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Gli aneddoti sul terremoto del 1908 dei giornalisti dell'epoca: dai ladri fucilati alle lacrime di re Vittorio Emanuele III

Le tragiche testimonianze dei cronisti inviati a Messina a pochi giorni dal sisma. La sofferenza di un popolo sulle pagine dei più importanti quotidiani nazionali. Gli episodi più curiosi tra cadaveri, sciacalli e macerie

Rivivere i giorni immediatamente successivi al terremoto del 1908 attraverso i dettagliati racconti dei giornalisti inviati a Messina. Storie e testimonianze dirette raccolte nell'opera "Il terremoto di Messina" firmata da Francesco Mercadante.

Cronisti che hanno lasciato le redazioni ritrovandosi, taccuino in mano, davanti a scenari apocalittici e assistendo spesso a gesti cruenti e disperati. Appunti scritti in fretta tra cadaveri, sciacalli fucilati senza pietà e miracolosi salvataggi. Abbiamo scelto cinque episodi, tra i meno noti, per rievocare la tragedia che sconvolse Messina e Reggio Calabria poco più di 111 anni fa.

Dalle macerie una voce grida disperata "Maria!"

Il giornalista Guelfio Civinini, inviato in città dal Corriere della Sera a pochi giorni dalla tragedia, racconta un aneddoto tra il tragico e il comico vissuto in prima persona.

Messina, 4 gennaio 1909 

Presso un incrocio di vie dove due palazzi rovinando avevano confuso le loro macerie [...] si è sentita una voce fioca e rauca che chiamava lamentosamente: "Maria!". Subito i picconi e le vanghe si sono posti all'opera, e, dopo mezz'ora di lavoro, si è sentito uno sgretolio profondo [...] passato il primo spavento si è veduto uscire allora dall'affossamento prodottosi un pappagallo che batteva le ali verdi e polverose, e agitando il becco, chiamava ancora lamentosamente: "Maria, Maria!". 

Sparate ai cani, ai gatti e ai ladri

"Si spara sui cani, sui gatti e sui ladri". E' quanto  ripeteva un tenente di Reggio Calabria, ma l'ordine era esteso anche a Messina, davanti al giornalista de l'Avanti Oddino Morgari. Le bestiole venivano uccise per pietà, per evitarli una fine di stenti o di cibarsi dei cadaveri per sopperire alla fame, arrivando perfino a mordere i sopravissuti. 

Sui ladri, o meglio gli sciacalli, invece, si agiva senza alcuna pietà. Non a caso Antonio Scarfoglio , inviato de Il Mattino parla di "fucilazioni immediate".

Messina, 30 dicembre 1908

La crudeltà della sventura ha scatenato i bassi istinti della bestia umana e per le strade di Messina, che sono tutte un monte di macerie, si vedono, unici e lugubri abitatori, le bieche figure dei ladri che frugano i resti della morte. Di tratto in tratto qualcuno viene arrestato dai soldati che fanno la ronda. Il delitto è flagrante, l'ordine è perentorio; i miserabili sono fucilati.

Se non lasciate Messina, non avrete più cibo

Nel periodo immediatamente successivo al terremoto il governo accarezzava l'idea di evacuare completamente Messina. Una scelta che si scontrò subito con le proteste dei superstiti che non avevano alcuna intenzione di lasciare quel che restava della propria città. 

Da qui la terribile minaccia di togliere i viveri agli oppositori così come ha registrato ancora una volta Antonio Scarfoglio.

Messina, 6 gennaio 1909

Per ordine dell'autorità militare superiore, la distribuzione dei viveri oggi è stata sospesa. [...] Essendo quindi intenzione del comando di evacuare completamente Messina nei due giorni prossimi, è stato deciso di non distribuire più buoni - per i viveri ndr - se non a bordo del piroscafo Regina Elena. Coloro che vengono a ritirare i viveri vengono trattenuti a bordo, ove viene loro posta l'alternativa o di restare a Messina senza diritto di distribuzione di viveri o di partire e scegliere una destinazione nel continente. Questa misura coercitiva ha irritato i profughi, i quali hanno deciso di riunirsi a comizio in piazza della ferrovia.

So' otto giorni che nun parlo

L'instancabile lavoro dei soccorritori è stato funestato da visioni tragiche di cadaveri ormai decomposti o di terribili lamenti provenienti da sotto le macerie. Ma il cronista de Il Mattino Paolo Scarfoglio è riuscito a raccontare una vicenda a lieto fine che ha fatto tornare il sorriso ai presenti in quelle ore di angoscia e morte.

Messina, 7 gennaio 1909

Ieri si liberò un uomo che aveva tenuto tutto il tempo, otto giorni, la figlioletta stretta su di sé, allargando le pietre e i rottami per farla respirare, finché non era svenuto. Estratti miracolosamente, la figlia ha raccontanto tutto quello che aveva sentito, e mangiava dei biscotti senza avidità. Il padre, riavutosi, ha cominciato a parlarle in modo precipitoso, e, quando il medico lo ha rimproverato, ha risposto: "So' otto giorni che nun parlo, tegnu u diritto 'e parlari!".

Le lacrime di re Vittorio Emanuele III

Davanti alle terribili scene anche re Vittorio Emanuele III cede alla commozione. Lo racconta il cronista de Il Corriere della Sera Olindo Bitetti, riportando un commovente incontro tra il monarca e un bambino messinese rimasto orfano.

Messina, 30 dicembre 1908

Il Re ha visitato i rioni della marina più danneggiati. Era estremamente commosso e piangeva. La commozione gli impedì di fare tutto il doloroso giro che avrebbe voluto compiere. Non curante dei pericoli, si internava nei viottoli passando sopra le macerie. Esclamava tratto tratto agli ufficiali che l'accompagnavano: "E' terribile, è terribile!". Sul Corso Primo Settembre il Re fu avvicinato da un bambino che ha perduto i genitori; voleva baciargli la mano. Vittorio Emanuele lo prese in braccio, gli accarezzò la fronte, si mise a piangere esclamando: "Povero bambino!" poi dette ordine al proprio aiutante di campo di provvedere al suo sollecito ricovero in un Orfanotrofio di Roma.

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