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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Patti

Procura in appello per "Patti e Affari", il sindaco Aquino: "Fiducia nella magistratura"

Anche il primo cittadino sarà tra gli imputati che dovranno sottoporsi al Secondo grado di giudizio dopo l'assoluzione di giugno. Il processo riguarda gli affidamenti dei servizi socioassistenziali tra il 2008 e il 2013. La vicenda

Assolto in primo grado perché il fatto non sussiste il sindaco di Patti Mauro Aquino dovrà sottoporsi al giudizio di appello insieme agli altri imputati. La procura del Centro tirrenico andrà in secondo grado contro la sentenza del 28 giugno al processo "Patti e Affari".

"Avevo e ho piena fiducia nella magistratura - afferma Aquino - non commento la decisione della procura ma sono certo della bontà del mio operato secondo la sentenza dal tribunale di Patti che ha disposto la mia assoluzione, con la stessa serenità del Primo grado affronterò anche il giudizio di appello nel rispetto e nell'onorabilità dell'ente che dirigo ormai da otto anni". A giugno i giudici di Patti avevano emesso sette condanne e assolto ventidue imputati, tra i quali anche il primo cittadino. L'inchiesta contestata l'associazione a delinquere finalizzata a reati contro la pubblica amministrazione, la turbativa d’asta, la frode in pubblici servizi e la truffa aggravata, nell’ambito dell’affidamento degli appalti per i servizi socio assistenziali nel distretto socio-sanitario D30, nel periodo compreso tra il 2008 ed il 2013. La revisione della sentenza è stata chiesta per Giuseppe Mauro Aquino, sindaco di Patti; Antonino Lena, ex vice sindaco; Francesco Gullo, ex vice sindaco nell’amministratore Venuto; Nicola Molica, ex assessore ai Servizi Sociali ed oggi presidente del Consiglio; Renato Cilona, ex primo cittadino di Librizzi; Tindaro e Nicola Giuttari, padre e figlio, rispettivamente imprenditore del settore delle cooperative sociali ed ex consigliere comunale; Salvatore Colonna, impiegato comunale condannato in primo grado a 6 anni e 4 mesi per alcuni capi d’imputazione; Luciana Panissidi, funzionaria del Comune di Patti; Cappadona Michele, imprenditore nel settore delle cooperative sociali; Di Dio Calderone Gaetano; Caleca Antonino e Tumeo Maria, tutti assolti con la formula «perché il fatto non sussiste».

Per la Procura i giudici di primo grado hanno travisato, in qualche caso valutato parzialmente o in modo errato, gli elementi di prova raccolti dalla polizia giudiziaria del locale commissariato. Nel caso dell’affidamento della gara per il servizio di assistenza domiciliare agli anziani per l'anno 2012, ad esempio, secondo il pm Giorgia Orlando, che ha firmato l’appello insieme al procuratore Angelo Cavallo, la lettura delle carte da parte dei giudici è «stata quantomeno parziale e, quindi, la conseguente motivazione illogica e contraddittoria, posto che da una lettura adeguata delle prove acquisite non si può non affermare che le condotte deliberate degli imputati abbiano influito sulla scelta del metodo di selezione del contraente, mettendo in pericolo la correttezza e l'imparzialità della proceduta di individuazione dell’assegnatario".

Il Tribunale aveva condannato: Michele Cappadona (1 anno di reclusione e 500 euro di multa oltre al pagamento delle spese; pena sospesa); Oreste Casimo (1 anno e 6 mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena; pena sospesa); Giuseppe Catalfamo (1 anno di reclusione e 400 euro di multa, oltre al pagamento delle spese; pena sospesa); Salvatore Colonna, impiegato comunale (6 anni e 4 mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, più interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni); Giuseppe Giarrizzo (1 anno di reclusione e pagamento di 400 euro di multa oltre al pagamento delle spese; pena sospesa); Tindaro Giuttari (2 anni di reclusione oltre al pagamento delle spese; pena sospesa); Carmelo Raneri (1 anno di reclusione e pagamento di 400 euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali; pena sospesa). Per intervenuta prescrizione non si è proceduto nei confronti di Salvatore Giordano.

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