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Boris Giuliano 40 anni dopo, un poliziotto che sapeva fare squadra

Il ricordo della questura di Messina dove, negli anni '50, giocava a pallacanestro col Cus. Storia di un grande investigatore che per primo segue le tracce dei traffici internazionali di droga. E quelle del bancarottiere Sindoni

#pernondimenticare Boris Giuliano, un poliziotto lungimirante, che adottò nuove strategie investigative per combattere la Mafia. Ne intuì la dimensione internazionale e fu tra i primi a credere nella cooperazione internazionale di polizia.  Venne assassinato il 21 luglio del 1979 con sette colpi di pistola alle spalle da Leoluca Bagarella. Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un uomo simpatico, gentile ma intransigente allo stesso tempo; un investigatore senza pari, perspicace e innovativo che era riuscito a ricostruire i traffici mafiosi di quegli anni.

Lo ricordano così in un video la Polizia di Stato. E lo ricorda quarant'anni dopo, alla presenza di autorità civili, militari e religiose anche la Questura di Messina (nelle foto in basso), città dove negli anni '50, tra un  esame e l'altro, Giuliano giocava a pallacanestro con il CUS di Messina. “Boris Giuliano faceva parte di una squadra di cestisti quando ancora non sapeva che avrebbe segnato la storia dello Stato italiano - si legge nella nota della Questura -  É dall'amore per lo sport che ha appreso l'importanza di fare squadra. Ha così rivoluzionato il metodo d'indagine puntando sulla capacità di cooperazione e sulla raccolta delle informazioni, quelle che gli avrebbero consentito di ricostruire la mappa delle consorterie criminali di Palermo. I suoi uomini parlavano di lui non come di un dirigente ma come di un" padre".

Il ricordo della figlia Selima

E' un poliziotto rimasto nel cuore di chi lo ha conosciuto, Boris Giuliano, forse anche di chi lo ha combattutto. Scriveva Angelo Vecchio, vecchio cronista di nera, che ha lavoratoper anni incrociando la sua attività professionale con quella del poliziotto, che anche i malacarne dell'Ucciardone hanno avuto parole di commozione quando è morto.  

S', perchè non era uno qualunque Giuliano. Anche il mese in cui nasce, l’ottobre del 1930, è carico di fatti internazionali importanti. Mentre a Piazza Armerina emette i primi vagiti, nasce il Commonwealth e “La Domenica del Corriere” scrive che il Gran Consiglio del Fascismo estende la pena i morte pure ai reati comuni gravi. Ad Alsdorf, una sciagura mineraria fa duecento morti. 

Segno della Bilancia, dotato di un fascino che crescerà con gli anni, anche quando arrivano i baffoni spioventi e i capelli incominciano a dargli i primi addii, Boris Giuliano nasce in una famiglia di origine messinese. E a Messina si laurea in Giurisprudenza il 23 giugno del 1956.

Il ricordo di Boris tra pubblico e privato | VIDEO

Nel febbraio del 1963, quando entra in polizia e nell’agosto dello stesso anno viene assegnato alla questura di Palermo. Dodici anni dopo va negli Stati Uniti per seguire un corso di perfezionamento all’accademia del FBI, a Quantico, nello Stato della Virginia. Torna in Italia e il 20 ottobre dell’anno successivo diventa dirigente della Mobile di Palermo. Il 7 luglio del ’79 fa irruzione in un appartamento di via Pecori Giraldi e trova armi e droga. Per lui non ci sono dubbi. Si tratta di un covo di mafia, lo stesso dove si nascondeva Leoluca Bagarella, feroce killer dei “corleonesi” e cognato del boss Totò Riina.

Bagarella è lo stesso sicario che la mattina di quattordici giorni dopo ucciderà Giuliano, sorpreso mentre sta per prendere un caffè nel bar sotto casa.

Sedici anni di poliziotto in prima linea, quando a Palermo fanno i primi tentativi di sbarco i “corleonesi” di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Ore e ore di lavoro investigativo, dalla mattina alla sera. Poi a casa, dalla moglie Maria e dai figli, Emanuela, Selina e Alessandro, che da grande farà pure lui il poliziotto. Giuliano ha due vite, quella pubblica e quella privata, assieme alla famiglia, che tiene sempre lontano dai problemi e all’oscuro dalle minacce di morte che gli arrivano di continuo. Lui sa come tenere la guardia alta. Ma la mafia ha pazienza, sa aspettare il momento opportuno. 

Quella mattina di luglio del ’79 Boris Giuliano non ha neppure il tempo d’impugnare il revolver. Cade un grande esperto nelle indagini sulla droga. E i boss di Cosa nostra lo sapevano, perché analizzava come pochi i nomi e le alleanze tra le famiglie.
 Le cronache ricordano che è lui a scoprire due valigie cariche di dollari arrivate dagli Stati Uniti all’aeroporto palermitano di Punta Raisi. Dentro ci sono 500 mila dollari.

Il nome di Giuliano si lega anche con quello di un altro messinese. Un indizio lo mette sulla pista di Michele Sindona, il potente bancarottiere di Patti, che negli anni Settanta del secolo scorso è ricercato dalla polizia di mezzo mondo. Giuliano sa che Sindona è nascosto a Palermo. Forse è anche sulla buona strada per scoprire il rifugio. Nello stesso periodo ha per le mani un’indagine su un traffico internazionale di droga tra la Sicilia e gli Usa. E' lui il primo investigatore palermitano a seguire un canale di droga tra le cosche palermitane e Cosa nostra americana. E' un suo rapporto che parla di 180 chili di eroina portati a New York dalla Sicilia, attraverso la Francia e il Canada.

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