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Un museo per le opere di Fabio Pilato, lo scultore che rende "immortali" i pesci dello Stretto

Su Facebook la raccolta fondi di oltre seimila persone per creare uno spazio dove ospitare le creazioni dell'artista messinese. La passione per la lavorazione del ferro nata durante la malattia. "Racconto un mare a cui Messina gira troppo spesso le spalle"

Tutte le volte che martella sul ferro rovente, Fabio Pilato ci mette rabbia e passione. Due sentimenti contrastanti, ma uniti in un legame da cui nasce l'arte, nella sua espressione più cruda e sincera. Lo fa dal 2006, quando un tumore gli ha cambiato la vita. Il suo amore per la scultura è nato all'improvviso, ma in poco tempo lo ha portato alla ribalta internazionale con quelle opere che parlano di mare e di una Messina che troppo spesso gira le spalle al talento dei suoi figli. Ci sono soprattutto i pesci al centro della produzione di Pilato, rimasta intima e personale nonostante le luci della ribalta che tante volte si sono accese.

"Non venderò mai un singolo pezzo - racconta Pilato a MessinaToday - ho rifiutato tante offerte, ma quelle due tonnellate di ferro appartengono all'umanità. Questa è la mia volontà e dev'essere rispettata. Sarei potuto andare via da una città rimasta sempre distaccata, ma le mie opere devono rimanere qui".

Una passione che nasce per caso in un momento tragico della vita. "Le cure per il cancro non mi facevano dormire - spiega Fabio - e così trovavo pace solo a a mare, prendevo la mia barchetta e mi facevo trascinare dalla corrente davanti al pilone di Torre Faro. Un giorno mentre tornavo a casa alle prime luci dell'alba, ho visto alcuni pesci spiaggiati appena catturati dai pescatori. E' scattato qualcosa dentro me, ho deciso che dovevo renderli immortali. E così ho preso una pietra e l'ho portata a casa e ho iniziato a scolpire la mia prima opera. Io che non avevo idea di come si facesse avendo lavorato per anni come commerciante. Ma quando ho preso in mano il cacciavite e il seghetto si è compiuto un miracolo".

Da quel momento inizia un percorso che dura fino ad oggi. "Non mi sono più fermato, ho deciso di passare a lavorare il ferro. Non credevo certo di poter vincere campionati internazionali o vedere esposte le mie opere in tante città. A breve presenterò la mia ultima creazione, uno squalo bianco di cinque metri e cinquecento chili di peso mentre sto iniziando a realizzare la balena da tutti ribattezzata 'coda mozza' che è passata anche dallo Stretto. E' un vero simbolo di resistenza. Non mi importa altro, credo che prima della salute siano importanti l'arte e la bellezza. Il mio obiettivo è arrivare a cinquanta pezzi e poi donare tutto all'umanità".

Le creazioni sono conservate tutte in un piccolo laboratorio, costruito con fatica a Faro Superiore. Ma sono in tanti a volerli dare una sistemazione degna della loro bellezza. Ecco perchè su Facebook è nato un movimento spontaneo che già in pochi giorni ha raggiunto le 6mila adesioni. Il nome scelto al gruppo social dice tutto: "Il Museo del mare di Fabio Pilato". L'obiettivo è raccogliere più fondi possibile.

"Non è una mia iniziativa - chiarisce Pilato - ma di alcuni amici che poi sono stati affiancati da migliaia di persone. Io non ho mai invitato nessuno alle mie esposizioni, ma sono contento di questa bella risposta da parte di una città che ancora crede nell'arte. Se riusciranno a centrare l'obiettivo sarò felice. Sono certo che un museo del genere sarebbe unico al mondo e creerebbe un indotto non indifferente soprattutto se si pensa alle opportunità del crocierismo. Altrove sfruttano la qualsiasi per fare economia, a Messina teniamo invece chiusi i capannoni. Eppure resterò qui insieme alle mie opere, andrò comunque avanti a scolpire il mio mare".

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