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Quella lingua siciliana a cui ridare dignità: ecco alcuni detti in salsa messinese quasi "intraducibili"

Viaggio con il regista Vincenzo Tripodo alla scoperta di espressioni dialettali che rendono unica la nostra lingua

C'è grande fervore attorno al progetto partito proprio da Messina che vuole ridare dignità alla lingua siciliana e che arrivato fino a Bruxelles,  nel dicembre scorso, ha portato alla nascita di Auclis acronimo di Associazioni Unite per la Cultura e la Lingua Siciliana. Ma cosa rende unica la nostra lingua? Ne abbiamo discusso con il regista Vincenzo Tripodo che sta partecipando attivamente alle iniziative collaterali al progetto, in  quanto professionista che ha contribuito a valorizzare la nostra lingua e che tiene un laboratorio teatrale  a Spazio Lilla "Dal canto al cuntu", dove si analizza l'Odissea nella traduzione in siciliano della poetessa Rosa Gazzara. Con Tripodo ha inizio  un viaggio alla scoperta di alcuni termini e detti che si usano a Messina e con diverse varianti nel resto della Sicilia e che sono quasi intraducibili in italiano.

Andiamo per ordine casa rende il siciliano diverso dalle altre lingue?"Alcuni dicono che è un dialetto- racconta Tripodo- in quanto non esiste una lingua unica ma piuttosto parlate diverse. Io sono di quelli che nonostante l’uso di differenti vocaboli, la considero invece assolutamente una lingua. E poi dialetto di che? Dell’Italiano? Non direi visto che il nostro volgare è antecedente alla lingua nazionale. Al massimo potrebbe esserlo del latino, semmai".

"Le parole viaggiano come virus, infettano e si riproducono a seconda della circostanza - spiega Tripodo- il  siciliano l’ha fatto con le parole greche, latine, arabe, cartaginesi, spagnole, francesi, normanne, e adesso lo fa con l’inglese. Assorbe parole e le incorpora nel linguaggio sicilianizzando".

Vediamo insieme alcune espressioni e termini  in salsa rigorosamente messinese, spesso presenti con altre declinazioni in altri parti della provincia e nel resto della Sicilia.

A cominciare dal modo di dire "Babbu i l'umpa" e  che fa riferimento a una persona che non capisce: "Non tutti sanno- precisa Tripodo- che l'Unpa era l'Unione nazionale protezione antiaerea come a indicare gli 'scemi' di un ente che è esistito veramente durante la  seconda guerra mondiale".

Seconda locuzione dialettale è "Stinchiti": "Si usa quando si dice 'ci pigghiu u stinchiti' come a dire gli  è preso un colpo".

Che dire poi di "Mi scialai"? "Dallo scialo italiano- prosegue Tripodo - che vuol dire sperperare, noi usiamo questo termine  per indicare il momento in cui una persona  gode di qualcosa e mi viene da pensare anche alla parola scialla che usano i giovani come a dire stai sereno".

Avete mai sentito invece l'espressione "I daddariti volunu basci"? "Questa letteralmente significa che i pipistrelli volano basso e viene usato per dire che fa freddo".

 E a proposito di termini che vengono da altre lingue e che noi abbiamo "sicilianizzato" Tripodo ci fa qualche esempio: "'Avi ‘a testa pì strudìri sciampu'. In questo caso abbiamo fagocitato la parola inglese shampoo facendola diventare nostra. Esattamente come l’ha fatto a sua volta l’inglese assorbendola dall’Hindi chāmpo, massaggiare".

E ancora: "Ci sarebbe la famosa testa di Rrùvulu. Probabilmente l’origine è dal francese rouvre, rovere. Per indicare qualcuno che ha la testa dura! Chiudo con l’ultima testa del trittico che è testa i ginocchiu', altro modo di dire coniato in tempi più moderni per indicare una persona completamente calva". Lo stesso Tripodo  scherzando ricorda i tempi in cui in America traduceva in dialetto modi di dire tipicamente messinesi conversando con i colleghi, tra questi la più divertente è "Never the dogs" che significa "Mancu li cani" espressione di meraviglia che non può mancare nel gergo messinese.


 

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