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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Redazione

Uscire dalla Selva oscura e riveder le stelle

L’umanità ha raggiunto livelli notevoli sul piano dell’economia, della scienza e della tecnica, ma forse non è riuscita a fare lo stesso nel campo delle scienze umane, non per carenza di pensatori, ma per una sorta di “distonia” tra il  comune sentire delle masse e le sue  élites. Va detto che un ruolo sempre crescente è stato assunto negli ultimi anni dal mondo dell’informazione che, divenendo talvolta preponderante, piuttosto che illuminare correttamente con i suoi potenti mezzi quella “selva oscura” in cui vaga perennemente l’umanità, l’ha resa più ricca di nuove pennellate di buio. 

Con il neologismo “infodemia” l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha voluto sottolineare (al culmine della pandemia) che forse il maggiore pericolo della società globale era la deformazione della realtà, il rimbombo degli echi e la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta contraddittorie e non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Questa premessa per affermare che, proprio nel momento in cui l’umanità è inondata da una quantità illimitata di notizie e informazioni, per certi versi sembra essere ripiombata in una sorta di “selva oscura” in cui le verità positive devono lottare per non farsi oscurare dalle fake news, dai complottissmi, dai no vax, dai terrapiattisti e quant’altro che popolano attivamente e, talvolta, con un certo successo popolare, la rete. Occorre anche mettere in conto il ribellismo, il desiderio di protesta che matura in diversi strati della popolazione e che spesso trova solo sul web un canale per esprimersi. Tuttavia ci sono momenti in cui bisogna trovare ampie convergenze per superare delle gravi emergenze che ciclicamente, in forme diverse, si affacciano alla ribalta  del pianeta. Le riflessioni che il genere umano deve mettere in campo devono però andare molto oltre al semplice contrasto delle emergenze.

Due sono i temi di fondo di lungo periodo da analizzare: la sopravvivenza del genere umano ed il destino della Terra. Oggi le due cose coincidono, anche se si ravvisa da parte delle maggiori potenze mondiali un’ansia verso la conquista dello spazio. Questa corsa viene vista come una sorta di confronto tra diversi imperialismi, un misuratore di potenza, invece andrebbe vissuta come una stagione in cui creare un’area ampia di concordia e di intesa per portare avanti un progetto unitario che dovrebbe portare alla costruzione di una ipotetica “Arca di Noè spaziale”, capace di mettere in salvo il genere umano, nella malaugurata ipotesi di un eventuale infausto destino del pianeta Terra. L’ultimo conflitto israelo-palestinese, esploso quando era in corso la pandemia, fa pensare che il livello dell’evoluzione dei rapporti tra i popoli in termini di etica e di civiltà è ancora basso.

Questo sostanziale deficit di moralità, spesso scarsamente spiegato da motivazioni di natura etnica o religiosa, trasferito nella politica e nella sfera decisionale, crea conflitti, guasti e ritardi rispetto a quella ideale marcia verso un costante progresso che l’umanità dovrebbe compiere, per immunizzarsi dai tanti pericoli conosciuti ma, soprattutto, da quelli che ancora non si conoscono. La crisi dei partiti, che sembra irreversibile e che non tocca ancora il fondo, non lascia pervenire dal mondo politico quei giusti impulsi, quei segnali, quelle linee guida, di cui la società moderna, orfana di classi dirigenti dissolte senza lasciare ricambi,   avrebbe necessità per poter ritrovare la via maestra della crescita e del consolidamento della Democrazia. In Italia già da diversi anni quei simulacri di partito, che in realtà sono diventati poco più che meri Comitati Elettorali, per riempire le liste vanno a caccia di personaggi noti piuttosto che di soggetti validi. Non è tempo di fare esempi, nomi e pagelle, andiamo ai concetti.

Per una sorta di riflesso condizionato “questi partiti”, nello spasmodico tentativo di recuperare frange di consenso, dicono che non vogliono personalità provenienti dalla mondo politica, dal mondo sindacale e dell’associazionismo. Un tempo, soprattutto a sinistra, si cercava l’intellettuale, ora si cerca il “civico”, il personaggio la cui principale virtù è quella di non avere precedenti. Al contrario, oggi dovrebbe essere privilegiata la figura del filosofo da collegare alla realizzazione di condizioni in cui si dovrebbe formare quella consapevolezza «di essere cittadini di una comunità politica, alla necessità di agire eticamente, secondo un profilo di condotta morale in cui si realizza gradualmente la libertà dell'individuo» (il ‘cittadino consapevole’ di cui si parla il giorno dopo le elezioni per giustificare la scarsa affluenza alle urne o una sconfitta elettorale). Ma i filosofi, ahimè, appaiono noiosi, né sono attrattivi certi esponenti del mondo religioso, che però svolgono intense attività diplomatiche ed un enorme volume di lavoro, propedeutico per la tenuta di importanti relazioni che spesso facilitano soluzioni che rafforzano quella fraternità di cui l’umanità ha bisogno come del cibo e delle medicine.

Questo costante e silenzioso impegno spesso non viene adeguatamente conosciuto, compreso e sostenuto, anche a se la pace religiosa a livello internazionale fa cadere l’alibi ad azioni belliche camuffate da guerre di religione. In sede locale sarebbe utile che almeno questo venisse capito: se il cantante può servire a racimolare in fretta un pugno di voti, il filosofo o chi ha una fede da trasmettere, può aiutare a formare una nuova classe dirigente. E’ importante uscire dalla fase della superficialità per passare ad uno stadio di ricostruzione generale che valorizzi quegli aspetti ancora considerati marginali, ma che invece sono determinanti per disegnare quel quadro armonico e duraturo di un nuovo sistema politico che dia garanzie di futuro e che non sia regolato esclusivamente dalle leggi del mercato.

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