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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Redazione

Movimenti scomposti di una generazione politica “cancellata”

Calata la stima per i leader, anche di opposizione, la gente trova nello scendere in piazza, una modalità di partecipazione. Si vede troppa gente, al netto di infiltrati e facinorosi. Forse tra quelle eccessive presenze c’è anche una parte di coloro che non si rassegnano a scomparire sol perché qualcuno un giorno decise di rottamarli

Oggi sullo scenario politico scorrono gli effetti di qualcosa che ha avuto una genesi casuale: l’immissione da parte di Matteo Renzi nel linguaggio della politica del termine “rottamazione”, parola poi utilizzata da un giornalista a sintesi della sua azione e assunta come manifesto un po’ sbrigativo, efficace per una sua brusca definitività del rinnovamento di una classe politica, di un metodo e di un programma riassunto in una parola. Per lo stile assolutamente anomalo Renzi incarnava al meglio tutto ciò, ma interpretava la rottamazione come strumento occasionale per occupare spazi di potere.

Un po' come abbattere un albero secolare per farsi uno stuzzicadenti. Tuttavia, la potenza dei nuovi modelli della comunicazione, la formula, immaginata per imbastire una crociata contro il ras del Pd Massimo D’Alema, ha riscosso un successo tale che ha fatto sì che venisse buttata l’acqua sporca, il bambino e anche, purtroppo, tanta acqua pulita.

Qui occorre aprire una riflessione più ampia sull’incidenza della rete nella comunicazione politica, partendo dal caso di Cambridge Analytica che vede Ocasio-Cortez interrogare così Zuckerberg: "È il più grande scandalo sui dati, ha avuto un impatto catastrofico nelle elezioni del 2016   e lei non sa rispondere?". Poi la stessa Cambridge Analytica, prima di sparire nel nulla, sarà sospettata di interferenze nella brexit ed in alcune vicende elettorali in diversi Paesi, compresa anche una certa vicinanza col M5S. Restando nel tema, guardiamo ad una esperienza che nel suo genere può essere considerata di grande successo, quella di Luca Morisi, che è stato il capo di quella macchina della propaganda su web definita "Bestia" che, per ammissione dello stesso Salvini, ha permesso alla Lega di passare dal 4% del 2013 al 34% alle Europee del 2019. Durante i cinque mesi di campagna elettorale per Bruxelles, la pagina Facebook del “Capitano” produceva in media 17 post al giorno con 60,8 milioni interazioni.

Potenza della propaganda dunque, perché quando tutto ebbe inizio c’era solo una piccola palla di neve chiamata, con termine felice, “rottamazione”, che doveva essere sparata contro la faccia di D’Alema. Provocò invece una valanga che travolse i diversi livelli di una piramide, composta anche da persone di seconda e terza fila, incolpevoli militanti che vedevano di colpo azzerato il loro futuro e vanificati i tanti sacrifici compiuti per cercare di scalare, secondo legittime aspettative e rispettando tempi e rituali canonici, i virtuali vertici dei palazzi del potere.

All’inizio si pensava che si trattasse di un fenomeno circoscritto all’area del Pd e che comunque fosse provvisorio. Invece il contagio dilagò velocemente in una società che, a prescindere dalle voglie di carriera e dalle beghe interne di un pur importante partito, manifestava voglia di cambiamento. Si sarebbe dovuta fare una profonda e corretta lettura del malessere sociale che era presente nelle profonde viscere del Paese e che poteva rappresentare una grande sfida per una vera classe dirigente che avesse voluto accettarla e vincerla. Renzi però non aveva una classe dirigente in grado di governare gli spazi enormi che, con la fase destruens della sua operazione, anche suo malgrado, si erano creati. Ma come è noto in politica il vuoto non esiste, per cui, non appena si è sgonfiata la “bolla Renzi” la scena è stata occupata dai vari Grillo, Di Maio, Di Battista, Conte, Salvini, Meloni etc. Tuttavia costoro, rispetto alle esigenze strutturali del Paese, non sono apparsi in grado di assumere la direzione dei Ministeri chiave e della Presidenza del Consiglio, pur disponendo di maggioranze parlamentari. Le posizioni apicali di governo, in massima parte occupate e gestite da tecnici e la legge elettorale che c’è e quella nuova, che non si vede, non lasciano sperare in un ritorno ad una Democrazia che superi il Parlamento dei nominati e formano un tappo che blocca la fisiologia del sistema politico italiano.

Tutto questo insieme di cose porta alla riscoperta delle piazze come terreno di confronto e di protagonismo. Sembrerà strano, ma calata la stima per i leader, anche di opposizione, la gente trova nello scendere in piazza, pur correndo qualche rischio, una modalità di partecipazione. Si vede troppa gente, al netto di infiltrati e facinorosi, nei cortei no vax e no green pass, non è normale, forse tra quelle eccessive presenze c’è anche una parte di quella “generazione cancellata” che non si rassegna a scomparire sol perché qualcuno, quasi per gioco, un giorno decise che doveva essere rottamata e che oggi diserta le urne, ma diventa una massa che vaga tra tastiera e strada, pronta a seguire qualsiasi pretesto e qualsiasi bandiera, desiderando quasi di poter vedere in diretta che succeda qualcosa.

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