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Cronaca

Ex Hotel Riviera ai baraccati, la sfida di De Luca agli imprenditori

Sopralluogo nell'albergo ridotto a rudere con un diktat: “O si fanno avanti con proposte valide per l'acquisto o andrà all'Arisme per il risanamento”. Viaggio in una ferita aperta nel cuore della città, simbolo di spreco e decadimento

“O è vista mare o è vista monte, io cerco case da dare alle famiglie e questa partita si chiuderà. O se l’aggiudicherà l’Arisme per il risanamento o se lo aggiudicherà qualche imprenditore che farà quello che ritiene opportuno, ma io devo arrivare ad un risultato”.

Mascherina ed elmetto giallo, sono queste le parole del sindaco Cateno De Luca dentro quello che è ormai un rudere, l’ex Hotel Riviera.  Un rudere che però vale 11 milioni. Tanto è stimato nel nuovo bando, termine per la presentazione delle proposte il 29 novembre prossimo.

Se nessuno si farà avanti, ulteriore avviso il 31 dicembre. Poi rien ne va plus. Andrà agli alloggi per il risanamento “e a nessuno è permesso fare discorsi razzisti - conclude De Luca - Forse è vero che questo immobile merita destinazione migliore, lo penso anche io, ma questo a prescindere dai baraccati. Vale anche per altri tipi di alloggi, perché l’ex Riviera merita di rispettare la vocazione turistica per il quale è stato costruito. Ma gli imprenditori dimostrino ora quello che valgono, se nessuno si farà avanti con proposte valide ci penserà l'Arisme”.

Sopralluogo all'ex Hotel Riviera

E’ stata una passeggiata nella memoria quella del sindaco, di tecnici e giornalisti all’interno dell’ex Hotel dove all’ultimo piano c’era uno dei ristoranti più amati e frequentati della Messina degli anni Ottanta, Il Galeone, proprietà di Pietro Romeo. Nella diretta facebook del sindaco si vedeva ancora il legno pregiato nelle pareti delle sale che erano arredate in stile marinaro. Oggi rimane solo qualche targhetta arrugginita. “Un posto questo che rappresenta quello che è stata la decadenza di Messina”, ha detto De Luca con in mano una bottiglia di spumante per brindare alla svolta. “Questa è una scelta che adesso fa la città - ha spiegato il sindaco -  Occorre chiudere questa partita che rappresenta un danno erariale e nello stesso tempo occorre trovare soluzione per gli alloggi da destinare al risanamento”.

Una ferita nel cuore della città, l’hotel riviera costato 22 miliardi delle vecchie lire e mai utilizzato, grava annualmente sulle casse di Palazzo dei Leoni per circa 72.684 euro (dovuti per l’imposta ICI ed IMU per circa 58.200 euro) e da altre spese straordinarie per la manutenzione che dal 2000 al 2013 sono quantificabili in 14.484 euro l’anno. “Soldi che non ci possiamo permettere - dice De Luca - La città metropolitana sta scontando questa situazione di costante crisi finanziaria dovuta anche per queste cose.  Adesso c’è un masterplan con opere da portare avanti”.

L’Hotel Riviera era stato messo all’asta anche in passato senza ricevere offerte. Poi la svolta con l’incarico al gruppo Italcase affidata dall’ex commissario Filippo Romano. Fioccarono le  proposte presentate da imprenditori noti in città cone “La Cava Group” e la “Nuovo Parnaso” riconducibile a Nino Giordano. Tra le offerte anche quella di uno degli imprenditori più attivi nell’edilizia come Antonello Giostra, citato in alcune relazioni della commissione parlamentare antimafia (risalenti a gennaio del 2006) come un operatore del settore in contatto con alcune mafiose siciliane. Ma anche qui le procedure si sono arenate.

La prima volta con Beppe Previti

Era l’estate del 2007 quando l’allora consigliere provinciale Peppe Previti proposte di cambiare la destinazione d'uso dell'Hotel Riviera da ufficio ad abitazioni per vendere in modo più veloce l'immobile e fare da calmiere al mercato immobiliare messinese. Creare i presupposti per portare alla nascita di un condominio per giovani famiglie con prezzi "popolari". L’amministrazione Leonardi mandò i tecnici a valutare l’ipotesi.

Fu allora che l'ex hotel fu scisso in due, da una parte l'hotel vero e proprio, dall'altra 13 appartamenti adiacente di cui sembra solo uno sia stato venduto.

Ma la telenovelas dell'Hotel Riviera comincia nell'ottobre 1988. La provincia regionale di Messina aveva richiesto alla Soame spa, successivamente incorporata dalla Russottifinance spa, l'acquisto di un complesso immobiliare Hotel Riviera, lungo la via Libertà, per riunire in un unico plesso i vari uffici dell'ente. Il mese successivo la Russottifinance sottoponeva alla provincia presieduta da Giuseppe Naro, tre diverse opzioni di acquisto: il solo passaggio dell'immobile a 23 miliardi di lire; la vendita dell'hotel ristrutturato senza facciata in vetro per 24 miliardi 990 milioni; la vendita dell'immobile ristrutturato con l'aumento della superfice per un totale di 8.699,33 metri quadrati a 27 miliardi 500 milioni di lire. La Provincia opta per la terza soluzione con l'accorpamento di altri 13 appartamenti ricompresi nell'immobile della Soame spa, portando l'investimento a 30 miliardi 886 milioni ridotti poi su indicazione della Cpc (commissione provinciale di controllo) in 29 miliardi tondi.

Il 4 dicembre 1991 viene stipulato tra Russottifinance spa e Provincia un preliminare di compravendita che prevede una prima rata di 11 milioni 400 milioni oltre iva alla registrazione della promessa di vendita. La seconda rata di pari importo da versare in un libretto bancario intestato alla società fino alla consegna dei locali sgomberi da persone e cose, la terza rata di poco più di sei miliardi negli esercizi 1992/1994. La Provincia entra in possesso dell'immobile, si impegna a riconsegnarlo alla Russottifinance entro 14 mesi per il recupero della struttura e paga le prime due rate. Da quel momento cominciano schermaglie legate all'inizio dei lavori di ristrutturazione. La società si rifiuta di cominciare prima della firma del rogito definitivo. I lavori partono il 25 gennaio 1993. Quattro giorni dopo nei locali della provincia era fissata la firma definitiva dell'atto, ma l'ente non invia alcun funzionario.
 Nel frattempo viene avviata una inchiesta della Procura che portò all'arresto del presidente Naro e dell'imprenditore Sebastiano Russotti, entrambi assolti con formula piena "perché il fatto non sussiste".

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