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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

La Messina di pietra vera dispersa nel giardino del Museo regionale

Una città solenne, con forte identità, sostituita da una finta e artificiale. Ma dopo le macerie potrebbe ora toccare allo Stretto, uno scenario naturale tra più suggestivi al mondo minacciato dal Ponte

E’ sotto gli occhi di tutti. Basta transitare lungo il marciapiede che circonda il Museo regionale. La si vede oltre la recinzione, in bella vista.

La Messina di pietra vera è lì, solenne, ieratica piena di espressività nobile e concreta. E’ lì che versa in frantumi mai recuperati.

Nella spianata del Museo giace la Messina vera quella sostituita da una Messina falsa, fatta di ossimoriche pietre finte, le così dette “pietre artificiali”.

La Messina di pietra vera e la Messina di pietra finta, plateale conseguenza di una feroce speculazione.

Una lucida metafora di una trasformazione antropologica e sociale avvenuta dopo il 1908, un trapianto coloniale di una città conquistata dal un feudalesimo di ritorno.

Eccole lì, le pietre vere, ad esprimere tutta la loro bellezza secolare.

I frammenti della Città di Pietra nel giardino del Museo Regionale

Quei reperti, più di ogni altra fonte, ci danno l’idea di una città nobile, maestosa, fortemente identitaria.

Ora la città vera, millenaria, giace in brandelli che nessuno si perita di recuperare da oltre un secolo l’altra, fragile e volubile, che viceversa fa di tutto per nascondersi. Cerca di cambiare pelle, con impropri restauri, per propinarci un’altra impostura sull’esempio della tabula rasa borziniana.

Da quel tragico 28 dicembre si sono susseguite perdite su perdite, la città è stata depredata della sua bellezza e della sua identità. Dall’ora vi è stata una regressione estetica e culturale inversamente proporzionata a quanto avrebbe dovuto suggerire la bellezza orografica e naturale in cui essa sorge e si affaccia.

Di questa bellezza naturale i nuovi messinesi non sono stati e non sono ancora all’altezza.

Dopo la città ridotta in frantumi ora tocca ad uno scenario naturale tra più suggestivi al mondo.

E’ giunto di nuovo il momento di ripensare alla distruzione dello Scill’è Cariddi, mandando in frantumi il suo ecosistema, il suo inestimabile valore paesaggistico.

Del suo fascino, della sua magica percezione, dei suoi miti, resteranno solo frammenti nella memoria dei messinesi, confusi e dispersi come quelli della bella città di pietra giacenti nella spianata del Museo.

Del fatale effetto che l’opera avrebbe su quell’incanto, Mico della Boccetta ci aveva metaforicamente ammonito già da tempo:

U ponti saria tràggica, immensa cicatrici, comu ‘nu sfreggiu orribili ‘nta faccia di un ‘attrici,..”

Una ferita mortale sull’identità millenaria di un luogo e del suo popolo che per secoli lo ha abitato.

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