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Archeologia, tesoro sommerso nelle acque dello Stretto: centomila euro per la tutela dei ritrovamenti

La prima attività di ricognizione ad agosto ha consentito la delimitazione dell’area. La collaborazione dei carabinieri del nucleo subacquei di Messina che nei giorni scorsi hanno impedito il saccheggio dei trafficanti d'arte

Centomila euro per la tutela e la conservatone del patrimonio archeologico sommerso rinvenuto nelle acque dello Stretto di Messina, nello specchio di mare antistante la via marina di Reggio. Il finanziamento del Mibact a poco più di due mesi dall’attività di ricerca. Cinquantamila sono messi a disposizione  dal Segretariato Regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per la Calabria, diretto da Salvatore Patamia, l'altra metà dlla Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio diretta da Federica Galloni, e dal Servizio II diretto da Elena Calandra.

Una scoperta straordinaria quella di agosto che vede in azione una interforze mello studio, nella ricerca e anche nella protezione del sito in cui è stato ormai accertato ci sono reperti di epoca ellenistica.

La prima attività di ricognizione, svoltasi lo scorso agosto dal 5 al 9, nel tratto di mare compreso tra il monumento a Vittorio Emanuele II e il Lido Comunale di Reggio, ha consentito la delimitazione dell’area archeologica sommersa, segnalata nel 2017, costituita da numerosi resti di contenitori da trasporto e porzioni di fasciame pertinenti ad uno o più relitti di epoca antica. Questa prima attività, documentata in ogni singola fase, si è conclusa con la messa in sicurezza delle porzioni di fasciame affioranti, procedendo con una copertura delle stesse con geo-tessuto ed assicurandole, tutte intorno, da sacchi di sabbia. Su richiesta del Segretariato Regionale MiBACT per la Calabria, inoltre, la Capitaneria di Porto-Guardia Costiera il 16 agosto ha emanato un’ordinanza interdittiva a qualsiasi attività che possa arrecare danno al sito archeologico sommerso.

Il finanziamento è diretto, tra l’altro, ad una definizione e delimitazione più puntuale dell’area archeologica sommersa attraverso attività di rilevamento strumentale, prelievo di campioni per le analisi delle essenze lignee e delle fibre vegetali, redazione delle schede dei reperti archeologici sommersi e ove necessario, all’eventuale recupero dei reperti mobili.

Dal 22 al 24 ottobre si è svolta la prima attività di monitoraggio periodico che, con cadenza mensile, interesserà l’area archeologica sommersa, sotto la direzione scientifica del funzionario archeologo subacqueo del segretariato Regionale Mibact per la Calabria, Alessandra Ghelli, insieme con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio RC-VV, retta ds Fabrizio Sudano, e con il supporto del Nucleo Carabinieri Subacquei di Messina, comandato dal maresciallo Domenico De Giorgio.

In occasione di queste attività, mirate alla salvaguardia e tutela del patrimonio archeologico sommerso, si è notata in superficie, all’interno dell’area interdetta, la presenza di un dispositivo di segnalazione non autorizzato, vincolato al fondale marino da una cima di 40 m ca. fissata a due sacchi in polietilene di colore bianco. Si è verificato, inoltre, come sullo stesso fondale si diramassero alcune cime che, dai sacchi, conducevano verso i reperti archeologici costituendo, di fatto, un vero e proprio percorso subacqueo. Ritenendo che questo dispositivo di segnalazione sia stato posizionato per meglio individuare i reperti archeologici sommersi, e che quindi sul sito possano essere compiute attività illecite, il team del Nucleo dei Carabinieri subacquei di Messina intervenuto nell’occasione e coordinato dal maresciallo Raffaele Di Pietro, insieme ai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, al comando del Capitano Bartolo Taglietti e con il supporto della compagnia dei carabinieri di Reggio Calabria, hanno provveduto a porre sotto sequestro i materiali.

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