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Università bandita, Barrilà: “Raccomandazioni e nepotismo? Il male vero è considerarli normali”

Lo scrittore e psicoterapeuta attento ai fenomeni sociali, analizza le distorsioni del sistema accademico come causa principale della decadenza del Paese. E avverte: “Tanti fanno finta di indignarsi ma in realtà si comportano alla stessa maniera”. Gli esempi

Università recidiva e inguaribile. Templi che dovrebbero essere della cultura e che diventano invece sottopassaggi di un nepotismo neanche mascherato. Con una aggravante: tutti lo considerano normale. Non ha dubbi Domenico Barrilà, analista adleriano e attento studioso degli effetti prodotti sulla psiche dai fenomeni sociali: “Le distorsioni del sistema accademico sono fra le cause principali della decadenza del Paese. Perché nei luoghi in cui si educa non si possono proporre modelli che distruggono il concetto di comunità”.

I riferimenti sono all’ultima inchiesta della Procura etnea che ha messo sotto accusa l’intero sistema accademico svelando connivenze finalizzate a truccare concorsi con complicità negli atenei di mezza Italia. Il ministro ha promesso la sospensione di tutti i docenti indagati. Due sono di Messina.

D. Domenico Barrilà,  che idea si è fatto dell’inchiesta che vede indagati 60 docenti universitari e rubricata con un nome inquietante. Università Bandita?

R. “ Dovrebbe chiederlo agli italiani tutti”.

D. Diventa un po’ complicato. Ma lei che studia italiani e comportamenti, potrebbe dirmi che tipo di risposte dovrei aspettarmi.

R. “Temo troverebbe due filoni complementari. Gli ignari, coloro che non si sono nemmeno accorti di quanto accaduto, e quelli che si dicono indignati ma in realtà si comportano alla stessa maniera nei loro specifici sociali, professionali e culturali”.

D. Mi sembra uno scenario più grave degli stessi reati ipotizzati.

R. “Esattamente, ma dovremmo interrogarci sulle ragioni che spingono le persone a considerare normali questi comportamenti all’interno dell’università e quali sconquassi derivano dalla defezione di certi contropoteri. Parliamo di ambiti in cui dovrebbe nascere una bella opposizione alla mala politica e ai suoi mediocri interpreti, ma che nei fatti si rivelano ancora peggiori e che spesso sono collusi con la politica stessa”.

D. Purtroppo, l’università è recidiva. Lo sfacciato nepotismo che spesso esibisce, non conosce eguali in nessuno spaccato professionale.

R. “Recidiva e inguaribile. Una delle cause principali della decadenza del Paese, e la si smetta con inviti a non generalizzare, perché con l’università vale esattamente il contrario, trattandosi di un soggetto educativo autorevole, un modello da proporre alla collettività, che invece incuba proprio quei comportamenti che distruggono la comunità. Mi chiedo come diventerà un ragazzo a cui viene chiesto di dare il meglio di sé quando chi glielo chiede è squalificato”.

D.  Sarebbe interessante capire fino a che profondità è arrivato il contagio.

R. “Lo sintetizzo in un semplice episodio, molto messinese. Ero in città per la presentazione del mio ultimo libro. Una ragazzina mi chiede di sottopormi ad una breve video intervista. Finita questa parte mi parla con entusiasmo dei suoi studi e di un professore. Dal cognome riconosco il figlio di un docente e lo faccio presente, lei mi ribatte: però è bravo.  Le chiedo come facciamo a sapere se in giro non ce n’erano di più bravi. Ecco quant’è profondo contagio”.

D. Immagino che in qualche circostanza lei sia stato direttamente a contatto con il mondo universitario, che abbia potuto toccare con mano queste distorsioni.

R. Non mi è mai accaduto di pensare a un mio coinvolgimento nel mondo universitario, faccio il clinico e il divulgatore da 36 anni, sono affezionato al mio impegno sul campo e amo la mia attività editoriale (Domenico Barrilà è autore di quasi 25 volumi, quasi tutti ristampati, molti tradotti all’estero, oltre a essere autore di almeno 2000 articoli, e ogni anno svolge decine di conferenze e seminari, ndr). Lo scorso anno, però, mi sono lasciato sedurre con la scusa che fosse un dovere trasferire sulle giovani generazioni la mia lunga esperienza. Non è stata un’idea felice, mi sono trovato a contatto con un mondo popolato di piccoli personaggi senza qualità, invischiati nei loro poveri traffici. Un contesto davvero desolante, con tratti infantili. Umanamente è stato un passaggio terribile, che mi ha costretto a prendere le distanze da persone che ritenevo migliori.  Tuttavia, per me è stato facile passare oltre. Se penso, però, agli studenti mi viene una profonda tristezza”.

 D. Cosa rimarrà di questa storia, ma anche dell’inchiesta di cui parliamo?

R. “La certezza che il cambiamento del Paese non potrà mai passare attraverso l’università, visto che è la comunità civile a doversi guardare le spalle da quella accademica. Ovvio, esistono anche delle eccellenze, nonché tante persone che cercano di onorare il proprio impegno, ma le dimensioni dello scandalo di cui si parla, unite a tanti altri, quasi quotidiani, molti dei quali passano sotto silenzio, non permettono di farsi illusioni”.

D. Da dove arriva tutto questo?

R. “Prima di tutto, dalla modestia umana degli attori. Spesso si tratta di persone che sono state tutta la vita a lustrare scarpe a chi poi doveva favorirle, che finiranno per infliggere lo stesso trattamento a quelli che verranno dopo. Poi, dalla patetica lotta per piantare la propria bandierina più in alto di tutti. Due anni fa sono stato invitato alla prima edizione di Tempo di Libri, a Milano. Nel mio stesso stand, appena prima di me, toccava a un grosso nome della cultura nazionale, che proprio di recente è stato a Messina, acclamato come un guru. Ebbene, constatato che c’erano solo 2 persone ad ascoltarlo. si è esibito in una scenata da bambino capriccioso. Narcisismo è una parola abusata, ma qualche volta serve a rendere l’idea, da esso nasce la volontà di potenza, il desiderio di dominare spazio e persone, con qualunque mezzo.

D. Quali conseguenze porta per i cittadini questa chiusura ai professionisti affermati?

R. “I custodi del potere negli atenei sembrano temere la concorrenza esterna, e questo è un guaio. Se, ad esempio, gli psicologi vengono formati da persone che non vedono alcun paziente nella loro vita, puoi immaginare cosa salterà fuori. Lo stesso discorso vale per gli assistenti sociali e per tante altre figure che opereranno in ambiti delicati”. 

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