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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Audizione per il Ddl zan, la polemica tra suor Anna e la “sinistra” Corsetti: due donne e un’occasione sprecata

La religiosa, come spesso accade alle persone consacrate, si è cimentata in un intervento astratto, forse anche vanesio, un inutile sfoggio di cultura giuridica. L'attivista ha fatto di peggio, avvitandosi, con una veemenza sospetta in una demolizione dell’intero insieme delle suore. Un esempio di due posizioni vecchie, ammorbate di naftalina, che ci saremmo potuti risparmiare

Leggo casualmente un post, me lo gira una cara amica, religiosa. È scritto con aggressività, che immagino frutto di rabbia, forse giustificata. È tratto dalla pagina Facebook di una persona di estrema sinistra, Carla Corsetti, e riguarda l’audizione di una suora, Anna Monia Alfieri, in commissione Giustizia, a proposito del DDL Zan.

Sicuramente si tratta di due donne intelligenti, attivista e suora audita, ma, francamente, nella disputa relativa ai diritti degli individui di cui si occupa il DDL non si è notato.

C’era, in entrambi i casi, tanto Io, e una quasi assenza di quel Noi che edifica e rende equilibrati nelle valutazioni e confina con il senso di responsabilità.

La religiosa, come spesso accade alle persone consacrate, si è cimentata in un intervento astratto, forse anche vanesio, un inutile sfoggio di cultura giuridica, lontano della realtà che vivono gli omosessuali nel nostro paese e a favore, si sarebbe detto una volta, di telecamera.   

A beneficio dei fans, cui la persona sembra tenere, pasciuti con maestria.

Parole che in Scandinavia potevano avere un qualche senso ma che in Italia suonano come una passeggiata tra le nuvole, per giunta infarcite di luoghi comuni che sembrano confezionati nelle officine della politica italiana, dove, in mancanza di una visione della persona, si seguono per lo più i movimenti delle viscere dei cittadini.

Un bell’esempio di profezia al contrario, quello della suora, la cui audizione, che mi è sembrato giusto ascoltare per evitare di parlare a vanvera, è la misura della distanza sempre più vasta che si è creata tra il cattolicesimo e il mondo, universi in allontanamento che solo la forza di gravità del Vangelo potrebbe rallentare, se solo godesse di interpreti consapevoli e volenterosi.

Dal canto suo, l’attivista riesce a fare anche di peggio, avvitandosi, con una veemenza sospetta e del tutto fuori luogo, in una demolizione, cieca e carica di risentimento, dell’intero insieme delle suore, uno tsunami che non risparmia nulla e ferisce gravemente persone che, giusto o sbagliato che sia, scelgono di dedicare la propria vita, l’unica a loro disposizione, a un ideale di servizio. Tutto questo al netto dei limiti caratteriali dei singoli, non sempre compatibili con senso del servizio scelto. Vale per le suore, vale per i preti, molti dei quali oramai sono il vero anello debole del sistema, cosa che lo stesso Pontefice riconosce con la schiettezza che gli è propria. Una situazione che si aggraverà, fino a che non si prederà atto che i confini imposti dal celibato, costringono la Sposa di Cristo a selezionare il personale di servizio tra i membri di una platea residuale, spesso disponibili perché altre strade si sono rivelate impraticabili.    

Un modo di argomentare, quello dell’attivista, inappropriato, non consono a una persona che si cimenta in un tema così delicato con la pretesa di smuovere la riflessione.

Nelle due posizioni, davvero vecchie, ammorbate di naftalina, ritrovo i toni del dibattito sull’aborto, in cui radicalità delle parti si è trasformata in una pistola puntata alle tempie dell’embrione e della persona che lo porta in grembo.

Da una parte un mondo cattolico chiuso e intransigente, incapace di leggere la realtà drammatica delle donne, pronto a cercare soccorso in parole d’ordine ripetitive e prive di vita.

Dall’altra l’incapacità della sinistra più radicale di rammentare che si tritura un essere umano, anzi due, considerate le conseguenze, prossime e remote, sulla madre.   

Pure sentendomene oggi lontano, credo di conoscere il mondo cattolico quanto basta per vederlo con una certa obiettività, penso di sapere quanto riesca a essere squallido e opportunistico in alcune componenti, purtroppo maggioritarie, che fuori dallo spazio protetto di quello che oramai può considerarsi un circuito minore, non avrebbero voce.

Tuttavia, faticherei a immaginarlo come un blocco omogeneo, perché vi coesistono spaccati di notevole interesse che non rinunciano a pensare alla proposta evangelica come a una reale possibilità per l’Uomo e per il Pianeta, schiacciato anche dall’incapacità dei cattolici stessi non solo di porre problemi radicali con la passione che meritano, ma dalla loro pavidità nell’investire la vita in quelle imprese. Per molti il cattolicesimo è rimasto uno spazio chiuso, una sottocultura, nemmeno delle più originali, un rassicurante recinto mistico-consolatorio, per giunta spopolato di giovani, quindi senza futuro, con buona pace del Concilio Vaticano Secondo, che aveva cercato di aprire le finestre.

Una gara di avventatezza, di ideologismo e integralismo, che le due donne contendenti avrebbero potuto e dovuto risparmiarci.

All’attivista dico che proprio così si creano quelle fratture che condannano la sinistra più radicale all’insignificanza, non è un caso che nel nostro paese essa viaggi su numeri davvero minimi che le impediscono di tutelare proprio quei diritti cui giustamente tiene.

Alla suora non saprei, invece, cosa dire, se non raccontarle che una volta mostrai due sogni a un vescovo, erano di altrettanti seminaristi, di cui non feci, ovviamente, i nomi. Il primo aveva sognato la ex fidanzata, il secondo di trovarsi su un balcone, tutto vestito di bianco, con lo zucchetto, intento a parlare a una folla oceanica e acclamante. Chiesi al prelato chi dei due, secondo il suo parere, era meglio non facesse il prete, il vescovo senza indugio indicò il seminarista che aveva sognato la ex fidanzata, che oggi, a 30 anni di distanza, rimane un ottimo prete.

Per la cronaca, l’altro è stato un naufrago che non si mai aggrappato al ramo salvifico del Vangelo.

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