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Una vita da Beatles, il regista sul primo docufilm italiano della band parla messinese: “Sogno il cinema e Cannes”

Mirko Trovatello, reduce dal Premio Troisi, racconta i sei mesi trascorsi a Liverpool per girare il documentario e la passione per il gruppo: "Ne ho voluto dare un'immagine inedita per far emergere non solo l'aspetto musicale ma soprattutto umano"

Ha 28 anni è un messinese doc e per lui i Beatles non sono solo una passione ma uno stile di vita da sempre. Si chiama Mirko Trovatello ed è lui a firmare il primo docufilm italiano sulla celebre band inglese.

Dagli abiti alle canzoni passando attraverso i loro messaggi spirituali, l’amore del giovane verso il gruppo che ha cambiato la storia della musica è viscerale: “L’amore per i Beatles- racconta- è cominciato all’età di sei anni. Ero in macchina con i miei genitori quando ho sentito in radio Yellow Submarine. E’ stato amore a prima vista, la mia attenzione si è concentrata su questo brano e da quel momento non ho smesso di amare la loro musica e non solo”, la passione per il cinema e la voglia di dare al pubblico un’immagine inedita del gruppo hanno fatto il resto.

Una vita da Beatles

Da qui nasce il sogno diventato realtà di dare vita ad un docuflim, il primo in Italia mai realizzato, che racconti tutto quello che non è mai stato detto: “Mi sono trasferito a Liverpool –prosegue il giovane-per sei mesi e raccogliendo 600 minuti di materiale, tra foto, interviste e filmati  ho creato un film di tre ore e quindici minuti. Andare nei luoghi dei Beatles è stato come essere a casa e quando mi sentivo solo mi recavo al porto dove c’è la loro statua e stavo subito meglio, per me andare in quella città è stato come ritrovarmi in un posto in cui ho vissuto da sempre”.

The Beatles She’s Leaving Home, questo il titolo dll’opera, che racconta tutto di loro, sono protagonisti  non solo i Beatles come gruppo ma soprattutto i Beatles come persone: “ Ho voluto creare una pellicola- aggiunge-accessibile a tutti dai bambini agli anziani. Ciò che amo di loro e che ho voluito esprimere nel mio lavoro è la loro voglia di creare qualcosa di positivo che potesse restare nel tempo. I Beatles volevano cambiare il mondo e ci sono riusciti. Non erano santi ma erano diversi, questo fa la differenza".

Mirko che ha studiato Cinema alla Fono Roma accanto a Pupi Avati, Giannini e ad altri grandi nomi, ha realizzato il film nel 2019 e da quel momento dopo la prioiezione a Messina e dopo la pandemia  sono arrivati i primi riconoscimenti: “Ho ricevuto il Premio Troisi al Marefestival di Salina, è stata un’emozione fortissima, ero incredulo. Ho voluto dedicare il premio a Melo Mafali con cui ho studiato pianoforte per un anno e che non vedeva l’ora di vederlo. Nel documentario c’è anche un suo intervento e lui era emozionato all’idea di apparire accanto alle stelle della musica internazionale. Non ha fatto in tempo a vederlo purtroppo, ma la bellezza del nostro lavoro è regalare l’immortalità a chi non c’è più attraverso il cinema”.

Un attaccamento quello di Mirko per i Beatles che si rispecchia anche nella scelta di vestire come loro e di aprire addirittura il primo Beatles Store in Italia, si trova a Messina  in via dei Mille: “ Sono più legato alla figura spirituale di George Harrison anche se quando ero Liverpool, mentre partecipavo al tour per visitare la casa di John Lennon, c'è chi mi ha chiamnato Ringo Starr per la somiglianza, mi piace vestire come loro".

Dopo il successo a Salina quale sarà il prossimo obiettivo per il giovane regista? “ Voglio portare il mio documentario nella mia città e perché no nelle sale italiane, e poi spero che arrivi a Cannes. Questo è il mio secondo film, il primo si intitola il Richiamo della Luna un omaggio a Fellini. Sto già lavorando ad cortometraggio con una parte dedicata a Messina  e ad un film di cui non posso svelare molto, ma che racconterà una storia a cui tengo tanto".
 

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