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Giocando s'impana

Giocando s'impana

A cura di Iona Bertuccio

Festa dei Morti, un tempo la notte più bella per i bambini: la ricetta degli scardellini tra golosità e inquietudini

Il 2 novembre, rigorosamente dopo la mezzanotte, i nostri cari defunti lasciano sotto il letto ai più piccoli giocattoli e dolci dalle figure strane. Una tradizione che neanche Halloween può scalfire

Quando si festeggiavano i morti... Quando ero una bambina non esistevano zucche ed “halwin”. Si pregavano i morticini che ci volevano bene. Poi, sotto il letto, avremmo trovato dolci e giocattoli.  Siccome i miei nonni erano ancora vivi, noi bambini insieme a mia madre andavamo al cimitero a trovare i suoi nonni. Erano sepolti in semplici e bellissime tombe scavate nella terra. Il passaggio tra una tomba e l'altra era talmente stretto che mia madre stentava a mettere i piedi ( 36), ma mai avrebbe posto i suoi  piccoli piedi sul marmo della lapide.  Anche se altri lo facevano. 

In breve arrivavano gli zii di Messina e tutti i parenti vicini e lontani venivano a rendere omaggio ai vivi ed ai morti. Quando arrivavano gli zii di mia madre ero molto contenta perche erano affettuosissimi, ma anche perché ogni volta ci portavano tanti giocattoli e tanti dolci. Per i morti ci portavano le ossa dei morti (scardellini). Non so dove li trovassero ma erano tanto grandi. Sono dolci strani fatti da due parti: una più chiara ed una più scura. Quella più scura (color miele) fa da base piatta ad una bianca che nel forno lievita e prende varie forme.

Noi bambini ci divertivamo, ma eravamo anche inquieti, a guardare quelle figure. Una era Gesù  con la corona di spine. Una la Madonna. Uno addirittura la nonna, morta da poco, della mia amica. A poco a poco li mangiavamo tutti consapevoli  che per vederne altri si doveva spettare l'anno successivo.

Gli anni trascorrevano e gli zii di mia madre non vennero più. Viene il figlio, ma non è  la stessa festa. L'unica che vedevo su quelle tombe a pregare e piangere era mia madre ormai anziana.  Io con i figli bambini andavo al cimitero  come ad una festa. Si portavano tanti fiori ai parenti e poi se ne metteva uno alle tombe abbandonate. Mia madre  ad un certo punto scompariva e la trovavamo accanto slle tombe dei suoi nonni.

Una volta le ho detto: "Ma mamma che vai a fare su quelle vecchie tombe! Sono morti da 50 anni."
- Anche di più", mi rispose piangendo. In quei momenti odiavo quelle lapidi grigie che facevano piangere mia madre. Allora non capivo il perché di quelle lunghe visite e di quelle lacrime.

Il prossimo giorno  dei morti ci andrò io e piangero le sue e le mie lacrime.  Sarà per questo che non ho mai voluto provare a fare gli scardellini. Che restino una ricetta dei pasticceri.

E a proposito di pasticceri, uno di fiducia me ne ha data una per tutti voi. Eccola insieme alle foto di scardellini e frutta martorana per rifarsi anche gli occhi.

Ingredienti e preparazione

1 kg di farina, 1 kg di zucchero, 15 g di chiodi di garofano

Dopo aver setacciato la farina, dovete ridurre in polvere finissima i chiodi di garofano. Preparate uno sciroppo, sciogliendo lo zucchero con un po’ di acqua e lasciate intiepidire. Dopo aver disposto sulla spianatoia la farina a forma di fontana, mettete nella cavità la polvere di garofano e sciroppo di zucchero. Impastate, aggiungendo, poco alla volta acqua tiepida. Quando l'impasto sarà compatto, spianate fino ad ottenere una sfoglia di circa 1 cm di spessore e ritagliatela con forme di teschio. Incidete con un coltellino due o tre volte sulla superficie degli scardellini e posateli su un vassoio ricoperto di carta da forno; lasciateli asciugare bene, anche un paio di giorni, in modo che induriscano. Trasferiteli in una teglia ricoperta di carta da forno, dopo averne bagnato con acqua la parte inferiore. Cuocete in forno a 160°C per circa 20 minuti.

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