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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Patrimonio spa, le pulci alla partecipata con i dipendenti "a comando": ma ora la palla passa al tribunale

Il consiglio comunale mette in liquidazione la società e si apre l'ennesimo scontro con la giunta. Ma tanti interrogativi pesano. Dalla nomina del presidente ai canali istituzionali che non riportano alcun atto che dimostri l’effettiva operatività e soddisfi la trasparenza

Un nuovo accesissimo scontro alimenta l'ormai consueta bagarre tra la maggioranza consiliare e la giunta De Luca: si tratta della messa in stato di liquidazione della Patrimonio Messina spa, società interamente partecipata dal Comune. L'accusa mossa dal Consiglio alla Giunta è la presunta violazione del Testo unico sulle società partecipate, nella parte in cui prevede che il numero dei componenti del Cda non deve superare quello dei dipendenti.

La liquidazione della Patrimonio Messina spa, approvata a larghissima maggioranza nella seduta di Consiglio di venerdì scorso, potrebbe mettere un punto all’esperienza amministrativa di una partecipata fortemente voluta nell’estate del 2019 dal sindaco cateno De Luca malgrado la netta opposizione delle forze politiche, specie del Movimento 5 Stelle, secondo cui il dipartimento Patrimonio del Comune avrebbe potuto assolvere l’attività di gestione dei beni immobili con maggiore profitto e minore impiego di risorse.

Cos'è Patrimonio Messina spa? È una società in house costituita per "la gestione, la valorizzazione e la dismissione" dei circa 2000 immobili di proprietà del Comune: un'attività del tutto strategica che sarebbe servita a rilanciare gli investimenti del mercato immobiliare cittadino.

Ebbene, contrariamente alle aspettative che avevano giustificato la sua costituzione, basta visitare il sito istituzionale della partecipata per rendersi conto che la sezione dedicata all'amministrazione trasparente è tutta un vuoto a perdere: niente alla voce "bandi di gare e contratti", niente alla voce "attività e procedimenti", niente delibere, niente provvedimenti, niente di niente.

Diversa è la storia, invece, se si spulcia la sezione riservata agli "incarichi politici" in cui campeggiano tutte le nomine fiduciarie del sindaco, con tanto di atto di nomina e curriculum vitae. A partire dal presidente Roberto Cicala, nel 2018 componente del Consiglio di amministrazione di Amam spa e "deluchiano" della prima ora sin dai tempi di Santa Teresa di Riva; passando per consiglieri, revisori contabili, collegio dei sindaci… tutti al completo, non manca nessuno.

E invece no, in effetti qualcuno manca, perché, scava scava, si scopre che a mancare sono proprio i dipendenti della Patrimonio Messina spa o per lo meno i dipendenti diretti. Ecco la nota dolente su cui si giocherà la partita attorno alla legittimità dello stato di liquidazione della società.

A tal proposito, il comma 2 dell’art. 20 del Testo unico sulle società partecipate (varato nel 2016) parla chiaro: "Le società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti" sono soggette a "un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione".

L’amministrazione, tramite il vicesindaco Carlotta Previti, si è difesa sostenendo che la società aveva assunto i dipendenti "distaccati o a comando" i quali, in base a una pronuncia del Tar Emilia-Romagna sarebbero da considerare alla stessa stregua di dipendenti diretti della Pubblica amministrazione: sulla base di ciò il Tusp non sarebbe stato violato.

Ora, al di là del fatto che la sentenza del Tribunale amministrativo dell’Emilia si ispira a un orientamento della Corte di conti del 1996 e dunque di ben un decennio prima dell’entrata in vigore del Testo unico delle società partecipate, esistono delle ragioni politiche più evidenti e immediate che portano spontaneamente a porsi delle domande sulla trasparenza e sull’utilità della Patrimonio Messina spa.

Ad esempio: perché una partecipata con un ruolo così delicato e incisivo sull’economia cittadina non presentava un organico di dipendenti diretti capaci di garantire una produttività a pieno regime?

E ancora: perché non si registra alcun atto, provvedimento o delibera sui canali istituzionali che dimostri l’effettiva operatività e soddisfi la piena trasparenza della Patrimonio Messina spa, così come previsto dal decreto legislativo n. 33 del 2013?

Perché inoltre nel sito internet della società non si trovano i bilanci dai quali si evince che nel triennio precedente la società ha fatturato mediamente di un milione di euro, soglia quest'ultima prevista tassativamente dal Tusp come requisito per non incorrere nello stato di liquidazione?

Sullo sfondo, infine, un altro interrogativo appare del tutto necessario: ma il sindaco De Luca prima della revisione al piano di riequilibrio pluriennale ha controllato lo "stato di salute" di tutte le partecipate del Comune, inclusa la Patrimonio Messina spa? Avrebbe mandato in liquidazione anche questa se non fosse intervenuto prima il consiglio?

Quello che è certo è che Consiglio di amministrazione della Patrimonio Messina spa e Giunta hanno sin da subito annunciato ricorso contro la delibera consiliare. La parola quindi passerà alla giustizia, ma restano certi interrogativi che pesano. E in questi casi si sa, che la verità processuale e la verità politica spesso offrono narrazioni della realtà profondamente diverse.

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