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Il portiere novantenne che va ancora in bici: "Quella volta che il Messina cercò di prendere Gigi Riva..."

Messinatoday apre il cassetto dei ricordi con Giuseppe "Peppino" Salerno che negli anni Cinquanta difendeva i pali del Celeste. Rischiando la vita alla stazione Termini e per soli tre milioni non andare alla Juventus. Da allenatore modellò un piccolo Chievo chiamato Provinciale | FOTO

Il rombo degli aerei della Seconda Guerra Mondiale in duello sul cielo di Carlentini, qualche anno dopo il "rombo di tuono" non riuscì a fargli gol. "Il Messina voleva prendere Gigi Riva ma quello è tutto sinistro...dissero i dirigenti di allora, non se ne fece nulla". Da bambino usciva incosciente in strada per assistere ai conflitti in volo fantasticando tra due pietre contro i tiri dei compagni che il calcio potesse essere una via d'uscita da quegli anni bui. Giuseppe Salerno, per tutti Peppino, 90 anni li compirà il 6 agosto e si mantiene in grande forma.

Portiere e poi capitano dell'Acr negli anni Cinquanta quando la ricostruzione era sociale e non solo politica mentre calcio e ciclismo "spaccavano" gli italiani in fazioni. Allenatore tra i Sessanta e i Settanta. Lui non ha fretta, aspetta che finisca di girare intorno il coronavirus per tornare a sfrecciare con l'amico medico in bicicletta: tre volte la settimana per settanta, ottanta chilometri se la giornata è di quelle buone. Un uomo innamorato di una donna impiegata alla Camera di Commercio, padre di quattro figli, smise di volare tra due pali a 31 anni (sessantanni fa era già "vecchio" in quel mondo) rinunciando ad altri tre di vincolo a Cagliari prima che arrivassero Riva e Scopigno a trasformare la Sardegna da isola sconosciuta a terra di pane e pallone. E' il 1960, Salerno rientra a Messina dopo i primi otto anni, vissuti uno dietro l'altro, in maglia nera e scudetto giallorosso al petto.

Mitico Salerno, portiere volante dell'Acr Messina

"Sono messinese di adozione - ci dice - sono rimasto qui, avevo interessi economici nella distribuzione di benzina, avevo una moglie e volevo vivere con lei e non lontano da lei, volevo crescere i miei figli". Per poco, a 20 anni, non fece il salto alla Juventus, all'ombra dell'idolo Sentimenti IV che con Ottavio Bugatti del Napoli erano i suoi preferiti. Gli Agnelli volevano pagare 14 milioni di lire al Siracusa per quel giovane portiere ma il club della sua provincia ne voleva 17, poi il Bologna si fece avanti sempre per 14 milioni ma niente: o 17 o nulla. Nel 1953 il Messina guardò vicino casa e versò 14 milioni al Siracusa per quel ragazzo da fissare come punto fermo al "Giovanni Celeste" prima che Lorenzo Vellutini, estremo difensore "volante", lasciasse spazio. "Messina ha avuto grandi portieri, anche l'ultimo in seria A, Storari, è stato molto forte". Due milioni di lire l'anno che ai tempi andavano più che bene e la fortuna di avere per terzini in B Fulvio Zonch e Silvio Franchi, non ci parla di "zio" Adelchi Brach e noi non lo chiediamo altrimenti si sarebbe commosso.

In campo da avversario c'era uno straniero che lo aveva colpito più di tutti: Erling Sorensen, danese, sei anni tra Udinese e Triestina e un italiano, giocatore del Legnano, che quando incontrava il Messina (e non solo) impressionava. Era il giovane Riva che divenne il cannoniere azzurro di sempre. "Abbiamo vinto a Palermo 2-0, gol di Orlando e Alicata, il Messina non aveva mai vinto lì, che soddisfazione ci siamo tolti (la stagione è la 1958-59), Sebastiano Alicata è di Carlentini come me, lo portai io a Messina" ricorda. E poi quella volta alla stazione Termini, per rientrare dall'ennesima trasferta, mancava all'appello il ragazzo dal sinistro d'oro che anni dopo fu il ricambio all'Inter di Mariolino Corso. "Nicola "Lino" Ciccolo si era fermato a guardare i negozi, andai a prenderlo, ci precipitammo in stazione, lo lanciai dentro e per poco non restai giù rischiando la vita perché il vagone era già in corsa, che spavento mi fece prendere, io ero il capitano, avevo la responsabilità di tutti e in particolare dei più giovani". Tecnico tra la polvere alzata dal vento tra i campi di Milazzo, Barcellona, Saponara, Locri e mister del Provinciale che negli anni Settanta era il fratello minore del Messina sfiorando la C2 e il derby. Il "Celeste" faceva 10mila spettatori per quella creatura inaspettata e vincente sognata e costruita dai commercianti della zona, un piccolo Chievo tra i dilettanti. Peppino saluta così: "Che squadra quel Provinciale, tutti bravi ragazzi, pubblico stupendo, senta ma possiamo dire alle due società del Messina di riunirsi e di non giocare più al San Filippo: soltanto così ci sarà il rilancio, vedrà...". 

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