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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Il Ddl Zan, il signor Scalfarotto e la malattia chiamata renzismo

L’eclettico e creativo padrone di Italia Viva, del quale sono costretto a occuparmi solo per ragioni personali, nel senso che sono padre di tre figli e vorrei che lui non si occupasse delle loro vite facendo politica, è un maestro della razionalizzazione a posteriori. Prima scrive il finale del racconto, poi ci costruisce sopra la trama. Decide cosa fare, secondo come gli conviene in quel momento, poi aggiusta tutto con un’intervista oppure con un libro, quindi impacchetta e vende.

Al suo cospetto, Giulio Cesare, che nel De Bello Gallico riesce a trasformare uno spaventoso genocidio, quello dei Galli, in una pagina da libro cuore, sembra uno sprovveduto.

Uno che prima spara poi intima altolà, seguendo una propedeutica personale molto audace. Sarebbe bello rivedere ancora le facce degli ospiti plaudenti alla Leopolda, tra i quali insigni colleghi, oggi in pausa di riflessione. Meritata direi.

Intanto il treno passa, allora ci si arrangia, vendendo il poco che è rimasto, assumendo pose da eroe incompreso o da vittima, a seconda dei casi, in favore di telecamera e di sudditi, geneticamente poco inclini alla critica, forse scelti apposta.

Del resto, bisogna riconoscere che non è facile contestare l’incontestabile, chi si concede sempre volentieri una seconda possibilità. Dopo. Quando il fumo dell’esplosione si è depositato, lui scrive il suo personalissimo De Bello Gallico e ci racconta come faceva i dispetti al povero Vercingetorige.

Oggi, di fronte a un tentativo, l’ennesimo, di legiferare a tutela di persone omosessuali e transessuali, il seguito si allinea alle sofisticate strategie del capo, come sta facendo il sottosegretario Ivan Scalfarotto, che voterebbe il ddl Zan ma pare non possa. Lui cerca di spiegarlo e io non capisco, sia perché sono tardo sia perché basterebbe che lui e il suo partito votassero favorevolmente e il problema sarebbe risolto, ma Scalfarotto imita il maestro e razionalizza. Chissà, forse qualcuno è in parola con il tale cardinale (poi ti chiedi perché le chiese si svuotano e la gente si sbattezza) e con il leader della Lega, quindi il sottosegretario si arrampica in un ragionamento sottilissimo, invitando a togliere espressioni sensibili dal testo, come identità di genere, ossia uno dei cuori della legge.    

Naturalmente il renziano Scalfarotto può regolarsi come crede, mi permetto solo di ricordargli che, sebbene grandi quote dell’intelligenza nazionale sembrino essersi concentrate all’interno del suo partito, fuori da quello ci sono tante persone meno intelligenti ma assai più libere, altrimenti non si spiegherebbe come mai Italia Viva la votano solo i parenti e gli amici stretti.

Inutile ricordare al sottosegretario che anche i più distratti tra gli elettori alla fine imparano a distinguere tra merce buona e merce taroccata, decidendo che non si faranno fottere una seconda volta dai prestigiatori.   

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