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La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Cimiteri suburbani di Messina, quelle sedici meraviglie con vista da... brivido

Realizzati dallo Stato Sabaudo, sono luoghi del tempo immobile inseriti in scenari di grande suggestione emotiva. Molte di queste strutture andrebbero risanate dal loro degrado e valorizzate. Viaggio tra luoghi “paradisiaci” che non hanno nulla da invidiare a quelli “turistici” londinesi e parigini

Sono una costellazione amena di giardini “consacrati al pianto”.

Piccoli cimiteri posti in luoghi quasi sempre panoramici.  Molti dei quali godono di punti di vista mozzafiato. Luoghi dalla visuale così bella ed alta dove, anche in assenza di tombe, “Sovvien l’eterno”.

Come il cimitero di Cumia che, all’ombra di secolari cipressi, si affaccia sul Mar Ionio guardando l’incantevole scenario naturale dell’intera area dello Stretto. Da lì l’occhio mira da Capo Vaticano a Capo d’Armi e giù verso l’orizzonte di quel mare aperto che porta in Oriente.

Cimiteri di Messina, viaggio fotografico nei luoghi dalla poetica quiete eterna

Altamente panoramici sono anche i piccoli cimiteri di Briga, S. Stefano, Mili S. Marco, S. Filippo, Pace, Curcuraci, Granatari.

Molto suggestiva è la posizione dei cimiteri di Castanea, Massa S.Lucia e Gesso che si affacciano sullo sconfinato orizzonte del Mar Tirreno, marginato a sinistra dalla penisola di Capo Milazzo e a destra dalla costa calabra, con la centro le galleggianti magiche isole del dio dei venti.

Bastano i toponimi di questi siti per capire la loro bellezza paesaggistica: il cimitero di Gesso ricade in contrada Belvedere, un altro è sito in contrada Pace a ridosso della Strada Panoramica dello Stretto.

Sono luoghi di grande suggestione naturalistica, una sorta di riscatto eterno per le spoglie di coloro che vi giacciono, soprattutto per quelli che, come si legge dalle lapidi, ebbero esistenze grame o tragiche.

Sono cimiteri ubicati in posti di paradiso, dove la loro presenza impone alla originale bellezza della natura un’atmosfera sacrale.

Sono piccoli camposanti a servizio di quell’arcipelago di villaggi collinari che punteggia i versanti dei Monti Peloritani. Di quel sistema di borghi d’antica fondazione la cui matrice secolare racconta un’eterogeneità culturale pregna d’identità autoctone, di tradizioni proprie che declinano in questi cimiteri il loro culto dei morti con le proprie peculiarità, tradizioni e riti.Ed è in questi piccoli camposanti che si legge pienamente la storia dei borghi messinesi. Una storia ormai difficile da decifrare nell’edificato dei vivi, dove un’edilizia afasica pian piano ha sostituito quell’architettura vernacolare il cui linguaggio, un tempo integro, raccontava di questi universi culturali espressione di tipicità produttive, di pratiche rurali, di usi e vicende che hanno modellato la loro singolarità in vere e proprie civiltà locali. Quasi cancellata la forma della storia di queste piccole comunità millenarie sopravvive ancora nei sacrari descritti, unici luoghi dove sono conservate le tracce della loro storia.

Sono ormai il luogo comune del ricordo di queste piccole civiltà di cui rappresentano la vera carta d’identità.

Questi 16 cimiteri suburbani (vedi foto allegata) furono realizzati dallo Stato Sabaudo dopo l’emanazione della legge di salute pubblica del 1865 che riprese, dopo oltre mezzo secolo, Il Decreto Imperiale di Napoleone del 1804, meglio conosciuto come l’Editto di Saint Cloud.

Quest’editto fu la prima disciplina europea sui cimiteri. Il supporto legislativo ai nuovi precetti sanitari che collegavano la diffusione delle epidemie anche ai miasmi e ai percolati provenienti dai non disciplinati luoghi di sepoltura. 

Per la prima volta i cimiteri vennero allontanati dai centri abitati e fu rimossa la consuetudine, per le famiglie agiate, di seppellire i morti a ridosso delle chiese, nelle cripte o nelle cappelle parrocchiali.

La morte divenne una questione laica. La nuova legge napoleonica impose la democratica “Livella” di Totò. I cimiteri divennero luoghi dove non vi era discriminazione di censo, come tra i vivi, sancendo l’uguaglianza tra morti ricchi e morti poveri.

Anche per le successive leggi Sabaude i cimiteri erano servizi pubblici e dovevano essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dai centri abitati ove era fatto divieto di costruire entro la stessa distanza dal perimetro dell’impianto cimiteriale.

A Messina il grande cimitero di servizio alla città fu realizzato nel 1872. Successivamente nel periodo umbertino (1878-1900) furono realizzati ben 16 piccoli cimiteri sub urbani.

 Si trattò di un sistema di strutture cimiteriali standardizzato senza alcuna pretesa di monumentalità.

Quasi tutti costituiti da due piccoli blocchi che definiscono l’ingresso principale. Uno destinato alla guardiania l’altro destinato alla camera mortuaria. Oltre questi blocchi si apre il campo di sepoltura circoscritto da alte mura che contengono loculi a parete, mentre sul margine opposto all’ingresso quasi sempre è ubicata una cappella di preghiera.

Un autentico prototipo tipologico adatto ad ogni contesto orografico e ad ogni esigenza progettuale.

Anche il linguaggio architettonico presenta verbi standard. Gli elementi ricorrenti sono le leziose palmette acromiali di tipo classico nei timpani ricurvi e nelle cornici dei piccoli manufatti. Ricorrono frequenti anche lucernai a lunetta inscritti in cornici larvatamente classicheggianti e qualche labile iconologia nei rari fregi.

Queste aree funerarie rappresentano un servizio indispensabile per gli abitanti dei borghi messinesi, dove le loro spoglie, da oltre un secolo, possono essere comodamente “confortate di pianto”.

Un insieme cimiteriale puntiforme la cui funzionalità territoriale rappresenta la forma di una civiltà laica che sul finire del XIX secolo comincia a diffondersi anche alle nostre latitudini, il cimitero concepito come un servizio sociale. Un’emancipazione figlia dell’applicazione di un ideale relativista che si occupò anche dei morti.

Molte di queste strutture andrebbero risanate dal loro degrado e valorizzate attraverso strategie promozionali costituendo, vista la grande valenza paesaggistica dei siti, un circuito culturale necroturistico come quello promosso per i cimiteri londinesi e parigini o, per restare nella penisola, come quelli che riguardano i cimiteri di Roma, Firenze, Bologna e Modena.

I sedici cimiteri descritti sono luoghi del tempo immobile inseriti in scenari di grande suggestione emotiva che rendono poetica la quiete eterna di coloro per cui “vaghe di lusinghe danzan l’ore future”.

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