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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Crisi di governo: la politica la fanno le persone, soprattutto chi vota

"Quello che sta accedendo in questi giorni dovrebbe farci riflettere sulla politica, ricordandoci che tocca in profondità le nostre vite e che non possiamo limitarci a mostrare scontento. Dovremmo occuparcene, in modo meno distratto e superficiale, perché quello che stiamo vedendo accadere è figlio della diserzione collettiva"

Dopo il recente articolo sulla psichiatrizzazione della politica,  ricevo messaggi di condivisione, soprattutto da parte di persone che mostrano di considerare la vita un continuo atto di responsabilità. Tra quelli arrivati mi colpiscono le parole di una cara collega, persona che, insieme al marito, si sforza costantemente di dare una lettura seria agli eventi.

“Ciao Domenico, mi limito ad un ringraziamento di cuore e di pensiero per l'articolo sulla psichiatrizzazione della politica, appena letto. Le notizia della crisi di governo e della morte di Eugenio Scalfari mi raggiungevano mentre tornavo dall’ospedale, dov’è ricoverata una persona carissima. Avvertivo la sensazione che tutto precipitasse”.  Ecco, ciò di cui non si rendono conto le persone che si occupano di politica, ripeto non si rendono conto, è che l’effetto delle loro azioni si somma alle frustrazioni e alle pesantezze che ogni cittadino si trova ad affrontare nel corso delle sue giornate, contribuendo non di rado a renderle disperanti.

Purtroppo, chi entra nel cerchio della politica modifica completamente i propri connotati iniziali, attratto dalla possibilità di perpetuare il proprio status, che spesso rappresenta un salto inaudito rispetto alla vita precedente. I politici, per usare un’espressione diretta, una volta che si siedono non se ne vogliono più andare, questo finisce per asservire tutte le loro azioni a tale fine. Può essere umanamente comprensibile, a nessuno piace retrocedere dopo essere arrivato in cima, soprattutto se è ancora giovane, tuttavia, tale premessa finisce per trasformare molti politici in delle vere e proprie tossine, intente a battagliare per la propria sopravvivenza piuttosto che per i fini per i quali la politica esiste. Clamoroso il caso di un ex segretario del Pd, che dopo avere annunciato il suo abbandono in caso di sconfitta, si è praticamente avvitato alla sedia, candidandosi a una prevedibile eternità. Figura di bassa qualità, che sembra giganteggiare proprio perché il livello generale del personale politico è avvilente.

Dobbiamo domandarci quale credibilità accorderemmo a una persona comune che si smentisce così volgarmente. Eppure, in politica questi comportamenti sono la norma, abbiamo visto di tutto, anche menestrelli annunciare di volersi trasferire in Africa dopo la fine dell’esperienza politica, per ragioni umanitarie, e poi continuare a lucrare sul proprio ruolo.

Quello che sta accadendo in questi giorni è drammatico, perché ci mostra uno spettacolo di incredibile incoscienza, messo in scena da persone inadatte, la cui percezione di sé è palesemente deformata dalla notorietà e dai vantaggi, colossali, che offre loro la politica, persone disposte a tutto per continuare a esserci, persino a mettere in ginocchio un paese.

La politica è una sostanza stupefacente, crea dipendenza, occorrerebbero delle vere comunità di recupero per chi vi transita. Questo vale anche negli enti locali, dove troviamo consiglieri che sono tali da quasi mezzo secolo.

Ma non solo. La politica, con i suoi codici e linguaggi singolari, trasforma degli individui non proprio brillanti in personaggi quando non addirittura in tribuni. Tra questi un caso a parte è rappresentato dai funzionari di partito che di fatto vivono di politica per tutta la vita, stipendiati dai partiti e spesso candidati a cariche pubbliche, sbarrando la strada a individui molto più preparati e vicini alla società, dunque più innovativi rispetto a quei piccoli e grigi burocrati.

Non trascurabile, soprattutto in meridione, è la piaga del familismo, alimentata in modo sfacciato dalle segreterie per convenienza elettorale, che consegnano nei fatti le comunità a veri e propri clan familiari, vocati all’autoconservazione. Questo fenomeno esiste in tutto il paese, ma al Sud rappresenta una grave minaccia alla stessa democrazia, costretta a implodere all’interno di sacche autoreferenziali e pericolose, che fanno blocco a ogni cambiamento politico e sociale anteponendo i propri interessi a quelli collettivi attraverso occupazioni massicce del potere.

La crisi di governo di questi giorni dovrebbe farci riflettere sulla politica, ricordandoci che tocca in profondità le nostre vite e che non possiamo limitarci a mostrare scontento. Dovremmo occuparcene, in modo meno distratto e superficiale, perché quello che stiamo vedendo accadere è figlio della diserzione collettiva. Mi chiedo quale imprenditore affiderebbe la propria azienda a molti dei leader politici di oggi, eppure gli stessi imprenditori trovano normale che questi soggetti decidano il destino del Paese.

La politica è fatta di persone, in carne e ossa, difficilmente la mediocrità degli attori si trasforma per magia in qualità delle istituzioni. Astenersi o andare a votare giusto per fare il proprio dovere, è un piccolo crimine, ma la sommatoria di tanti piccoli crimini apparecchia tragedie, perché coloro che sceglieremo faranno la guerra o la pace, creeranno maggiore uguaglianza oppure ulteriori disparità, allargheranno il territorio dei diritti oppure lo chiuderanno, creeranno lavoro per i nostri figli oppure saranno soddisfatti di averlo trovate per sé, pagato benissimo.

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