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La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Addio eclettismo messinese, si inaugura una nuova stagione architettonica: quella dolciaria

Alcuni dei palazzi del centro della città appena ultimato il restauro evocano delle torte con le classiche decorazioni alla panna. Il fenomeno del “Cancellauro”è ormai inarrestabile e sta offrendo alla città delle nuove cromie urbane a dir poco folkloriche e nuove architetture a volte imbarazzanti

Siamo ormai alla totale alla cancellazione di quel “falso storico” che fu l’eclettismo messinese e la sua anacronistica espressività.

Le architetture che con i loro apparati decorativi segnarono l’estetica della città risorta dopo il trauma del 1908 stanno cambiando volto.

Gli ultimi involucri ancora integri, sopravvissuti ai bombardamenti del 1943 e alle demolizioni e alle soprelevazioni incoerenti degli anni 60-80 del secolo scorso, oggi stanno per cadere definitivamente nell’oblio. Cancellati, anzi peggio, sovrascritti da improbabili pitture e impropri strati di intonaco colorato che ne deformano l’espressività originaria rendendoli amorfi.

Le pietre artificiali o amalgama di cemento rappresentano una peculiarità dell’architettura neo eclettica messinese sono, per il loro portato semiotico, una delle poche testimonianze incontaminate che narrano autenticamente come andarono le vicende sociali e politiche in riva allo Stretto durante la rinascita.

Architettura, carrellata sui palazzi prima e dopo

Questo materiale moderno adottato dalle avanguardie artistiche tra l’800 e il ‘900 a Messina non fu la forma di un’idea progressista, come quella del floreale di Ernesto Basile, che nei primi anni del XX secolo si diffuse in tutta la Sicilia, divenendo cifra autoctona, bensì una anacronistica cifra reazionaria. Fu un corto circuito di senso avvenuto per fini prosaici. Linguaggi passatisti espressi con una tecnologia modernista. Tutto per evitare di usare e scolpire la costosa pietra. Fu una sorta di vorrei ma non posso, un banchetto di nozze pomposo dove si offrono, ad invitati sempliciotti, fichi secchi spacciandoli per alta cucina gourmet.

Imprese venute dal nord, costruirono per una borghesia agraria che dall’entroterra guadagnava il cuore della città, trapiantandosi nella progenie messinese come un organo malato in un organismo appena nato.

Del valore culturale e del senso delle amalgama di cemento più volte abbiamo parlato in questa rubrica (per un approfondimento clicca qui).

La pitturazione della memoria ormai in fase acuta è stata facilitata dai Bonus per l’edilizia. Si tratta di sgravi fiscali che se ben operati rendono al proprietario la possibilità di restaurare gli involucri architettonici quasi gratis. Ciò ha sviluppato notevolmente la convenienza ad intervenire. Così in assenza di un regolamento e di opportuni protocolli che disciplinino gli interventi su questi speciali impasti finalizzati ad un restauro di tutela e conservazione inevitabilmente si lascia campo libero alle pratiche più semplici, sbrigative e prosaiche della ristrutturazione edilizia.

Queste agevolazioni si sono rilevate, come era facile prevedere, un grande affare per gli istituti finanziari che stanno facendo profitti insperati evitando di pagare tasse miliardarie al fisco, guadagnando provvigioni da capogiro che spesso raggiugono il 30% degli importi delle operazioni edili superando sempre e comunque il già stratosferico interesse del 10% imposto ope legis.

Un affare su vasta scala, che garantisce così alte provvigioni a chi anticipa i denari, che comunque graverà prima o poi, su tutti i cittadini, anche quelli che in questa fase se ne stanno avvantaggiando, automaticamente impoverisce la qualità architettonica omologandola su  standard esecutivi, forme e materiali semplificati.

Tutto ciò, nel restauro di organismi di pregio storico-artistico, si traduce in gravi perdite di valore culturale. L’ennesimo sacrificio della memoria sull’altare del profitto finanziario.

Nel caso di Messina il rifacimento delle facciate neo eclettiche sta avvenendo in modo libero ed inconsulto provocando notevoli perdite di valore documentario. Si tratta di un intervento cancellatorio, che riguarda anche altre architetture di notevole pregio stilistico. Molti di questi interventi impropri sono stati operati anche sul patrimonio architettonico neo realista e razionalista, di cui diremo in altra sede.

Le superfici dei prospetti, riprese le fratture dei supporti e rimodellati i fregi e gli apparati decorativi (in molti casi senza applicare ortodosse tecniche di restituzione delle forme originali), sono sic et simpliciter ricoperti da film o intonaci colorati, riservando alle decorazioni un’improbabile colore bianco che nasconde definitivamente l’effetto bugiardo della pietra scolpita tipico dell’amalgama peloritane.

Così la città ha inaugurato una nuova stagione architettonica: quella dell’architettura dolciaria.

Alcuni dei palazzi del centro della città appena ultimato il restauro evocano delle torte con le classiche decorazioni alla panna.

Il fenomeno del “Cancellauro” (leggi anche "Il restauro che cancella") è ormai inarrestabile e sta offrendo alla città delle nuove cromie urbane a dir poco folkloriche e nuove architetture a volte imbarazzanti.

Una stratificazione coprente applicata su uno dei pochi fenomeni architettonici che avrebbe potuto testimoniare una storia inconfessabile alle generazioni future.

Messina è una città che cancella. Una città che alza cancelli invalicabili e oscuri per impedire l’accesso alla memoria.

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Addio eclettismo messinese, si inaugura una nuova stagione architettonica: quella dolciaria

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