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La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Da Casamicciola a Giampilieri, l'errore di addossare tutte le colpe all'abusivismo edilizio

L'ennesima tragedia a Ischia riaccende i riflettori sulle fragilità del territorio. Ma le cause sono da ricercare nell'assenza dei Piani urbanistici come strumento di tutela

Quando mio nonno entrava nella stanzetta messa a soqquadro dalla mia vivacità di bambino discolo ironicamente esclamava: “Questa stanza è una Casamicciola?”. Intuivo, ma non capivo a cosa si riferisse, e restavo perplesso chiedendomi cosa fosse questa Casamicciola.

Casamicciola, nel sud d’Italia, fu a lungo luogo comune del disastro da terremoto. L’immaginario collettivo, rimase molto colpito dal disastroso sisma che nel 1883 distrusse la piccola cittadina ischitana.

Oggi Casamicciola, dopo il secondo terremoto, quello del 2017, che la confermava, a distanza oltre un secolo, luogo di sciagura, torna a toccare le corde dell’emotività collettiva, per via della terza catastrofe tragedia che l’ha colpita in questi giorni: una frana che ha fatto ancora molti morti e dispersi.

L’ennesimo devastante movimento morfodinamico che ribadire la grave fragilità idrogeologica in cui versano moltissime parti del territorio italiano il cui governo da decenni aspetta un radicale cambio di paradigma gestionale.

Anche stavolta viene additato come colpevole l’abusivismo edilizio. Era accaduto in parte anche per Giampilieri. Ma siamo certi che la colpa è solo dell’abusivismo edilizio? Non è che stiamo confondendo, come al solito, e come sempre, in circostanze come questa, il sintomo con la causa?

I piani regolatori e i diritti

Il fenomeno dell’abusivismo edilizio rappresenta un lampante mancato riconoscimento di un diritto costituzionale: il diritto alla casa. Esso, sancito dall'art. 47 della Carta Costituzionale, è stato concepito dai padri costituenti come elemento essenziale per garantire lo sviluppo della persona umana.

Si tratta di un mancato riconoscimento sul quale speculano tutti i soggetti che a vario titolo avrebbero il compito di garantirlo e riconoscerlo ad ogni cittadino.

A scuola s’impara che il “Diritto” è un complesso sistema di norme che regola la vita dei membri di una comunità e risponde al bisogno dei cittadini di vivere in una società il più possibile ordinata e tranquilla. Il “Diritto” è una struttura normativa che garantisce rapporti equi tra gli individui e sanziona chi li viola.

Spesso si sente parlare di: “diritto penale”, “diritto civile”, “diritto amministrativo”, “diritto tributario”, “diritto del lavoro”, etc.. Ormai è all’ordine del giorno persino di “diritto internazionale”. Viceversa è raro sentir parlare di “Diritto Urbano”.

Il “Diritto Urbano” non è l’insieme di leggi in materia urbanistico-edilizia, o in materia di edilizia antisismica, o ancora in materia di tutela del paesaggio, di beni culturali, di bellezze d’insieme, di tutela dei centri storici, etc.. Il “Diritto Urbano” è “Il riconoscimento pubblico ad una vita decente ad una socialità condivisa.”

Un progetto urbanistico altro non è che un programma di azioni concrete che tende a dare forma al futuro sociale di una comunità, secondo una determina idea, secondo un ideale. Questo ideale può essere un ideale umanistico, ma anche il suo esatto contrario, a seconda si quale categoria di pensiero lo concepisce.

Ogni strumento urbanistico fa sempre riferimento ad una visione precisa sui rapporti sociali. Il filosofo e giurista tedesco Carl Schimitt sosteneva che “Non esistono idee politiche senza uno spazio cui siano riferibili, né spazi o principi spaziali cui non corrispondano idee politiche”.

La pianificazione urbanistica incide in maniera determinante nella qualità dei rapporti sociali, sul tipo di società e sulla struttura sociale del territorio. Un P.R.G. può essere uno strumento che discrimina o che agevola l’armonia sociale.

Un Piano Urbano e territoriale dovrebbe essere un dispositivo di qualità che declina quello che Jeremy Rifkin chiama “finalismo ecologico” e “finalismo sociale”.

I piani regolatori dovrebbero essere strumenti strategici che progettano diritti prima ancora di porre vincoli e disciplinare, a volte in modo arbitrario, l’uso dei suoli. Strumenti concepiti nell’interesse generale e non nell’interesse di pochi o di alcune categorie sociali. Essi dovrebbero essere dei dispositivi finalizzati a garantire diritti, diritti non negoziabili come: il diritto alla mobilità urbana, diritto alla salute, diritto all’istruzione, diritto al lavoro, diritto alla casa, diritto alla qualità della vita, e perché no, anche il diritto alla felicità.

La loro attuazione dovrebbe distribuire opportunità in modo perequato e sufficiente. Dovrebbe garantire, a tutti, opportuni spazi destinati: all’abitazione (residenze per tutti); al lavoro (sviluppare le vocazioni del territorio e puntare alla piena occupazione della comunità); alla socializzazione (centri sociali, piazze, etc..); al tempo libero e al riposo (palestre, parchi, giardini, etc..); alla cura (presidi sanitari, ospedali, etc..); alla crescita culturale (cinema, teatri, musei, etc..); alla facilitazione degli spostamenti (sistemi efficienti di mobilità e trasporto pubblico, strade, ferrovie, stazioni, etc..).

Ma l’abusivismo conviene?

Come non esiste esule volontario, come nessun emigrante lascia la sua terra spontaneamente (diversamente li chiameremmo turisti o viaggiatori), così non esiste chi, potendo costruire o ottenere la casa dei suoi bisogni, in modo legittimo, regolare e sicuro, si avventura a costruirne una abusiva, mettendosi in un mare di guai e di rischi.

Ma allora, perché chi non ha una casa invece di comprarla tra quelle già fatte o di costruirla nelle zone edificabili sicure la costruisce nelle zone a rischio e là dove i P.R.G. non lo consentono?

Sono tutti speculatori, prepotenti e incivili? Oppure per molti di questi la possibilità di ottenere la casa legalmente non esiste poiché il soddisfacimento delle loro necessità non è previsto dagli strumenti urbanistici e dalle leggi dalle quali i medesimi strumenti derivano?

Forse tutto dipende da chi fa le leggi urbanistiche che, sempre più, sono orientate a favorire feroci processi speculativi che determinano gravi asimmetrie di trattamento sociale?

Se i piani regolatori contenessero il giusto dimensionamento affinché tutti i cittadini potessero accedere al bene casa, chi si costruirebbe una casa abusiva avendo la possibilità di averne una regolare con tutti i confort, in piena sicurezza, in ottime condizioni igieniche, ubicata in luoghi salubri forniti di efficienti sistemi di trasporto pubblico, di servizi, di opere di urbanizzazione primaria e secondaria?

Chi rischierebbe ingenti risorse economiche, in molti casi i risparmi di una vita, realizzando abusivamente la sua casa, se avesse una concreta alternativa?

Chi andrebbe a vivere, in zone a rischio, non urbanizzate, isolato ed in assenza di servizi essenziali, se avesse la possibilità di un alloggio confortevole ad un prezzo accessibile in città o in zone urbane attrezzate, senza dover accendere mutui a tassi altissimi o contrarre prestiti quasi usurai, facilitati dall’illegittimità delle operazioni edilizie?

Chi realizzerebbe la propria casa in fretta ed in economia senza il rispetto dei più elementari criteri antisismici e con materiali scadenti, se avesse la possibilità di realizzare legalmente e a buon prezzo ciò che gli serve?

Chi rischierebbe di spendere fiumi di denaro in processi, costi legali e progettuali, oblazioni, sanzioni, risarcimenti, ripascimenti ambientali, etc.?

Chi rischierebbe la galera e la demolizione di quanto faticosamente costruito se i piani regolatori fossero tecnicamente ponderati, se gli uffici tecnici fossero più attrezzati, se chi fa i controlli fosse più solerte, se le procedure giuridiche fossero più celeri e se tutto il processo edilizio fosse meno farraginoso?

La fenomenologia della casa abusiva

Avete mai visto un artigiano o un commerciante, che da soli, con le loro competenze professionali e personali sia capace di eludere il fisco, trattare con le banche per riciclare denaro in nero, evadere abilmente tasse e tributi, farla franca in commissione tributaria, muoversi tra le pieghe di leggi, regolamenti, circolari esplicative, commi, pastoie e procedimenti, sfruttandone cavilli, errori, zone d’ombra, ritardi, occasionali contingenze, espedienti interpretativi, tragiche disfunzioni delle istituzioni? Li avete visti mai destreggiarsi agili nei rapporti con le istituzioni, avvantaggiarsi dell’inefficienza attuativa delle autorità, speculare sulla lentezza delle procedure, della burocrazia e degli organi di controllo?

Questi soggetti potrebbe fare tutto questo senza l’aiuto di un ragioniere, di un commercialista, di un tributarista, di un fiscalista, di un economista, di un avvocato, di un direttore di banca, del bonario suggerimento di un amico finanziere, della dritta suggerita dal cugino impiegato all’ufficio dalle imposte, dell’ex compagno di scuola oggi geometra al Catasto o divenuto notaio?

Insomma costoro potrebbero fare quanto sopra senza l’aiuto di una figura addetta ai lavori, magari suggerita da un amico politico?

Questi al massimo possono esprime la volontà di pagare meno tasse, ma non sono certamente in grado da soli di mettere in atto i loro auspici senza avvalersi degli specialisti del ramo, degli esperti del settore. Cioè di coloro che a vario titolo dovrebbero contribuire a fargli pagare le tasse secondo legge e che invece, abili a “maneggiar le grida”, lo aiutano ad eludere o ad evadere il giusto pagamento dei tributi.

Tutto perché, come si dice: “fatta la legge trovato l’inganno”. È vero! Chi di noi almeno una volta nella vita con ha cercato l’inganno, il raggiro della legge? o almeno ha pensato di cercarlo? Spesso trovandosi inconsapevole vittima di sistemi perversi e innaturali che lo scaraventano nel paradosso di dover scegliere, senza alterativa, tra salvarsi con la disonestà o soccombere per onestà.

Il problema culturale, senza dubbio, sta in colui che cerca l’inganno.

Ma chi ne trae più utilità da questo atteggiamento? Chi viola la legge o chi lo istiga o lo aiuta a violarla?

A chi è utile che la legge sia così lasca da poter essere ingannata? Forse è utile a chi la legge la formula e l’approva? A chi dovrebbe farla rispettare? A chi controlla che sia applicata? A chi la applica? A chi poi difendere il reo?

L’ipotesi che a trovar l’inganno sia, da solo, l’artigiano o il commerciante appare assai remota.

Piani urbanistici come strumento di tutela

Tornando all’abusivismo edilizio, chiediamoci perché in altri paesi il fenomeno non esiste? E là dove si verifica è efficacemente contenuto e represso?

La risposta è semplice: altrove i processi urbanistici governano il territorio con autentici scopi umanistici ed ecologici. I piani regolatori mettono in atto strategie che sviluppano processi sociali attraverso virtuose pianificazioni urbane e territoriali concepite come mezzi di riconoscimento di diritti sociali, come strumenti per i quali è l’uomo la misura di tutto e non il danaro, la speculazione o il privilegio.

Questi strumenti non concepiscono le rendite fondiarie e non concepiscono l’azione privata nella gestione dei processi sociali e di riconoscimento dei diritti del cittadino. Altrove i piani urbanistici vengono meticolosamente attuati, i controlli nelle fasi attuative sono puntuali e preventivi e i collaudi nelle fasi conclusive sono rigorosi. È pacifico che un processo di sviluppo urbanistico siffatto non lascia spazio ad abusi, perché in assenza di speculazione fondiaria non c’è abusivismo edilizio.

Le cause dell’abusivismo

Così se vogliamo spiegarci le vere cause che hanno determinato l’ultima tragedia a Casamicciola basta guardare ai modelli di gestione del territorio dei paesi più evoluti che non consentono il realizzarsi nemmeno di uno sgabuzzino abusivo e che garantiscono a tutti il fabbisogno edilizio in condizioni di sicurezza e di protezione degli equilibri ecologici ed ambientali.

Nel comune ischitano, come in tutta Italia, gli abusi edilizi realizzati in aree a rischio, ove vige l’edificabilità assoluta, le amministrazioni locali non riescono a prevenirle, ad impedirle in fase di costruzione e meno che mai ad abbatterle, poiché queste sono l’inevitabile conseguenza di pianificazioni miopi, ed in alcuni casi scellerate.

Se tutta la ricchezza che un P.R.G. produce sul territorio fosse distribuita in modo perequato ogni cittadino italiano avrebbe, come altrove, il necessario per vivere bene. Invece non ha nemmeno il “minimo esistenziale”: quello che serve all’uomo dal punto di vista biologico, emotivo, culturale e sociale.

Ed è proprio non dando questo “minimo esistenziale” che il potere politico e amministrativo prospera. Prospera creando disagi e necessità. È lui l’artefice, perché ha il potere di fare bene e non fa. Pasolini diceva “Peccare non significa soltanto fare del male, non fare il bene è anche peccare.

Siamo il paese che ha il più alto numero di alloggi privati invenduti, quello che ha il più alto deficit di case popolari, e l’unico che ha un endemico fenomeno di abusivismo edilizio, che puntualmente produce, vittime è devasta uno dei paesaggi più belli al mondo, compromettendo irreversibilmente la qualità dell’ambiente naturale con gravi ricadute sulla salute pubblica.

Abbiamo sancito per legge l’“abusivismo per necessità”, per il quale è previsto un alleggerimento della sanzione pecuniaria, acclarando l’incapacità di chi fa le leggi di non riuscire a garantire, con le leggi stesse, le necessità dei cittadini ed il loro diritti ad avere una casa e una strutturazione sociale dignitosa.

Pertanto la fenomenologia dell’abusivismo edilizio”, che produce scempi irreversibili e determina alti livelli di rischio sismico, difficili o impossibili da mitigare, a chi conviene? Pensiamo ancora che convenga all’abusivo? Esattamente come egli stesso crede, cimentandosi, inconsapevole, nell’avventura, a perdere, dell’illegalità edilizia? Ovviamente no! Egli è solo reo e vittima, al tempo stesso. È solo strumento delle lusinghe di chi promette condoni in cambio di voti. Egli è come un fuscello tra le onde prodotte da politici, amministratori, burocrati, tecnici, professionisti, avvocati, tribunali, etc..

Il sistema si tiene a discapito dell’ambiente e della socialità, e quando arrivano i morti, il capro espiatorio è bello e pronto: la colpa è dell’abusivismo edilizio e con esso del mancato rispetto delle leggi.

Quali leggi? Quelle che consentono a dei disonesti di fare certe norme che sono il rimedio peggiore del male, senza assumersi nessuna responsabilità, preordinando con esse l’ottenimento di consensi politici e vantaggi personali a discapito degli interessi della collettività, tutto “senza passare da criminali”. Questa facoltà impunita è riconosciuta dalle leggi che loro stessi formulano, approvano e applicano. E noi?.... Noi?!.. Continuiamo a chiamare questo trucco: democrazia.

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