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La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Chiesa razionalista della Circonvallazione, quando l’architettura coniuga la bellezza della ragione con la spiritualità

Un piccolo gioiello incastonato nel quartiere popolare. In un tempo come il nostro dove la post modernità nega il dualismo, leggere quest'opera può essere un buon esercizio filosofico d’altri tempi

E’ un gioiello nascosto di architettura contemporanea, incastonato all’interno del piccolo quartiere popolare che sta chiuso tra l’ultimo tratto di Circonvallazione, verso nord, e il vasto complesso abbandonato dell’ex Ospedale Margherita.

Questa Chiesa produce una dissonanza cognitiva. Mette insieme due alterità radicali: il materialismo e la spiritualità.

Un ossimoro per la cultura cristiana occidentale che si colloca nel solco ormai ampiamente esplorato delle chiese razionaliste.

Presenta un involucro schietto, limpido, un’architettura di marca inequivocabilmente purista, ontologicamente in contraddizione con i tradizionali linguaggi delle architetture che celebrano la religiosità.

Un linguaggio che ripropone quel razionalismo che ha caratterizzato le architetture italiane del secondo dopo guerra.

L’espressività architettonica è di alta qualità. L’essenzialità della sua forma e gli stilemi declinati rappresentano un perfetto punto di equilibrio tra le categorie della ragione e del trascendente.

Dal punto di vista semiotico quest’architettura adotta un significante relativista per veicolare un significato mistico facendo della sua essenzialità un referente ascetico.

La forma dell’involucro e degli elementi che la costituiscono comunica con un equilibrato alfabeto laico che stranamente induce suggestione.

L’opera ha la bellezza di una complessità risolta con semplicità poetica.

Chiesa razionalista, un gioiello nascosto di architettura contemporanea

La sua articolazione è caratterizzata da un enfatico elemento svettante che funge da campanile, che appare come una torre, una torre in negativo, un parallelepipedo slanciato definito dal vuoto. Un vuoto che sembra estruso dal blocco marmoreo compatto da cui si erge.

Una sorta di scomposizione dell'idea del campanile o del minareto dove le campane sono sospese nel vuoto, agganciate a telai d’acciaio. Non ci sono bifore o trifore, non c’è la classica loggia apicale, non c’è lanterna, non c’è edicola.  C'è solo, nella parete alta che contiene il vuoto, una obliqua bucatura trapezoidale che allude all’idea di una campana in movimento. Un segno astratto che codifica la funzione di campanile in maniera elegante e diretta senza troppe ridondanze.

Il resto dell’organismo architettonico è un blocco bianco, regolare, compatto. Una compattezza chiara, quasi limpida, penetrata verticalmente solo dal vuoto del campanile.

Ad indicare l'ingresso vi è una piattaforma in metallo che taglia il vuoto ad un terzo della sua altezza, sporgendosi dal profilo del blocco. Un semplice elemento orizzontale che al di sotto determina un nartece e sopra sostiene una croce stilizzata con due putrelle d’acciaio incrociate sulle quali aderisce una curva che rende icastica l’idea di un corpo crocefisso. Questo è l’unico simbolo al quale è demandata la significazione divina.

Altro elemento che si inserisce nella purezza assoluta del prospetto è una semplice bucatura quasi come una feritoia, sovrastata da un piccolo elemento sporgente segmentato a protezione della medesima che supplisce l’assenza dell’aspettato timpano di protezione.

Ogni elemento decorativo ha la potenza di essere un significante astratto di inequivocabile spiritualità pur mantenendo l’essenza razionalista e moderna nelle forme e nei materiali.

In questa architettura la chiarezza della ragione si sublima nella spiritualità.

Quest’opera è una sintesi evoluta del razionalismo e del neorealismo messinese del secondo dopo guerra.  In essa si trovano tutte le categorie dell'architettura razionalista mondiale e nazionale da Le Corbusier a Libera.

La scelta lessicale è filologica alle architetture popolari circostanti. Ciò qualifica ancor più quel quartiere già intriso di segni e forme dalla semplicità neorealista.

Una cifra stilistica pienamente contestualizzata che retrospettivamente ci spiega come altra semantica in quell’ambiente urbano sarebbe stata incongrua e inespressiva. Un raro esempio di coerenza di linguaggio architettonico ottimamente calibrato rispetto al luogo in cui si insedia.

Sorprende come l’atteggiamento ossimorico di cui si è detto non genera alcun corto circuito semantico, bensì rende prodigioso il dualismo tra la concezione formale e la funzione. Una struttura di senso che fa di questa architettura uno dei pochi capolavori eseguiti in città negli ultimi decenni.

La sua forma è la forma di un pensiero razionale elevato che riesce comunque ad esprimere pienamente la sacralità che esige la destinazione dell’involucro.

In un tempo come il nostro ove la post modernità censura il dualismo, appiattendo ogni valore e pensiero antitetici in un nichilismo che nega agli opposti diritto di cittadinanza, leggere questa architettura può essere un buon esercizio filosofico d’altri tempi, un allenamento a quel sano ed eterno dualismo tra fede e ragione, tra sacro e profano, tra materialismo e spiritualità, tra relativismo e trascendenza.

Questa architettura fa dialogare sorprendentemente ognuna di queste categorie contrapposte riconoscendo ad ognuna, con rispettosa serietà, le proprie prerogative, plasticizzando questo dualismo in una forma che li mette insieme con chiaro e suggestivo equilibrio.

Quest’eterna dualità, in quest’opera, da contrapposizione diventa sintesi. Una sintesi che riconosce entrambe le alterità senza concepire alcuna subalternità dell’una categoria sull’altra.

Una “magia” che solo l’architettura può fare.

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Chiesa razionalista della Circonvallazione, quando l’architettura coniuga la bellezza della ragione con la spiritualità

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