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Martedì, 16 Aprile 2024
Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Assessorato alla Cultura alla Lega? Come andare a letto col nemico nelle istituzioni siciliane

Vivo in Lombardia da quasi cinquant’anni. D’accordo questo non mi rende uno storico della Lega, ma qualcosa da dire sulla nomina ad assessore regionale ai beni culturali l’avrei, se non altro perché il sottoscritto la Lega la conosce e lui per nulla, salvo per il fatto di essere stata il suo autobus per la gloria, perché francamente il curriculum del neoassessore non mi sembra poi quello di Pico della Mirandola. Poi ce la possiamo raccontare come vogliamo, ma l’assessorato di competenza è quello di chi dovrebbe valorizzare un patrimonio che non si trova tutti i giorni per la strada. In Sicilia, immagino, vi siano uomini di ingegno altissimo per incarichi del genere, ma la politica non smette di pescare nel suo povero canestro, per fare tornare i conti degli equilibri ma non del bene comune.

Tuttavia, questo sarebbe un quadro sopportabile, ossia che il neoassessore non conosca la Lega, non voglio neppure credere possa conoscerla davvero, perché se un siciliano conosce la Lega e diventa leghista, allora devo mettere da parte l’opinionista e chiamare a rapporto l’analista, l’ipotesi alternativa è che sia pervaso da una sete di potere fuori scala. Siamo di fronte a una sindrome di Stoccolma da manuale, la Lega che nasce per strozzare il Meridione (ancora oggi è questo il sentimento della maggioranza dell’elettorato leghista) e la vittima che si concede senza resistenza, in un rapporto consenziente col carnefice.

Ero già qui quando la Lega praticava la caccia al terrone, ricordo ancora quando arrivavo a Padova, dove studiavo, in treno da Milano, erano i primissimi anni Settanta, e mi accoglievano scritte come “Forza Etna” sui muri dalla stazione. Oltre quarant’anni dopo sono andato nella stessa città veneta, tenevo un seminario a degli insegnanti, e mi sono permesso di ricordare quell’episodio, in un silenzio imbarazzato. Lo dovevo alla mia gente, tanti nostri migranti, trattati con un disprezzo ingiustificato, spesso umiliati, dagli amici dell’amico del cuore del signor assessore e dei leghisti siciliani.

Il presidente della regione è pure compiaciuto. Complimenti vivissimi.

Forse dovrebbero leggere le parole del professore di liceo di quello che sarebbe divenuto il capo della Lega, quando racconta cosa diceva dei meridionali e il tono con cui lo diceva. Diventare leghista in Sicilia significa giustificare quelle parole, non ci sono scuse, e significa anche legittimarle, in barba a chi è stato costretto a lasciare la nostra terra e, come se non bastasse, sentirsi straniero in Italia.

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