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Giovedì, 25 Aprile 2024
La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Quei piccoli borghi antichi in via d'estinzione

Sospesi nel tempo, abitati da poche persone ma pieni di fascino, storia, arte. Tra meno di vent’anni saranno la forma più autentica dell’abbandono. A favore delle città, spazi sempre più inflazionati, popolate di uomini ma spopolate di anime

“Riabitare i paesi non è questione di soldi. I soldi servono a farli più brutti, a disanimarli. Per riabitare i paesi servono piccoli miracoli che possono fare uomini qualunque, quelli che vediamo in piazza, quelli che ci sembrano perduti. Per riabilitare i paesi bisogna credere ai ragazzi che sono rimasti e a quelli che potranno tornare. Per riabilitare i paesi ci vuole una nuova religione dei luoghi. Non è questione economica, ma teologica.” Questo suggerisce il poeta Franco Arminio.

I borghi della Città Metropolitana, come quelli di tutta la Sicilia, ubicati nelle aree interne, pur vantando integrità ecologiche e notevoli risorse naturali, vigono in un allarmante calo demografico. Il perdurare di questo andamento, rischia la loro scomparse entro pochi lustri.

Lo spopolamento dei borghi messinesi

Se non si interviene con opportune strategie di riabilitazione urbana e territoriale innovative ed avanzate, figlie di categorie di pensiero orientate verso orizzonti opposti da quelli imposti dal dominante economia neoliberista, il loro destino è fatalmente segnato.

Tra meno di vent’anni la loro massa urbana, i loro caratteristici profilo, ognuno con la propria identità formale, espressione di una forte identità sociale e storica, saranno la forma più autentica dell’abbandono, la forma della perdita di memorie millenarie e di civiltà secolari pregne di stratificazioni culturali di senso e di valore.

Lo spopolamento galoppante di questi magnifici luoghi è dovuto alle inarrestabili diaspore che li hanno resi ormai dei paesi vuoti, paesi fantasma che piano piano perdono efficienza e vivibilità. L’abbandono progressivo sta lacerando le loro identità che diventano sempre più evanescenti. Luoghi che stanno perdendo la loro anima millenaria. Il cui Genius loci è sempre più fragile.

Postmodernità e globalizzazione hanno sviluppato in modo pernicioso la categoria del disimpegno identitario ed ideologico. Se non ci sono idee per cui vivere e lottare, se non c’è istinto d’appartenenza, non ci saranno identità da difendere, si lotta solo per il denaro e per i confort. Il denaro è i confort non si trovano più in questi paesi.

In questi luoghi, dove ancora l’uomo è la natura hanno un rapporto simbiotico, è possibile costruire nuovi stili di vita liberi esenti dall’essere preda del solipsismo dominante. In questi paesi, attraverso una riantropizzazione consapevole e strutturata che si può compiere il grande passaggio epocale dalla scala urbana alla scala umana.

Sono luoghi  dove è ancora possibile determinare equità sociale.  Luoghi dove l’unità di misura della qualità della vita saranno i bimbi e i cani che girano liberi e sotto gli occhi vigili degli anziani che socializzano nelle piazze e sui spazi pubblici. Luoghi ad armonia sociale.

Le città, spazi sempre più inflazionati, sono popolate di uomini ma spopolate di anime, di ogni nobile sentimento collettivo e di ogni vitale emozione. L’omologazione che impone la città sviluppa sempre più disagi emotivi in chi la abita. La città attuale ammala la mente. Nietzsche sosteneva che “Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono uguali: e chi sente diversamente, se ne va da sé al manicomio”. I manicomi non ci sono più, li hanno sostituite le città caotiche della postmodernità che segnano vite e psiche.  Dove il disagio da alienazione colpisce ognuno.

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