Qualità della vita, dimenticare Messina
Per l'ennesima volta la classifica di Italia Oggi umilia le città del Sud e quella dello Stretto in particolare. Ma c'è un perché
Ogni volta che si divulgano le graduatorie sulla qualità della vita in Italia, le città siciliane finiscono immancabilmente in fondo alla scala. Dunque non possiamo meravigliarci se Messina e Caltanissetta risultano agli ultimi posti nell’elenco pubblicato da “Italia oggi” mentre le città dove si vive meglio sono quelle del nord.
A rigore di logica questa non sarebbe neppure una notizia, e infatti non lo è, dal momento che per assurgere al rango di notizia occorre possedere elementi di novità qui del tutto assenti. Siamo da decenni la cenerentola d’Italia.
Ora qualcuno potrà puntare i piedi, per orgoglio cittadino o per precisi interessi. E’ comprensibile che chi abita ai piani alti abbia difficoltà ad accettare l’ultimo posto. E’ una cosa che disturba i giochi di società. Ma l’orgoglio serve a poco perché manca davvero dall’acqua al sale e non solo per modo di dire. Non ci sono i servizi primari, dall’assistenza sociale agli asili nido, non c’è soprattutto il lavoro.
Dal congresso dell’Unione inquilini che ha eletto il nuovo segretario Antonino Currò vengono fuori dati drammatici: 229 provvedimenti di sfratto emessi nel 2022, di cui il 91 per cento per morosità. Il segretario uscente Gianmarco Sposito ha denunciato una “condizione socio-economica e politica estremamente preoccupante” con il governo che ha cancellato tutte le forme di sostegno al reddito e fondi del Pnrr destinati al patrimonio edilizio pubblico e finalizzati all’offerta di alloggi sociali spostati verso altri fronti.
In compenso cosa si fa? Si pensa di regalare soldi per costruire un ponte che forse non si farà mai. Si vive di simboli, di ipocrisie, di degrado col trucco. Palazzo Zanca per esempio si illumina di blu per la giornata dell’infanzia e dell’adolescenza ma è il secondo anno consecutivo che si celebra la giornata mondiale senza garante. Perché? Forse era figura scomoda perché troppo autonoma? Forse perché denunciava senza mediare col Palazzo le fragilità che c’erano e che continuano ad esserci? Le stesse che spingono ogni anno centinaia di giovani ad abbandonare la città?
Perché inutile illuderci e illudere quei giovani che vivono murati nei quartieri, senza speranza, se non quella di andarsene: lavoro non ce n’è con tutto quello che significa a cascata per la qualità della vita. E chi contesta i parametri delle classifiche e mette in evidenza per esempio come Milano sia “pericolosa” e più cara mentre da noi si può uscire di notte non solo dice bugie ma fa del male anche a se stesso.
I parametri utilizzati da Italia oggi sono uguali per tutti, non ha senso prendersela con l’arbitro. Dire che non siamo in paradiso ma non siamo neppure all’inferno non ci salva perché la condizione del limbo è la peggiore che possiamo vivere in quanto non evolve mai, non aiuta a prendere coscienza. Tanto c'è chi continua sui bisogni a costruire carriere di ogni tipo, politiche, amministrative, accademiche (anche se ogni tanto finiscono male). In questo posto a fari spenti, né lieto né pauroso, c’è la condanna definitiva di una città che non si indigna.