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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Impegnarsi e morire per la Sicilia, la scelta di Caterina Chinnici dice che non ne vale la pena

L'europarlamentare ufficializza l'addio al Pd ed il passaggio a Forza Italia. Un salto mortale che ferisce la politica e il cognome che porta

Gentile signora Caterina Chinnici, abito da mezzo secolo a Milano, sebbene sia nato a Messina.

Una moglie e tre figli milanesi, che non si sono mai opposti al mio impegno civile a favore della Sicilia, sebbene non siano mai mancati i dubbi sull’utilità di questo darsi per una terra che non smette mai di replicare i propri errori.

Oggi lei, per questo la ringrazio, scioglie le ultime incertezze e risponde in modo inequivocabile a queste riserve, urlando che non ne vale la pena. Ma noi non siamo lei e non smettiamo di crederci.

Stamattina, il mio primo gesto è stato prendere in mano il libro “Così non si può vivere” che parla di suo padre. Me l’avevano regalato gli autori, una coppia di sposi, durante una mia visita a Palermo, dove avevo tenuto alcune conferenze, a giovani e adulti, senza compenso, come faccio sempre quando vengo in Sicilia, e chiudendo il mio studio per tre giorni. Le confesso di essere rimasto commosso dalla rettitudine di quell’uomo, che forse la Sicilia, lei compresa, non merita.

Improvvisamente quelle pagine mi sono sembrate estranee, dopo che lei si è premurata di aggiungere, non richiesta, un capitolo oscuro e insopportabile, ragione per cui non può più stare sul mio comodino, che da anni era la sua casa. Lei, in poche ore, è riuscita a fare giustizia di un detto piuttosto attendibile, ossia che una pianta si riconosce dai frutti, perché ora non posso più crederci.

Non espellerò suo padre da casa mia, ma caccio lei per sempre, manifesta incompatibilità. Qui abbiamo imparato il principio, praticandolo, che la raccomandazione è un crimine sociale grave, e lei, se conserva un filo di onestà intellettuale, sa benissimo che se non portasse il cognome del povero Rocco, non sarebbe mai diventata parlamentare europea, un privilegio enorme.

Due mandati a Bruxelles, uno status prestigioso, parlamentare europea per il Partito democratico, che ora, due o tre milioni di euro dopo, si ricorda di essere “moderata” e si accasa a Forza Italia. Non passa dal Pd ad Azione, ci mancherebbe, ma dal bianco al nero, senza fermate. Non è che il Pd sia la Madonna di Lourdes, ma al suo cospetto oggi mi appare una cattedra di alta politica. Passa da un partito a vocazione solidaristica a uno che, soprattutto in Sicilia, è un manifesto dell’individualismo, a essere gentili, che ospita da decenni personaggi di cui suo padre non sarebbe mai diventato compagno di viaggio.

Tengo decine di conferenze all’anno in giro per l’Italia, da ora aggiungerò ai miei racconti questa vicenda, così simbolica, istruttiva, pedagogica. Vorrei spiegare ai ragazzi come cominciano e come si sviluppano le mitologie, e quanto sovente siano tali e basta.

I giovani devono sapere come finiscono i film di successo, di cui talvolta vedono solo i primi dieci minuti.

Lei è figlia di un uomo che si è sacrificato per le sue ragioni, che erano le ragioni di tutti, io sono figlio di un uomo ucciso a 48 anni dalla sciatteria delle sanità siciliana, quella che non colpirà mai lei e le persone del suo ceto. Ebbene, non saprei chi tra lei e me onora il sangue del proprio padre. Direi, però, che in questi giorni, qualche risposta è arrivata.

Non perde molto, solo mia stima, quella della mia famiglia e di tutte le persone che riuscirò a raggiungere, il resto se lo terrà stretto. Buon terzo mandato europeo, immagino.

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