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Venerdì, 29 Marzo 2024
La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Mandalari, dalle pinete al manicomio per cancellare memoria e dignità

Viaggio nella “Villa della salute” che vide rinchiuso e morire fra gli elettroshock anche l'anarchico Puglisi. Ieri come oggi sacrificati sull'altare delle sperimentazioni di pseudo scienziati

“Mi intrufolai tra alcuni consiglieri provinciali in visita di controllo. Fu uno shock: ricordo ancora i vari cameroni malamente riscaldati da piccole stufe a legna, e l’umidità che affiorava visibilmente dal pavimento; ricordo la luce fioca e l’odore terribile di creolina mista a feci; ma soprattutto ricordo l’umanità dolente dei ricoverati, vestiti in modo sommario e costretti a stazionare inoperosi sulle panche disposte lungo le pareti. Una qualche parvenza di cure ospedaliere era possibile osservarla solo nei reparti Infermeria e Osservazione. Grottesco il reparto paganti, dove erano isolati i membri di famiglie facoltose: avevano diritto a camerette singole in cui vivevano come reclusi, nell’edificio che era stata la villa di Mandalari. I medici tenevano assai scarsi contatti con i pazienti: chiusi nell’empireo della Direzione, o isolati nei loro uffici, operavano attraverso l’occhiuto filtro delle atroci monache che spadroneggiavano incamerando donazioni e generi alimentari destinati ai malati, arrivando persino a incamerare le pensioni. Gli infermieri, assunti senza alcuna qualifica, con criteri rigidamente clientelari, erano divisi in gerarchie di “capi e sottocapi”, che a loro volta delegavano i pazienti più capaci: la sopraffazione era la regola.”

Si tratta di uno stralcio del report Giuseppe Alibrandi apparso sul Giornale “L’Ora” di Palermo, era il 1968.

A Messina, dove l’affluente Badiazza si versa nel corso del S. Michele e i due fiumi cominciano insieme la loro discesa verso il mare, sulla sponda sinistra, alla fine del XIX secolo si trovava un’ampia e lussureggiante pineta, ove sorgevano le vestigia dell’antico Monastero di Santa Maria del Gesù. Un luogo isolato, difficile da raggiungere. Per arrivarci bisognava guadare il fiume che quell’epoca era ricco d’acqua. Un luogo adatto all’isolamento.

Mandalari, la villa della salute che ritirava gli uomini dal mondo

Fu lì che Lorenzo Mandalari, nel 1897, realizzò, la “Villa di Salute”: un manicomio privato maschile e femminile nato per supplire la carenza di strutture di ricovero per malati di mente di cui la città all’epoca pativa. Prima i malati messinesi venivano allontanati e ricoverati in altri nosocomi specializzati dell’isola, molto spesso a Palermo dove c’era un ospedale psichiatrico. Quando non era possibile allontanarli venivano internati nel carcere cittadino insieme ai detenuti.

Il Manicomio era molto ritirato. Ad esso si accedeva solo dalla via Palermo, entrando in un grande parco, attraversato il quale si giungeva in riva al fiume dove c’era una zona di orti chiamata “colonia agraria”, dove gli internati venivano messi a lavorare i campi. Da questa area si giungeva ai padiglioni e alle cliniche passando attraverso un piccolo ponticello che costituiva l’unica via da e per l’esterno.

Uomini e donne “ritirati” dal mondo

Così i pazienti venivano strategicamente sottratti a qualsiasi contatto con il mondo: venivano ritirati.

Nell’immaginario collettivo quel luogo divenne il Ritiro (che presto diventa toponimo): un posto dove si confinavano i malati di mente, dove si internavano i così detti alienati in modo che non potessero più turbare la quiete e la socialità pubblica.

Retrospettivamente possiamo dire che quel presidio sanitario fu un luogo di sofferenza e di forzata coercizione, dove si praticavano i protocolli lombrosiani, secondo i quali l’attitudine al crimine è innata e la si riconosce dalle caratteristiche anatomiche e dalle anomalie comportamentali, come quelle di chi non si integra secondo gli schemi comuni o soffre di disagi mentali.

Nella “Casa di Salute” di via Palermo furono internati migliaia di disadattati, di povera gente, persone fuori dagli schemi, semplici malati e ribelli politici che venivano annientati nella volontà. Fu il luogo dove vennero internati centinaia di dissidenti politici e molti anarchici, tra i quali Antonino Puglisi “Il Libertario dei Nebrodi”, uno del famoso gruppo di dissidenti anarchici di Librizzi (Leo Giancola, Francesco Martino, ed altri).

Miltante antfascista e l'elettroshock: “Nessuno valse a farmi piegar la fronte”

Il militante antifascista fu internato il 4 maggio del 1928, all’età di 30 anni, falsamente dichiarato affatto da sindrome schizofrenica e demenza precoce. Ivi morì il 28 agosto del 1929, dopo essere stato sottoposto all’ennesima terapia elettroconvulsiva inventata qualche anno prima da Ugo Cerletti.

Prima di morire l’indomito anarchico inviò una drammatica lettera ai compagni nella quale, informandoli sugli atrici trattamenti a cui era sottoposto, così concludeva: “Nessuno valse a farmi piegar la fronte”.

Ugo Cerletti fu un neurologo lombrosiano che applicò per primo il sistema terapeutico elettroconvulsivante comunemente chiamato “elettroshock”. Egli così sostanziava gli argomenti a sostegno dell’efficacia della sua nuova terapia: “Sono andato all’ammazzatoio per osservare questa – macellazione elettrica - e ho visto che ai suini sono applicate grosse pinze metalliche sulle tempie, poi collegate alla corrente elettrica. Appena applicate le pinze gli animali hanno perso conoscenza, si sono irrigiditi, e poi, dopo qualche secondo sono stati scossi da convulsioni, non diversamente dai nostri cani da laboratorio. In questa fase d’incoscienza (coma epilettico) il macellaio ha potuto pugnalare e dissanguare gli animali senza difficoltà.”

Lorenzo Mandalari fu un’esponente di spicco della psichiatria italiana dell’epoca, calabrese, di Melito Porto Salvo, classe 1855, finito a Messina per motivi sentimentali, dopo aver operato all’ospedale di Aversa, fu allievo dell'antropologo e frenologo positivista Ezechia Lombroso, conosciuto come Cesare, che ebbe modo di conoscere durante l’operazione contro il brigantaggio che il positivista veronese condusse in Calabria.

Mandalari scrisse il manuale di psichiatria “Degenerazioni nella pazzia e nella criminalità: classificazione di una miscellanea criminale” che fu un capo saldo della scuola lombrosiana.  In questo compendio di clinica psichiatrica egli divideva i malati mentali in due categorie: delinquenti degenerati e non degenerati. I primi a loro volta li distingueva in: sadista assassino, omicida selvaggio a tinta politica, patricida o matricida paranoide, i secondi in: ladro camorrista e buffone, imbecille morale freddo, erotomane, donna criminale pazza, paranoici, brigante persecutore transitorio.

Morì vittima del terremoto del 1908 ed Il suo manicomio divenne nel 1928 Ospedale Psichiatrico “Lorenzo Mandalari”.

Un luogo per oscurare la memoria

Un insieme di architetture concepite per essere luogo dove oscurare la memoria e cancellare la dignità degli uomini. Non sempre l’architettura è spazio modellato per le necessità dell’uomo.

Le teorie di Lombroso e di Mandalari si sono rivelate col tempo prive di fondamento scientifico, ma per l’abolizione dei manicomi si è dovuto attendere il 13 maggio del 1978 quando è stata approvata la legge n. 180, conosciuta come “Legge Basaglia”.

Una legge intitolata a Franco Basaglia, neurologo e psichiatra esemplare che in tutta si è battuto per riformare la psichiatria italiana imbrigliata fortemente in perniciosi retaggi positivisti. Egli sosteneva con convinzione il principio della non coercizione forzata per coloro che soffrono di disagi psichici e ne aboliva il confinamento.

Riportiamo questo brandello oscuro di storia della medicina italiana per rendere onore a tutti coloro che, certificati “diversi” e considerati clinicamente pericolosi, vennero prima alienati e poi sacrificati da una pseudo scienza dogmatica riconosciuta da un potere che ne fece un’arma contro gli avversari. Grazie alle teorie di Lombroso il potere sabaudo sterminò, soprattutto al sud, gli oppositori, i briganti, i renitenti alla leva e tutti coloro che non vollero essere conquistati.

Una storia che oggi impone una lucida riflessione sulle certezze scientifiche inappellabili con le quali oggi si sta imponendo il ritiro forzato dei cittadini, riducendone le libertà fondamentali, violando i diritti della persona. Facendo riferimento ad empirici dogmi biologici si sta violando la costituzione e sospendendo la democrazia, non in nome di una nuova ideologia ma di una fumosa visione scientifica sospettamente subalterna alle multinazionali del farmaco.

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