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Giovedì, 25 Aprile 2024
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L'ultimo saluto a Mico della Boccetta, poeta-cantastorie della mezza con panna

E' morto uno dei rari poeti vernacolari, che amava definire i suoi versi scherzucci. L'ultima raccolta scritta per il settimanale Centonove, è una antologia di vita cittadina che racconta cinquant'anni di storia

Ultimo saluto domani, 2 maggio, alle ore 11.30, nella chiesa di Pompei a Domenico Borgia, al secolo Mico della Boccetta, straordinario poeta vernacolare che dedicava poesie alla mezza con panna. In omaggio ai “buddaci” di tutta Messina. Ma Mico della Boccetta, sapeva anche “prevedere” il futuro, la deriva politica e sociale a cui si andava incontro. Le sue poesie li chiamava scherzucci, mutuando un termine usato dal grande Giuseppe Giusti. Erano sonetti, epigrammi, sirventesi che scriveva per passatempo, in dialetto ibrido, che non è quello autentico del messinese. Era il suo. Quello che usava per raccontare vizi e vezzi dell’intera Sicilia e dei personaggi messinesi in particolare. Senza sconti per nessuno. Così come sapeva stare al fianco di chi portava avanti battaglie civili.

Era uno dei rari poeti vernacolari di Sicilia, Mico della Boccetta,  al tempo Domenico Borgia, che ci ha lasciato a 97 anni. 

Nato a Messina nel 1921, proprio nel popolare rione Boccetta, ha cominciato a scrivere versi fin dalle elementari. Un autodidatta. Il suo primo libro “Note caratteristiche epianagrammatiche”, era dedicato ai colleghi - che tratteggiava con la sua solita ironia e sagacia - dell’Ex Cassa di Risparmio. Ma Mico della Boccetta ha pubblicato anche altri volumi di poesie: Spicilegio, Mille versi per un Soldo, Va tuttu beni e “Centonove scherzucci”, una raccolta  di poesie pubblicata nel tempo proprio nel settimanale Centonove, dove con discrezione ed eleganza si presentava puntualmente “per dare il suo contributo – diceva – alla libertà di pensiero”.

Nelle sue poesie scritte con una lettera 32 Olivetti una infinità di gags, fatti di cronaca locale, ma anche i miti dell’identità messinese, dalla mezza con panna, ai giganti  Mata e Grifone, ai personaggi politici che hanno fatto la storia dello Stretto nell’ultimo mezzo secolo. 

Mancherà Mico della Boccetta, mancherà la sua educazione vecchio stampo, il suo senso critico. Noi lo ricordiamo con una poesia che tratta un tema che gli stava a cuore e che calza a pennello anche per il primo maggio.

‘U veru statu sociali

A vui, travagghiaturi affaticati

Chi ppi tutta ‘na vita v’ammazzati,

e a sittant’anni annati in quiescenza,

a canusciti qual è ‘a differenza

fra la vostra pensioni ‘mmisicchiata,

e chidda – sustanziusa – ch’è erogata

ai nostri amati, cari, ossequiati,

meritevoli e digni deputati?

Vui, chi jittàti ‘u sangu tutta la vita,

aviti un m8serevuli appannaggiu

pp’un pani aschittu, senza cumpanaggiu;

a iddi basta ‘na legislatura

(quatt’anni scarsi, senza travagghiari)

pp’aviri di chi ‘mbiviri e manciari...

Accussi ‘, si vi pari:

‘u statu sociali, vu prisentu,

esisti sulu jintra ‘u parlamentu...

(Messina, 13 maggio 1997)

Mico della Boccetta

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