rotate-mobile
Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

Dal dipinto di Alibrandi al calcio passando dal ponte, quella pretesa tutta messinese di fare progetti con le tasche altrui

Confesso di non capire la querelle sull’acquisto del dipinto di Girolamo Alibrandi, pittore rinascimentale messinese, da parte dell’imprenditore concittadino Rocco Finocchiaro che, secondo taluni, avrebbe dovuto regalarlo alla città, alla quale, peraltro, l’ha già regalato riportandolo a casa ed esponendolo per alcuni giorni al pubblico.

Una pretesa tutta messinese, quella di fare progetti con le tasche altrui, che già in passato è stata oggetto di racconti proverbiali, come quello quasi trilussiano del friscaletto, richiesto al signore distinto che si recava a Reggio Calabria per la festa cittadina, dimenticando però di allungargli il relativo importo, dunque nessuno avrebbe fischiato, salvo il bambino che pagò in anticipo.

Mi torna in mente uno dei mantra che udivo da ragazzino, “Mi paria chi era gratuìto”, con l’accento rigorosamente sulla penultima vocale.

Probabilmente quelli che rivendicano il dipinto come “bene pubblico” sono gli stessi che non sarebbero disposti a mettere nemmeno 50 centesimi a testa per comprarlo. Eppure - in questa come altre occasioni - potrebbe essere una una dimostrazione di coralità positiva, concreta e lontana da certo fanfaronismo bommacaro, stucchevole e inconcludente.

Lo stesso di chi se la prende con il patron della locale squadra di calcio, l’unico pollo che sborsa i soldi mentre il resto degli imprenditori non muove un dito e i tifosi, al netto dei quattro gatti che ci mettono le domeniche, se ne stanno a casa invece che andare allo stadio, e sono sempre pronti a criticare chi si espone. Loro, di certo, avrebbero fatto meglio. Quando, da piccolo, li ascoltavo, pensavo di essere un fortunato abitatore della città dei balocchi, dove il genio si trovava a tutti gli angoli delle strade, credevo che con quelle menti nulla avrebbe potuto spaventarci.

Le soluzioni uscivano dalle tasche, come cascate. Lo stesso stadio Celeste era un’accademia, dagli spalti colava genio puro, sebbene in quegli anni fosse tutto semplice, il 2 marcava l’11, il 3 il 7 e il 5 andava sul 9 ed era finita la tattica, al massimo ci stava un pizzico di folclore “abbitru cunnutu” e “rumpicci na iamma a stu sdisonestu”.

Sono passati 114 anni dal terremoto e sembra ieri, sempre la stessa musica, noi siamo chilometri avanti, semu cchiu scattri, fenomeni incompresi, ma intanto un ministro lombardo che non saprebbe manco friggere in arancino e che nessuno assumerebbe come garzone nelle nostre botteghe, in cambio di voti vuole regalarci il ponte, il disastro del secolo, ambientale e umano,  facendo finta di ignorare che prima o poi ci crollerebbe sotto le ruote, perché la Natura parla e quando lo fa in modo ripetitivo sta gridando forte, per dissuaderci.

In Lombardia non se lo fila nessuno, in quel consiglio regionale è persino spuntato un gruppo dissidente che si ispira a Umberto Bossi, che vedete bene in quali condizioni di salute si trova.

I messinesi a favore del ponte, che spero non siano gli stessi che vorrebbero la madonna di Albrandi “senza picciuli”, danno ragione al ministro e fanno gli offesi quando qualcuno eccepisce, ma credo dovrebbero mettere per iscritto, anche impegnando i discendenti, che si prenderanno carico dei danni e degli eventuali morti. Per ora potrebbe bastare.

Dal dipinto di Alibrandi al calcio passando dal ponte, quella pretesa tutta messinese di fare progetti con le tasche altrui

MessinaToday è in caricamento