia mediante analisi di documentazione ed accertamenti patrimoniali) che ha permesso di acclarare una vasta infiltrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso nell’aggiudicazione dei pascoli demaniali nel Parco dei Nebrodi, finalizzata al conseguimento di contributi comunitari nel corso degli anni per importi milionari.

Le irregolarità rilevate fanno riferimento ad una gara pubblica, bandita nel 2015 dall’Azienda speciale “Silvo Pastorale” del Comune di Troina. In particolare sarebbe emerso  che i soggetti destinatari dei provvedimenti restrittivi della libertà personale avrebbero ottenuto l’aggiudicazione dei pascoli mediante la presentazione di offerte segrete con aumento minimo rispetto a quelle fissate a base d’asta dall’Azienda troinese. Le offerte in parola erano state eseguite generalmente in aumento di un solo euro, indice inequivocabile che le offerte “segrete” fossero state, nella realtà dei fatti, concordate e pianificate a monte, vanificando i meccanismi di regolare concorrenza del mercato, con corrispondente danno per l’ente pubblico concedente. Gli indagati, tutti imprenditori agricoli, con la connivenza del direttore pro-tempore dell’Azienda di Troina avrebbero, di fatto, monopolizzato le procedure negoziali, scoraggiando l’accesso alle stesse ad altri soggetti in “regola” e con fondate aspettative di aggiudicazione della gara pubblica, ricorrendo al metodo mafioso e alla forza intimidatrice. Dalle indagini emerse inoltre che il direttore tecnico pro-tempore del menzionato ente pubblico, nello svolgimento delle funzioni proprie dell’incarico, avrebbe favorito l’aggiudicazione dei lotti pascolivi in gara a beneficio degli indagati, lo stesso infatti, nonostante fosse in vigore il cosiddetto “Protocollo Antoci”, richiedeva in ritardo, e solo dopo la stipula dei contratti, apposita Informativa Antimafia alla Prefettura competente, la quale all’esito degli accertamenti, certificava attraverso l’emanazione di un’Interdittiva Antimafia, l’appartenenza e/o la vicinanza degli indagati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso. Una volta emanata l’Interdittiva Antimafia il direttore tecnico pro-tempore avviava con colpevole ritardo le procedure per la rescissione dei pascoli. Tale ritardo consentiva agli indagati, comunque, la percezione illecita di contributi comunitari per importi pari a 3 milioni di euro.

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