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Lunedì, 29 Aprile 2024
Territorio

Dalla grotta del santo nero allo spettro, tutto sul Monastero di San Filippo il Grande che rischia di finire nell'oblio

Affascinante viaggio tra storia e curiosità con immagini inedite in compagnia dell'architetto Principato

Sono lì inermi, silenziosi e logorati dal tempo che inesorabilmente passa e rischiano di scomparire nell'oblio. Stiamo parlando dei tanti gioielli architettonici che Messina e la sua provincia possiede, molti dei quali abbandonati a se stessi. Tra questi c'è il Monastero di San Filippo il Grande,  una struttura del 1100 che nei secoli ha avuto un ruolo preponderante nella storia messinese e non solo. A raccontarci origini, curiosità e valenza culturale e artistica del sito lo storico e architetto Nino Principato.

Quel monastero più bello della Sicilia

Perché il monastero rappresenta un unicum in città e per la Sicilia? "Perché - come racconta  Principato- venne definito dallo storico messinese Giuseppe Buonfiglio, nel suo libro “Messina Città Nobilissima” stampato nel 1606, “[…] il più bel luogo tra le Abbadie di San Basilio in Sicilia”. Usufruiva di tanti privilegi e donazioni, poteva vantare estese proprietà territoriali che si estendevano fin lungo le pendici del monte Dinnammare. Quei monaci basiliani potevano anche far pascolare il loro bestiame".

Una storia antichissima quella di questa imponente abbazia come confermano le attestazioni storiche: "Venne fondato in adiacenza alla grotta-eremo di San Filippo - prosegue Principato- nato in Tracia nel VII secolo e morto ad Agira (Enna) il 12 maggio dell’inizio dell’VIII secolo. Proveniva da Roma dove come  scrive il suo biografo Eusebio. Il suo compito era combattere i riti pagani, le idolatrie, le superstizioni e il demonio, un incarico perciò molto delicato. A Messina Filippo sostò nella grotta lungo il torrente che poi avrebbe preso il suo nome, così il Villaggio di San Filippo Inferiore, per ritemprare il corpo e lo spirito prima di rimettersi in viaggio per la sua impegnativa missione che si sarebbe conclusa sul monte di Agira, dove santamente visse e dove morì all’età di 63 anni". La fondazione del monastero avvenne nel 1100 per mano di re Ruggero II, mediante  un diploma concesso all'egumeno Atanasio.

Chi era il santo nero che liberava gli indemoniati e viveva in una grotta

Chi  era Filippo? Venuto  da Roma, raggiunse Messina dove abitò per un certo tempo nella grotta ancora esistente all’interno del Monastero, poi proseguì per Limina, Mongiuffi Melia, Calatabiano e quindi Agira dove continuò a predicare la parola di Cristo fino alla morte. Il suo culto è piuttosto diffuso nell'isola e viene celebrato il 12 maggio anche ad Agira, concluse la sua esistenza in una grotta isolata dall’abitato.  "Ovunque andasse- continua Principato- la sua missione era quella di perseguitare e sconfiggere il demonio e lo faceva brandendo una croce in una mano e un libro delle Sacre Scritture nell’altra, oggetti che poi sono diventati, nell’iconografia, i suoi attributi. L’agiografia del IX sec. descrive ben venti miracoli da lui compiuti in vita e in morte, tra i quali la guarigione di uno storpio, di una emorroissa, la resurrezione di un giovane morto a causa di un sortilegio demoniaco, la liberazione di una giovane posseduta dal demonio, e quella di dodici abitanti di Agrigento da una ingiusta condanna". Tante le curiosità legate a questo santo: "La tradizione ad Agira vuole che dopo una lotta in una grotta che si protrasse per tutta la notte, il demonio sconfitto fuggì causando un grosso foro nella roccia che, per tale motivo, è denominata “rutta pirciata” (grotta bucata)". Lo stesso storico Tommaso Fazello che si recò ad Agira nel 1541  raccontò che il giorno della sua morte il 12 maggio  fu testimone della liberazione contemporanea di duecento indemoniati, di cui  gran parte erano donne. 

Monastero di San Filippo il Grande oggi

Storia del complesso dedicato al Santo 

"Il complesso abbaziale, abitato con continuità dai monaci- specifica Principato- venne notevolmente ristrutturato verso la fine del Settecento: a questo periodo appartengono, infatti, la facciata della chiesa col portale d’ingresso sormontato da una finestra ovale con cornice curva modanata di coronamento e la decorazione a stucchi delle pareti interne; i prospetti degli ambienti conventuali con le porte dei balconi a primo piano (trafugate), e particolarmente quella centrale che recava sull’architrave curvo modanato di coronamento l’anno 1768 graffito (trafugata). I balconi erano sorretti da mensole a “cartoccio” delle quali una recava inciso l’anno 1770. Questi ambienti a primo piano conservavano cospicui resti di pitture e decorazioni nei soffitti eseguite nell’Ottocento quando il complesso diventò proprietà privata e vi vennero operate alcune trasformazioni di carattere eminentemente funzionale e decorativo per adeguarlo alle esigenze abitative del proprietario". 

La leggenda del fantasma e la grotta del santo

Si racconta che in quell'antica abbazia si aggiri lo spettro del santo nero: "E' solo fantasia -puntualizza Prinicpato-perché San Filippo morì ad Agira e non a Messina. Sul fatto che sia nero (ma era effettivamente il colore scuro della sua pelle, essendo di origini orientali) tutto è da riferire ad una tradizione poco nota secondo la quale San Filippo, legato dal demonio con pesantissime catene, se ne liberò immediatamente mentre satana, legato con i suoi capelli o alcuni peli della sua barba, ricorse all’aiuto dei fratelli nell’inferno dove il santo li aveva cacciati ed era ritornato nero per la fuliggine". Per quanto riguarda la grotta questa è ancora presente: "E' ubicata accanto al settore absidale della chiesa, è abbastanza grande e profonda e prima che vi venisse costruito il complesso monastico che la inglobò, dominava la vallata e il torrente di San Filippo Inferiore".

Oggi l'abbazia rischia di essere inghiottitta dal tempo e dall'incuria  

Attualmente la struttura monumentale è di proprietà del Comune. "Dopo lo scorporo del 1866, voluto dalle cosiddette “leggi eversive” dello Stato italiano, il complesso monastico venne venduto ed acquistato da Gaetano Alessi, per essere a sua volta comprato dal Comune di Messina. La recente storia del maestoso complesso abbaziale ha inizio oltre quarant’anni fa, quando venne acquistato dal Comune di Messina con i finanziamenti previsti dalla legge regionale n.80 dell’1 agosto 1977 art. 21, grazie all’interessamento dell’allora assessore regionale ai Beni Culturali on. Luciano Ordile, che togliendolo alla proprietà privata intendeva così, giustamente, dotare la città di una prestigiosa struttura da utilizzare per fini culturali. Passarono anni di totale inerzia che ne fecero il più depredato e degradato complesso monumentale del Comune di Messina: portali, mensole di balconi a cartoccio, elementi decorativi furono asportati con consumata perizia. Nel frattempo, del monumento si interessa anche la magistratura nell’aprile 1993, con l’emissione di avvisi di garanzia, e, il Comune ente proprietario, prevede opere di restauro e consolidamento nel piano poliennale di investimenti per il triennio ‘92-’94 in un importo di un miliardo e mezzo di lire, da reperire con finanziamenti speciali, e cioè con somme erogate dalla Stato o dalla Regione. Di tali restauri, ad oggi, nemmeno l’ombra", conclude Principato.

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