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Giovedì, 28 Marzo 2024
La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Agnello pasquale e i pasticcieri di Dio, la scuola messinese che ha fatto la storia

Dal caposcuola Marano, tutti i grandi interpreti di una tradizione che si è imposta per raffinatezza e capacità decorative. Segreti e protagonisti di un'arte che ha lasciato una grande impronta negli occhi e nel palato

Oggi vediamo nelle vetrine delle pasticcerie siciliane dolci ricoperti di glasse lucide, dai colori improbabili e dai gusti sintetici, al cui effetto specchio è rimandata tutta l’efficacia estetica; l’abilità pasticcera si limita a semplici immersioni di rustiche imbottiture in coperture standardizzate e omologanti. È la pasticceria della globalizzazione. Una cifra postmoderna (che riscontriamo analoga in tutte le pasticcerie, da Bolzano a Mazzara del Vallo) originata da un processo di semplificazione esecutiva che un tempo, nell’ambiente dei grandi pasticcieri isolani e messinesi in particolare, sarebbe stata un’inaccettabile eretica banalizzazione, nemmeno degna di un apprendista.

L'agnello di Dio e la scuola dei pasticcieri messinesi

La pasticceria siciliana oltre ad essere un miracolo alchemico (le ricette dei pasticceri non sono empiriche come quelle dei cuochi, ma perfette ed invariabili formule chimiche che basta alterare, anche lievemente il peso degli elementi o la modalità d’esecuzione, che tutto si distrugge) è anche una grande arte espressiva.

Un’arte artigiana che oltre ai supremi contenuti di gusto vanta un’estetica magistrale.

I pasticcieri siciliani con le loro grandi capacità decorative sono dei veri e propri artisti. Creano forme che veicolano i simboli di un’identità secolare declinando i temi della cultura siciliana al pari di scultori, ceramisti, ebanisti, etc..

La loro espressività formale è di alto livello artistico. Un’arte con il valore aggiunto di essere prelibatamente commestibile.

La pasticceria siciliana rispetto alle altre propone un cambio di paradigma disciplinare: non è l’ingrediente, la lavorazione e la cottura a dare forma ai suoi prodotti, bensì l’avere nel proprio repertorio materiali “semilavorati”, dalle grandi caratteristiche plastiche che consentono di esprimere raffinate abilità artistiche.

Con queste modellano forme che spesso sono una delle più efficaci sintesi di quell’arcipelago culturale, fatto di innumerevoli stratificazioni storiche, di mille profumi ed infinite dolcezze inebrianti, che è la Sicilia.

Un esempio su tutti è la pasta reale, una versione della pasta di mandorle (zucchero e mandorle a caldo) di cui si avvalse per la prima volta Eloisa Martorana per scolpire finti frutti fuori stagione da appendere agli alberi del giardino del suo monastero per sbalordire il Re Gugliemo II, che gli aveva concesso l’onore di farle visita. Ciò spiega l’etimo della “Frutta Martorana” e il perché il suo impasto si chiama “Pasta Reale”. Una pasta dolce facilmente plasmabile con la quale gli abili pasticceri siciliani da allora scolpiscono i loro stilemi.

L’arte dei pasticcieri siciliani è una delle forme più autentiche della vera identità del popolo siciliano e si sublima nelle sue tradizioni.

Un’arte minore applicata ai dolci che declina gli stessi temi delle arti maggiori, dando il suo notevole contributo al gusto estetico dei siciliani con le sue cifre barocco-rococò, come talune leziose ridondanza di certe cassate.

Dolci e Feste in Sicilia sono come sinonimi. Non c’è festività senza dolce tipico e non c’è dolce tipico che non faccia riferimento ad una specifica tradizione. I dolci nascono per la festa ed è festa quando ci sono i dolci. Non vi è comunità locale che non abbia il suo dolce tipico, la cui forma non abbia portati simbolici di natura socio-culturali.

I Dolci per i siciliani, per molto tempo, sono stati gli elementi di consolazione che scandivano il trascorrere del tempo e sottolineavano i momenti più lieti della loro esistenza

La scuola messinese

In questo scenario, la scuola dei pasticcieri messinesi, si distingue per essere più raffinata sia nel gusto che nella forma. L’influenza francese l’ha liberata da certi prosaicismi ghiotti e dall’enfasi ridondante delle altre scuole isolane.

La pregiata tradizione messinese annovera tipicità autoctone di alta pasticceria per ogni ricorrenza e le festività pasquali non fanno eccezione.

Tra i tanti dolci pasquali messinesi ci piace fermare l’attenzione su due specialità con le quali si celebra la tradizione cristiana e più specificatamente il tema della resurrezione di Cristo, interpretando il simbolismo cattolico dell’Agnello di Dio.

Nell’iconografia cristiana l’Agnus Dei è uno dei simboli più importanti correlati alla rappresentazione del sacrificio di Gesù ed assume valenza di simbolo della cristianità.

Esso viene raffigurato con la croce, con il labaro o con lo stendardo della resurrezione. Non vi è declinazione artistica che non abbia celebrato questo tema: basti pensare all’Adorazione dell’Agnello Mistico di Jan van Eyck, o alla famosa opera i Leonardo da Vinci “Sant’Anna, la vergine e il bambino con l’agnello” dove il mite ovino abbracciato da Gesù bambino rappresenta prolessicamente il suo martirio. Tantissime sono le rappresentazioni dell’Agnus Dei nella scultura, soprattutto quella medievale.

 Anche nella tradizione cattolica siciliana, l’Agnello di Dio rappresenta Gesù sacrificato dal Padre per svelarsi agli uomini. La metafora fa riferimento ad uno degli più celebrati episodi del Vangelo dove Giovanni Battista vedendo passare Cristo, lo indica dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio”.

L’arte pasticcera messinese declina questo tema mistico in forma artistica straordinaria con due tipicità di dolci pasquali:

- l’Agnello di Dio, raffigurato in atteggiamento ieratico con croce e labaro ed altre simboliche decorazioni, evidente richiamo a Cristo che risorge, tutto scolpito in pasta reale ripiena di squisita gianduia nocciolata o di torrone gelato;

 - l’Agnello di Dio su cuscino: chiaro richiamo al guanciale dove Cristo alzerà il capo, come primo atto di resurrezione. Si tratta di una raffinatissima decorazione su pasta reale imbottita di pan di Spagna farcito con gianduia nocciolata o con marmellata di albicocca e amarene sciroppate. Guanciali capolavoro eseguiti in varie fogge e stili, alcuni di una veridicità straordinaria, sui quali veniva adagiato un piccolo Agnus Dei realizzato come descritto in precedenza.  

Queste due preparazioni, esempi di raffinata arte pasticciera, popolavano nei giorni di Pasqua le vetrine dei pasticcieri messinesi che facevano a gara a superarsi in verosimiglianza e cura dei dettagli, sbalordendo i cittadini. Gli agnelli dalla dolce espressività sembravano belare e i cuscini parevano veri morbidi guanciali pari a quelli scolpiti da Lorenzo Bernini o da Giuseppe Sammartino.

Queste effimere opere d’arte, sono ormai superate dalla Nuova Pasticceria Globalizzata e restano solo un pallido ricordo ancora per pochi messinesi. Un piacevole ricordo sensoriale che proveremo qui ad evocare con alcune foto di qualche tempo fa, alle quali si rimanda.

Erano opere così belle che a mangiarle ci si sentiva sacrileghi e iconoclasti, fino a quando il palato non aveva il sopravvento ed il senso del gusto trionfava su quello estetico e culturale.  

Nell’allegato repertorio fotografico si può evincere il grande livello che aveva raggiunto la scuola messinese costituita da un gruppo di pasticcieri artisti di grande talento che vantavano una colta ed abile tradizione artigiana. E’ bene ricordarne alcuni tra i più celebri:

Salvatore Irrera; Antonio Picciotto; Nino Molonia; Nino Celona; Charlie Jeni; Mimmo Trapani; Piero De Pasquale; Pippo Freni; Pippo Casagrande; e ancora Billè, Doddis e qualche altro che certamente mi sfugge, verso la cui memoria mi scuso.

I primi tre furono allievi di Luigi Marano, che uno dei più grandi interpreti della pasticceria siciliana, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, perfezionatosi a lungo in Austria e in Svizzera, e caposcuola di quella messinese. Gli altri furono allievi dei primi tre.

Tutti grandi artisti e grandi uomini che hanno sublimato la loro esistenza nell’arte pasticciera. Essi non facevano i pasticcieri: erano pasticcieri!

Furono grandi maestri dall’ortodossia poetica e segnarono il gusto dei messinesi lasciando nei loro occhi e nei loro palati un’impronta che ahimè oggi sembra quasi svanita, cancellata dalla globalizzazione e dal marketing.  

Con le loro sbalorditive vetrine affollate di dolci opere d’arte hanno interpretato e difeso la tradizione e l’identità siciliana e messinese. Oggi la loro esperienza viene consegnate all’oblio. Non è più tempo di localismi e abilità artigiane, i loro pochi epigoni debbono adattarsi a quanto richiede il mercato globale, le identità autoctone sono ormai Genius loci sempre più fragili.

A volte, come direbbe Erri De Luca: “Ci sono uomini che morendo chiudono dietro di loro un intero mondo. A distanza di anni se ne accetta la perdita solo concedendo che in verità morirono in tempo.”

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