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La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Piazza Municipio, lì dove la gente guarda e passa: è tempo di correggere oltre un secolo di smarrimento

Un luogo pensato per accogliere e avvolgere è diventato dopo il terremoto un luogo metafisico senza identità nè intimità. Serve un nuovo progetto di qualità funzionale e di alto valore civico

Nei centri storci delle città spesso la piazza è la matrice del nucleo urbano. E’ uno spazio di fondazione che mette in luce tutti i caratteri  identitari del tessuto urbano.   Le piazze nei centri storici italiani sono accoglienti, avvolgenti, sono vive. Sono vissute intensamente, nonostante la postmodernità. Sono poli di socializzazione millenaria e di grande identificazione locale. Sono luoghi di stratificazione simbolica di memorie collettive, di significanti comunemente riconosciuti, di sovrapposizioni di funzioni secolari. Sono il luogo dove da sempre si sono incrociate le vite dei cittadini. Così era anche la piazza del Municipio della Messina scomparsa dopo il fatale 28 dicembre 1908. Una piazza vera! 

Le piazze vere sono quelle piazze, intime, dove la massa architettonica della città fa una pausa, prende respiro, e lascia spazio all’uomo. Sono spazi di intimità cittadina dove si svela il Genius loci. Sono il luogo dove abita l’anima della città.  Si pensi alle piazze incastrate nelle città come Piazza Navona a Roma, Piazza della   Signoria a  Firenze, etc..   Piazze  dove è  possibile leggere il tempo nelle pietre scolpite e nella modellazione dei vuoti urbani. Sono spazi a scala umana marginati dalle architetture che consolano l’animo di chi le vive facendo da effetto nicchia.

Anche Messina aveva piazze del genere, e la più importante era Piazza Municipio: un luogo di socializzazione discreta, retrostante al fronte chiassoso del Porto e della Palazzata. Una sorta di spazio protetto. Era la dimensione intimista della città. Appartato rispetto a quella città che si affacciava sul mare e si apriva al mondo, era il luogo dove l’antica Messina se ne stava protetta in silenzio, quasi sicura, nella sua identità.  

Le “piazze” del Municipio

Dopo il terremoto quella intimità fu violata. Quel luogo è stato dilatato sul mare. Messina risorse dalle macerie con una Piazza del Municipio ampia, sconfinata, con i margini architettonici distanti: uno spazio fuori scala e, vista l’altezza contenuta dei palazzi, fuori tempo. Qualcosa di dispersivo e disperdente.

Uno spazio metafisico dove il tempo è sospeso, come in un quadro di De Chirico.  Fu da subito uno spazio spoglio che forse voleva essere razionalista ma risultò assolutista: la piazza dell’ordine, delle adunate controllabili. Un spazio agorafobico, che non facilita la sosta e non permette la relazione. Oggi è uno spazio schiacciato da una vegetazione che impedisce l’indugio sotto le sue fronde e stimola l’affrettare del passo per sfuggire ad una strana sensazione di Forca Caudina. E’ una piazza dove la gente guarda e passa. Dalla sua realizzazione fino agli anni sessanta del secolo scorso fu spazio di grandi adunate, di spettacoli epocali di decine di migliaia di spettatori, (il  teatro dei 12.000), ma non fu mai una piazza dell’identità e dell’intimità.   

Forse è venuto il momento di ripensarla e correggere oltre un secolo di smarrimento. L’urgenza è testimoniata dall’inflazione relazionale che caratterizza due piccoli slarghi vicinori come quello di Don Giovanni d’Austria e dell’ex via Cardines. Recuperare quell’intimità preterremoto significherebbe recuperare un’identità smarrita.   Sarebbe   una risposta ad un bisogno secolare di uno spazio dove rappresentare una storia spezzata e un carattere che non c’è più, mortificato da quella messineseria spacciata per messinesità.

Un sentimento di cui tutti i messinesi sentono il bisogno proprio perché non c’è, non esiste. Non esiste più dal quel tragico 28 dicembre. Sarebbe un’operazione di coraggio, un recupero contro corrente: realizzare una piazza vera in tempo di piazze virtuali, con la presunzione di portare nella nuova piazza coloro che frequentano le piazze interne agli ipermercati. Sarebbe una piazza laica da vivere intensamente ricucendo lo strappo ormai secolare tra la piazza e il tessuto urbano. Serve un progetto di qualità funzionale e di alto valore civico.

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