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Venerdì, 29 Marzo 2024
Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Ddl Zan, lo stop alla legge uno sfregio alla diversità e alla civiltà: Italia Viva torna finalmente a casa

Ciò che è caduto al Senato l’altro giorno è un meteorite, c’era da scegliere tra la cultura arcaica e violenta del populismo, e la civiltà. Abbiamo visto com’è andata

Le parole di Alessandro Zan, prima del voto che avrebbe affossato la legge che porta il suo cognome, sono il simbolo dello scarto che esiste in politica tra una persona perbene e dei veri volponi pronti a tutto. “La tagliola non passerà, perché Italia Viva è con noi”. Aveva detto. Ingenuo e illuso.

Stesso ragionamento per quelle di Enrico Letta dopo l’esito del voto in Senato. Le sue espressioni di biasimo, sebbene sagge e doverose, lasciano stupiti. Come se, proprio lui, non conoscesse Matteo Renzi, i tratti caratteriali del personaggio. Cinici, ripetitivi, strutturali, mai casuali.

Perchè il Ddl Zan è saltato e cosa succede ora

Posso comprendere il tentativo, allargare il fronte progressista è necessario, il fatto è che Italia Viva non può esserne parte, perché sarebbe come appoggiare una casa sulla creta, lo appenderebbe alla scaltrezza antisociale di chi vive di calcoli ed è capace di capovolgere sfacciatamente i dati di fatto incolpando altri delle proprie lucide strategie, com’è accaduto proprio durante la discussione e il voto in Senato sulla legge che finalmente liberava il nostro paese da un vuoto incivile.

Del resto, il suo modo di procedere si è sempre contraddistinto per una formidabile coerenza, con la quale occorrerà fare i conti a lungo. Malgrado il solenne “se perdo mi ritiro” non ce ne libereremo.  

Provate a domandarvi dove sono i renziani della prima ora. Di sicuro coloro che manifestavano una qualche minima autonomia di pensiero sono altrove, persino alcuni presunti guru della psiche, forse loro stessi in difetto di figura paterna, sembrano eclissati. Diciamocelo, ciò non è molto erotico. Chissà dove sono finite le folle plaudenti, ora che gli eroi sono incorsi in una delle discese più vertiginose della storia della politica italiana, dal 40% a niente.

Letta deve sottrarre i progressisti a questo circuito, lo stesso dei tempi di liberali, socialdemocratici e repubblicani, che insieme raggiungevano il poco per cento, ma decidevano le maggioranze.

Non importa se nell’immediato occorrerà ingoiare qualche boccone amaro, occorre lasciare i demolitori liberi di agire, quando è accaduto le persone sono state in grado di scegliere, svelando lo scheletro che teneva in piedi il gigante di cartone. Lo si lasci padrone di andare dove vuole, di pasteggiare con chi cavolo gli pare, a cominciare da Miccichè, i suoi problemi salteranno fuori in qualsiasi contesto, perché lui non “sente” l’altro, non lo prevede, dunque finirà sempre a schifio.

Nell’elettorato di centrosinistra le persone assennate sono tante, e capiranno, basta che il segretario del Pd abbia l’accortezza di essere chiaro. Accetteranno di perdere per una buona causa, sanno che bisogna sapere dislocare nel tempo un progetto civile, rinunciando oggi per tornare domani, un domani prossimo, depurato da ciò che non appartiene al progressismo ma che ne mina le energie.

Ciò che è caduto al Senato l’altro giorno è un meteorite, c’era da scegliere tra la cultura arcaica e violenta del populismo, e la civiltà, abbiamo visto com’è andata. Un’epifania, l’ennesima, della patologia che infiltra l’Italia, camminando sulle gambe di individui capaci di pensare alla politica solo come a un gioco da tavolo, innamorati di sé in modo così struggente da farci sospettare antichi sensi di inadeguatezza.  Dove agiscono tentativi di compensazione così sfacciati, deve esserci stata una voragine.

Il segretario democratico deve trovare il coraggio di liberarsene, nell’unico modo possibile, con un taglio netto, impedendogli così di occupare quella postazione strategica che ama tanto, perché gli consente di fare e disfare, manovrando il suo piccolo e devoto esercito personale come un direttore d’orchestra severo, a cui basta un cenno degli occhi per dominare gli orchestrali. Questo renderà più chiaro a tutti il gioco e il Pd guadagnerà tanto.

Il progressismo deve fare a meno di Matteo Renzi, per incompatibilità esistenziali e metodologiche, scollandolo definitivamente e se proprio deve negoziare con la destra lo faccia cercandosi interlocutori originali, non copie venute male. La smetta di pescare nelle viscere di quella politica buona ai tempi del mitico Nicolazzi, fatta di zero per cento e di chiaroscuri a cui il Paese deve i momenti peggiori del dopoguerra.

Meglio perdere alla luce del sole, marcando un confine con la barbarie e l’ignoranza della destra italiana, piuttosto che vincere e restare in balia di volubili ed eclettici soccorritori di giornata. C’erano i numeri per approvare il Ddl Zan, ma Italia Viva era troppo impegnata a pensare alla propria sopravvivenza, il resto sono toppe, pure brutte.

L’orrore continuerà nelle prossime settimane. Il centrodestra sbandiera lo spauracchio, squallido e vergognoso, di un Quirinale in mano a Silvio Berlusconi, spingendo il centrosinistra a optare per Mario Draghi, lasciando le porte aperte alle elezioni anticipate e alla probabile vittoria di un governo fascio-razzista. Il consultorio di Italia Viva sarà molto frequentato, e farà quello che sa fare meglio.

Dalle righe precedenti mi pare si capisca bene di cosa si tratta.

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