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Seggio conteso all'Ars, la Corte dà ragione a Laccoto. Anzi no

Per i ricorrenti avrebbe dovuto dimettersi da direttore generale dell'Università sei mesi prima della candidatura. Ma per il deputato De Domenico l'ultima parola sulla sua ineleggibilità spetta ora al giudice ordinario

Seggio conteso all’Ars tra Pippo Laccoto e Franco De Domenico. Ieri l’Ansa ha dato notizia che  la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile  la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 1-bis, della Legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n.29 sollevata dal Tribunale di Palermo. Una decisione conferma di fatto l'ineleggibilità di Franco De Domenico, eletto all'Ars nelle liste del Pd, e determina il subentro al Parlamento siciliano del compagno di partito Giuseppe Laccoto. 

Ma non ha intenzione di mollare De Domenico. Contro la sua elezione fecero ricorso gli aspiranti deputati Giuseppe Pietro Catanese, Paola Iacopino Paola e Giuseppe Ruffino e Giuseppe Laccoto, primo dei non eletti nella lista del Pd che lamentarono l'ineleggibilità del politico che, all'epoca del voto, era direttore generale dell'Università di Messina.

Solo successivamente al voto De Domenico si mise in aspettativa.

Secondo i ricorrenti, invece, in base alla legge regionale si sarebbe dovuto dimettere dal ruolo di direttore generale sei mesi prima delle elezioni. Su questo punto però la normativa siciliana diverge da quella nazionale: da qui la scelta dei giudici palermitani, che pure avevano accolto i ricorsi e la tesi dell'ineleggibilità, di rimettere gli atti alla Suprema Corte per vagliare la costituzionalità della normativa locale. La scelta di rivolgersi alla Consulta aveva causato la sospensione della decisione sulla decadenza del parlamentare regionale e del subentro di Giuseppe Laccoto nel seggio all'Ars attribuito al Partito Democratico. Il procedimento giudiziario ha avuto un iter piuttosto lungo. Ma la Suprema Corte non solo ha dichiarato "manifestamente inammissibili" le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Palermo, ma ha anche sancito la competenza esclusiva della Regione Siciliana a legiferare in materia di ineleggibilità. Gli atti torneranno adesso al Tribunale di Palermo che dovrà dichiarare la decadenza di De Domenico ed il subentro di Laccoto.

Per De Domenico questa interpretazione del contenuto dell’Ordinanza n. 162, pronunciata dalla Corte Costituzionale, è errata:  “La Corte Costituzionale - scrive -  non ha dato ragione a Laccoto, perchè altrimenti si sarebbe espressa con una sentenza di rigetto della questione di legittimità costituzionale”.

Secondo De Domenico la Corte compie, invece, un’ampia disamina sia delle ragioni a favore delle sue tesi in numero assolutamente prevalenti rispetto a quelle di Laccoto, per concludere con una ordinanza di inammissibilità che non condiziona il giudizio futuro, ma invita il Giudice remittente ad esaminare la fattispecie sollevata, alla luce di una normativa più ampia che riguarda la materia delle competenze regionali.

 Alla luce degli unici fatti concreti (il testo dell’ordinanza n. 162), pertanto, una volta rivalutata la questione il Giudice ordinario potrà o riproporre la questione di Costituzionalità che tenga conto della richiamata normativa, ovvero decidere, ma senza alcun vincolo condizionamento. “In conclusione - afferma De Domenico- la questione non è affatto chiusa. Attendo, pertanto, una decisione definitiva, con fiducia e rispetto nella magistratura, rimanendo convinto delle mie ragioni. Continuo, perciò, ad operare a pieno titolo quale deputato regionale nell'esclusivo interesse degli oltre 11 mila messinesi che liberamente mi hanno dato questo mandato”.

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