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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Redazione

Le parole di due volontarie di Sant'Egidio e il ricordo del clochard Giovanni, "Se non io chi?"

Cristina Alessi e Giusy Mantarro, operatrici della Comunità, riflettono sul senso del volontariato grazie agli incontri con i senzatetto

Sporchi, ubriaconi, pericolosi, violenti, reietti, fastidiosi mendicanti, untori. Non è così, d’altronde, che si definiscono coloro che vivono per strada? Coloro che ogni notte vivono in una casa fatta di coperte e cartoni, in una casa così fatiscente da non poter dare né riparo né calore, custodendo in quel loro unico bagaglio un pezzo della propria storia identitaria, un frammento del loro essere umani. Realtà come queste a Messina ne esistono tante, anche più di quanto si possa pensare. E no, non le troverete solo nelle zone periferiche, come da immaginario collettivo, ma soprattutto nel pieno centro cittadino: propriamente ai margini delle strade, negli anfratti più bui e riparati, tra i grandi palazzi del regno della movida. 

Giovanni era uno di loro, un inutile barbone, uno scarto, un signor nessuno come, fuor da ogni moralismo, verrebbe socialmente percepito. Non è in fondo così che chiameremmo un uomo totalmente improduttivo, un ingombrante peso per una società capitalista e performante come la nostra? È certamente vero, da una prospettiva esclusivamente materialista ed efficientista ogni vita umana vale ed è ciò che produce. Eppure, se non si vuole appiattire l’esistenza alla mera effettualità, bisogna credere che esista un senso altro di considerare antropologicamente la vita, un senso che mi fa comprendere che la vita umana ha un suo valore costitutivo, che non può e non deve identificarsi con il ruolo che socialmente si investe. È così che noi vogliamo invitarvi a guardare alla vita dei tanti poveri, dei tanti Giovanni, dei tanti ultimi che forse tante volte abbiamo incontrato per strada senza mai realmente vedere. La strada mi fa capacitare del fatto che nell’essere autenticamente uomini si dà l’incontro con l’altro, altro a cui devo dare un volto, un nome, una storia familiare, un’origine, un senso. Fare questo, approssimarsi con amorevole delicatezza all’altro, mi permette di incontrare donne e uomini come Giovanni, che nella miseria e nel dolore più inimmaginabili mi insegnano ad essere grato, di quella gratitudine pura di cui, nella quotidianità reiterata, raramente si fa esperienza.  Giovanni è stato ucciso con undici coltellate per poi essere bruciato. Lo scopo? Rubargli 650 euro di pensione. La sua vita: inesistente. La sua morte: inesistente.

Eppure, noi giovani della Comunità di Sant’Egidio di Messina quello sguardo, quel sorriso, come quelli di ciascun senzatetto, non lo dimentichiamo. Come si può dimenticare l’esistenza di chi ti ha donato la straordinaria possibilità di credere nel bene? È quest’unico senso a muoverci, a spingerci ogni venerdì a preparare un pasto e una bevanda calda da portare, insieme con coperte, vestiti, parole amiche e sorrisi a chi non ha la fortuna di fare ritorno ogni sera al proprio posto sicuro. Esporsi a queste realtà, toccando con mano la sofferenza dell’altro che, seppur apparentemente non mi riguarda, in realtà mi chiama direttamente in causa, è tutt’altro che semplice. Si tratta di un dolore che mi sconvolge, che mi investe con tutta la sua irruenza e verità, ma che al contempo mi spinge a rispondere con l’azione, a non restare annichilito, a non essere indifferente. In molti casi, infatti, ciò che viene richiesto è un aiuto concreto, un supporto per coloro che hanno difficoltà, anche “banalmente”, seppur così banale non è, a mettere un piatto in tavola. Noi, come la maggior parte di voi che state leggendo queste parole, non abbiamo esperito cosa significhi sprofondare nella miseria, nella disperazione e tutto questo perché noi non abbiamo scelto, così come loro, dove venire al mondo, di chi essere figli, a quale ceto sociale appartenere. Vi sarete chiesti, almeno una volta nella vita, il perché. Perché? Per un insulso gioco della sorte, del caso: noi siamo nati dalla parte fortunata del mondo. E allora, cosa fare? Godere beatamente di questa agiatezza non scelta senza mai chiedersi: “perché proprio a me e non a loro?”. Questa domanda noi volontari ce la siamo posta e ce la poniamo, ce la poniamo ogniqualvolta doniamo il nostro tempo al servizio dell’altro, ogniqualvolta proviamo rabbia, frustrazione e un senso di impotenza dinnanzi a tutto questo male senza senso. Farsi inghiottire da un pessimismo sempre più imperante e arrestarsi in un gelido nichilismo non è per noi la soluzione. Forse saremo degli illusi, dei sognatori, ma ci piace pensare che il bene sia diffusivo, che ogni singola azione umana sia una goccia essenziale nel grande oceano del bene. 

Grazie all’aiuto di tanti, noi volontari della Comunità di Sant’Egidio di Messina ci impegniamo ad agire attivamente sul territorio, affinché si possa creare insieme una catena umanitaria. Le nostre attività coinvolgono tutte le fasce sociali, dal più grande al più piccolo, dai senzatetto alle famiglia in difficoltà, affinché nessuno sia mai lasciato solo. La scuola della pace, che a Messina si trova presso la sede della Comunità di Sant’Egidio a Camaro, è una realtà familiare che accompagna il bambino nel suo percorso scolastico e umano. È una scuola solidale, aperta agli altri, fondata sull’integrazione e sul dialogo, con l’intento di promuovere l’inclusione nelle differenze. Nessuno infatti deve essere isolato, nemmeno gli anziani, che vengono spesso abbandonati in istituti o lasciati da soli nelle proprie case. Per questa ragione la Comunità di Sant’Egidio dona loro una presenza amica, attenta ai bisogni e alle necessità di ciascuno. Soprattutto in questo difficile momento storico, in cui il rischio dell’isolamento è sempre più prossimo, il nostro obiettivo è quello di continuare ad esserci anche attraverso mezzi alternativi. I volontari della Scuola della pace, ad esempio, aiutano i bambini nello svolgimento dei compiti scolastici mediante le videochiamate. E ancora, si intrattengono contatti con gli amici anziani attraverso chiamate telefoniche, interessandosi al loro stato attuale e cercando di comprendere di cosa possano avere bisogno. La pandemia ha inoltre piegato economicamente molte famiglie, che si sono rivolte alla Comunità di Sant’Egidio per ricevere un pacco spesa mensile.  

Di fronte a queste difficoltà noi volontari stiamo cercando, in questi mesi, di accogliere e soddisfare tutte le richieste, per quanto sempre più numerose. Quest’anno, come tutti, anche la comunità di Sant’Egidio non potrà festeggiare il Natale come era solita fare, organizzando il grande pranzo con tutti i suoi amici. Eppure, nonostante la situazione totalmente inusuale, noi non vogliamo rinunciare a far sentire la nostra presenza anche se con modalità nuove. Cercheremo, difatti, di raggiungere tutti attraverso la distribuzione itinerante del pranzo e di un regalo, un piccolo dono destinato non soltanto ai bambini, ma a tutti. Certamente comprenderete quanto sia complesso riuscire in quest’impresa, sia economicamente sia logisticamente. Per questo motivo, certi di ottenere un buon riscontro, vogliamo invitarvi a partecipare attivamente a questo grande progetto. Ognuno, secondo le sue possibilità, potrà aiutare contribuendo alla raccolta fondi organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio Sicilia, al fine di coprire l’intero territorio regionale. Inoltre, saremmo grati se qualcuno volesse donarci beni di prima necessità, quali prodotti alimentari e coperte, molto richieste durante i freddi mesi invernali. È poi certamente ben accolto chiunque voglia direttamente partecipare a queste attività, offrendo il suo tempo, la sua presenza, il suo affetto. 
Se siete ancora alla ricerca del motivo che vi spinga a fare attivamente, ad esserci, a donare il vostro tempo e le vostre energie, provate, anche soltanto per un istante, a chiedervi: “se non io, chi?” 

Cristina Alessi e Giusy Mantarro 

La campagna di Natale 2020 di Sant'Egidio 

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