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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Terremoto 1908, noi messinesi derubati di un passato che meritava di vivere

I fossili del terremoto di 112 anni fa si vedono ancora, sparsi qua e la, nelle baracche, nelle lotte per la sopravvivenza, nelle difficoltà a ottenere quello che altrove non si deve neppure chiedere, nella spocchia di chi si gode la fortuna di stare dietro uno sportello

I fossili del terremoto di 112 anni fa si vedono ancora, sparsi qua e la, nelle baracche, nelle lotte per la sopravvivenza, nelle difficoltà a ottenere quello che altrove non si deve neppure chiedere, nella spocchia di chi si gode la fortuna di stare dietro uno sportello sentendosi in diritto di fare tutto quello che vuole, tanto è al sicuro.

Il terremoto non è solo un movimento della crosta terrestre ma anche, se non soprattutto, la cultura che deposita nei luoghi e nelle menti, perché l’ambiente è uno dei pilastri del carattere, del modo di sentire, della visione della vita.

Il terremoto risveglia tutti gli istinti di sopravvivenza possibili estraendoli da ogni dove, talvolta rendendoli permanenti.

Il terremoto è il terremoto, per noi non ce ne sono altri, è quello proverbiale del 1908, il cataclisma che si è portato via tutto, passato, presente e futuro, che ogni tanto si ripresenta con annunci omeopatici, giusto per ricordarci che siamo sospesi e che se lui torna quando vuole ed è capace di sbriciolare pure le nostre case antisismiche, quindi meglio non alzare troppo la cresta. Ma noi siamo speciali, la cresta la alziamo tutti i giorni. A parole, naturalmente, per il resto c’è tempo.

Eppure, avremmo diritto perlomeno al passato, perché quella frustata si è portata via tutti codici, estetici, psicologici e storici, che ci rendevano davvero speciali, che avevano fatto di questa città, meravigliosa, un luogo pieno di promesse, vere promesse. Poi disattese.

Diciamolo, siamo stati derubati di un passato che meritava di vivere, anche se il precedente terremoto, quello del 1783, aveva già fatto una parte importante del lavoro sporco, privandoci di monumenti irripetibili.

Eppure, malgrado due sciagure immani a distanza di 125 anni l’una dall’altra, con qualche guerra di mezzo, siamo ancora qui, come sempre ammaccati, furbetti, individualisti, spesso inconcludenti, quasi sempre con politici degni di noi, ma ostinatamente convinti di essere solo sfortunati. È questa la vera catastrofe.

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