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La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Messina come Maurilia, "città invisibile" dal passato che resiste solo nelle foto color seppia

Vecchie cartoline illustrate per riflettere su un territorio le cui tracce non stanno più neanche nelle pietre, negli spazi di relazione, nei luoghi comuni oggi popolati da abitanti che vivono permanentemente nella nostalgia di un passato omettendo di progettare il futuro

Era il 1972 quando Italo Calvino pubblicava “Le città Invisibili", uno dei più grandi trattati di urbanistica mai scritti.

Non è un manuale di tecnica della pianificazione territoriale bensì un campionario delle emozioni che possono fornire le città.

Il grande autore non spiega quel che vedono i nostri occhi ma ciò che percepisce il nostro inconscio quando visitiamo le città.  Ci spiega come queste siano sempre un contenitore di emozioni e come sia possibile viverle. Ci insegna a cogliere l’anima delle città e leggerle.

Illustra come quelle pietre modellate dall’uomo siano la sintesi dei caratteri di un pensiero collettivo, di una forma mentis comune. Spiega come le forme delle città plasticizzano le vicende, gli usi, i costumi, che danno vita al codice genetico della comunità che le abita.

Messina ieri e oggi, le cartoline della memoria

Ci fa capire che i pieni e i vuoti delle città, i loro segni e i loro simboli siano la forma della loro storia sedimentata con unicità espressiva nelle architetture, piazze, strade, viali, palazzi, monumenti.

“A Maurilia, il viaggiatore è invitato a visitare le città e nello stesso tempo ad osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima…. Per non deludere gli abitanti occorre che il visitatore lodi la città nelle cartoline e la preferisca a quella presente, attraverso ciò che è diventata si può ripensare con nostalgia a quella che era”.

Maurilia è Messina, città “moderna” con un passato le cui tracce non stanno più nelle pietre, negli spazi di relazione, nei luoghi comuni, ma nelle foto color seppia che la ritraggono com’era prima di quel drammatico 1908. I suoi abitanti vivono permanentemente nella nostalgia di un passato totalmente cancellato distraendosi accidiosamente dal presente e omettendo di progettare il futuro.

Questo atteggiamento è generato da un processo mentale collettivo che deforma il senso di un normale legame identitario tra il nuovo luogo città e i nuovi cittadini. Questi ultimi sentono sempre impellente il bisogno di sottolineare, in modo marcatamente enfatico e autoreferenziale, il loro legame con un passato, divenuto chimerico, chiamando questo impulso: “messinesità”. Come coloro che esibiscono ciò che non hanno.

Si servono di quel passato, travolto dalla natura e cancellato dagli uomini, con il quale non hanno più alcun legame, per vantare, in forme apologetiche, quel che non gli appartiene, giustificando l’inaccettabilità del presente, come dei blasonati caduti in disgrazia.

Si tratta di un’ostentazione pleonastica che ricorda taluni omossessuali che durante il fascismo esibivano certificazioni mediche che attestavano la loro virilità per sfuggire la feroce discriminazione di una legge ingiusta e barbara ma al tempo stesso svelavano platealmente la verità, poiché chi è virile non ha bisogno di alcun documento che lo attesti.

C’è da chiedersi perchè questo impulso non assale anche cugini palermitani e catanesi, i quali non parlano mai di catanesità o di palermitanità, a loro basta dirsi catanesi o palermitani per definire in modo tautologico la loro indiscutibile identità.

“Gli dei sopra quei luoghi” .. prosegue Calvino.. ”se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei. Non esiste tra loro alcun rapporto, così come le vecchie cartoline non rappresentano Maurilia com’era, ma un’altra città che per caso si chiama Maurilia come questa”.

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