Architrekking, camminare nel paesaggio come pratica primaria per comprenderlo e valorizzarlo
L’erranza sul territorio con gli architetti tra natura e architettura per godere della bellezza e delle sue emozioni alla scoperta della civiltà primordiale del cammino
L’Architrekking è una pratica concepita da alcuni architetti italiani che sta avendo un grande successo.
Prevede l’esplorazione di luoghi lineari dell’ambiente naturale e di quello urbano percorrendoli a piedi.
A Messina un gruppo di architetti organizzati da Michele Palamara esplora tutto il territorio della provincia tra “Natura e Architettura”.
Si tratta di una riflessione itinerante sull’equilibrio ecologico del nostro territorio tra ambiente antropico e ambiente naturale.
Gli architetti camminatori suggeriscono un modo alternativo e sostenibile di leggere e comprendere il paesaggio sia esso antropico che naturale, percorrendo tracciati naturali e vie urbane con il ritmo e i tempi del cammino attraversano l’anima dei luoghi.
Del resto chi meglio degli architetti può farlo? Avendo essi il compito di tutelare, valorizzare e, se serve, trasformare il territorio ed il paesaggio.
Una pratica che più di altre consente di comprendere il territorio nel senso etimologico più autentico del latino Comprehendĕre: prendere con sé, abbracciare, racchiudere, accogliere in sè, fare proprio.
Questa pratica ripercorre uno dei gesti più atavici e al tempo stesso armonici compiuti dal genere umano.
Attività primordiale
Muoversi attraverso lo spazio è stata una delle attività primordiali compiuta dall’uomo. Spinto dal bisogno di procurarsi del cibo egli ha inciso il territorio con tracciati sempre più agevoli per raggiungere le sue mete.
Calpestando sempre gli stessi percorsi ha antropizzato l’ambiente naturale trasformando l’originalità del paesaggio.
I percorsi calpestati sono stati i primi segni che l’uomo ha lasciato sul territorio per orientarsi negli spostamenti, prima ancora delle pietre miliari e dei Mehnir.
Quei tracciati definiti dal frequente calpestio presto sono divenuti le prime vie di comunicazione, trasformandosi nelle prime sedi di sviluppo culturale.
Linee palingenetiche attraverso le quali l’uomo ha cominciato il viaggio della conoscenza.
Elementi del territorio lungo i quali per molto tempo si sono svolte, e ancora si svolgono, attività essenziali per l’esistenza umana come: muoversi, scambiare merci, sostare. Strutture attraverso le quali si raggiunge la meta, si arriva a destinazione.
I tracciati delle attuali vie di comunicazione in moltissimi casi sono la sedimentazione delle descritte erranze primitive.
Tracciati che con il tempo sono diventati i più significativi marcatori antropici del paesaggio. Ricami del territorio che ci consentono di leggere, forse meglio di altri segni, la storia dell’uomo.
Da sistemi per facilitare l’erranza presto divennero linee di comunicazione tra un nucleo urbano e l’altro. Molti di questi furono luogo lineare di culti primordiali, di processioni che conducevano ai primi santuari. L’animo dell’uomo ha sempre cercato certezze escatologiche ed inventato il trascendente. Suggestionato dalla grandezza e dalla bellezza della natura ha inventato i luoghi della devozione per i quali compie la prima antropizzazione del territorio. Questo spiega la secolare tradizione dei grandi cammini come quello per Santiago di Compostella o quello lungo le Vie Romee che da ogni parte d’Europa conducevano a Roma ove c’era il soglio di S. Pietro e da lì si estendevano fino in Puglia per imbarcarsi verso la Terra Santa.
Lungo questi percorsi sono sorte le più importanti città europee.
Questi tracciati furono in origine luoghi ove si svolgevano i riti propiziatori peripatetici che circoscrivevano i primi insediamenti umani. Lungo questi elementi in seguito sorsero le prime cinte murarie a difesa delle antiche città. Ecco perché sulle mura della città per secoli, in occidente, si sono svolte, e in alcuni casi ancora si svolgono, le processioni. Ancor oggi, nonostante la città da parecchi secoli abbia abbattuto le sue mura per espandersi e stratificarsi, per individuare l’antico limite basta seguire il percorso delle processioni che in molte realtà compie sempre lo stesso itinerario.
A questo indizio, fondamentale nella diagnostica urbana per differenziare la città antica dalla città moderna, si aggiunge la lettura degli impianti originari, specie quelle dei centri storici, il cui disegno primitivo resta indelebilmente inciso dal reticolato delle vie urbane, per quanto queste siano state nel tempo trasformate.
Il disegno urbano è quasi sempre ricamato dalle vie. La città è definita da un sistema di percorsi urbani e perurbani che ne rappresentano la vera identità secolare e conferiscono ad ognuna una fisonomia distintiva. Una sorta di genius loci geometrico.
Un reticolato che rappresenta il DNA delle città, il vero codice genetico, quella “regula urbanistica” matrice del suo sviluppo.
Per comprendere gli ambienti urbani, soprattutto quelli di antica fondazione o di alto valore culturale, estetico e paesaggistico, come i nuclei d’antica fondazione, bisogna prestare attenzione alla trama delle strade e soprattutto percorrerla con attenzione come prevede la pratica del trekking urbano o ancor meglio dell’architrekking.
Il trekking urbano come processo d’indagine culturale
Se la massa architettonica delle città è sempre in evoluzione poichè risponde alle periodiche necessità di capienza e recettività che stratificano e spesso disperdono i linguaggi originari fino a renderli irriconoscibili, la trama delle strade (tranne nelle città distrutte da eventi naturali, vedi Messina dopo il 1908) resta sempre inalterata e perenne.
La forma originale della città è dettata principalmente dalle strade che quasi sempre rispondono ai tracciati originali, a quei percorsi antichi che hanno sedimentato l’errare primordiale dell’uomo in quel luogo. Luogo ove vi erano i presupposti per la sopravvivenza, come l’acqua e altre risorse. Poiché l’uomo primitivo prima di stanziarsi in un luogo lo esplorava in modo costante e a lungo, e per far ciò doveva prima tracciare comodi percorsi.
Da ciò deriva che la palingenesi di tutti gli insediamenti umani è il percorso tracciato per raggiungere il luogo dove essi verranno fondati. Per questo il trekking urbano se fatto con l’attenzione di un architetto o di un urbanista può trasformarsi in un efficacie processo di indagine culturale a 360 gradi.
Il Piacere dell’erranza
La città è le sue periferie contengono spazi lineari nei quali è possibile errare, o riabilitare l’esercizio antico dell’erranza, dell’Agorazon dei greci (errare in città senza specifica meta).
Errare per godersi il paesaggio, le architetture, per vivere la loro dimensione identitaria e storica. Per cercare un amico, incontrare l’amato, per raggiungere un luogo di socializzazione, oggi, per fare shopping. Per fare quello che Francesco Careri chiama Transurbananza. “la Transurbananza è, come lo era stato il percorso errativo, una sorta di pre-architettura del paesaggio contemporaneo”.
Il paesaggio inteso come architettura del vuoto, come un’invenzione della civiltà dell’erranza. Senza la possibilità di muoversi agevolmente non si percepisce il paesaggio e il suo variare. Senza i tracciati moderni o antichi il paesaggio non esiste.
Un percorso è una linea che attraversa lo spazio del paesaggio costruito o di quello naturale. Un luogo lineare ove il cammino si rivela uno strumento di conoscenza e d’indagine. Una sorta di nastro narrativo.
Questi tracciati sono elementi di notevole caratterizzazione dello spazio ed incidono fortemente sull’identità dei luoghi alla stessa stregua di forti marcatori puntuali, come le architetture (castelli, torri, cupole, etc.) o specificità naturalistiche (cascate, laghi, coste, cime, boschi, etc.). Attraverso di essi si muove la vita e tutti i beni materiali e immateriali.
Attraverso di loro si muovono il pensiero e le emozioni. Generare emozioni è un dovere professionale degli architetti, per questo la pratica dell’architrekking è una pratica lodevole perché consente la condivisione dell’emozioni che suscitano i luoghi negli ambienti naturali e in quelli modellati dalle architetture, e la comprensione profonda dei medesimi.
Senza la comprensione dei luoghi nessuna trasformazione territoriale o urbana sarà mai efficacie, nessun progetto potrà essere mai funzionale e risolutivo, anzi si rivelerà sempre un rimedio peggiore del male.