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Giovedì, 25 Aprile 2024
Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

Il lusso della memoria boccia le lacrime selettive di Giorgia Meloni

Il discorso di Marbella è una rappresentazione limpida, perfetta, del fascismo del terzo millennio, costretto a reprimersi, almeno pubblicamente, ma chiarissimo nei suoi moti profondi. Ecco perchè

Non è stato un anno facile per chi si ostina a esercitare il lusso della memoria, quella remota e quella recente che, purtroppo, il 25 settembre si sono date la mano saldando passato e presente con un effetto angosciante, foriero di conseguenze che potremmo pagare a lungo.

Mi pare difficile sostenere che coloro i quali si sono orientati su Fratelli d’Italia fossero tutti inconsapevoli della storia che lo precede e che, di conseguenza, precede la sua leader, perché non è un partito come gli altri bensì un restyling, il quarto esattamente. Dopo l’originale, il PNF, infatti, sono arrivati il Movimento Sociale Italiano, Alleanza Nazionale, quindi Fratelli d’Italia. Un percorso omogeneo, ma costretto a mimetizzare la sua natura profonda, perché annegato in una democrazia, comunque troppo solida per tollerare scostamenti drastici, nonché vincolato da riferimenti extra nazionali che impediscono drastiche fughe in avanti. Tuttavia, il consenso è stato chiesto e ottenuto esibendo contenuti tipici della casa madre, squadernati senza pudore nel discorso di Marbella, colpevolmente sottovalutato da chi avrebbe dovuto farne un caso ma era troppo impegnato a guardare la punta delle proprie scarpe. Le parole pronunciate nella città spagnola rappresentano la vera struttura interiore del partito e della sua leader, la terribile evidenza, coltivata all’interno di una personalità che, messa sotto pressione, mostra non solo la pochezza ma soprattutto l’astio che la pervade rendendola impermeabile all’autocritica, inesistente, e ancora di più alla critica, segnali di un modo di essere e di sentire in linea con la propria storia, quella di una persona piena di complessi di inadeguatezza, iper compensati con atteggiamenti eccessivi di segno opposto.

Probabilmente i consulenti per la comunicazione lavoreranno su tali aspetti, ma non potranno smantellare il magma retrostante, che resterà parte integrante dell’offerta politica dell’interessata.

Il discorso di Marbella è una rappresentazione limpida, perfetta, del fascismo del terzo millennio, costretto a reprimersi, almeno pubblicamente, ma chiarissimo nei suoi moti profondi. Vi è un attacco a tutto ciò che si discosta da una visione dell’uomo infantile e pericolosa, fatta di opposizioni bipolari, dove non c’è spazio per ciò che si libera dalla variabilità dell’animo umano, avvertita come ostile, minacciosa.

Non è un caso se uno dei bersagli prediletti dalla cultura di estrema destra rimane l’omosessualità, esattamente com’era per l’originale PNF, severissimo con i “deviati”, che oggi colpisce anche il desiderio di maternità e paternità delle coppie che nascono da modi di sentire naturali, quale che sia il pensiero fascista in materia. Si provi a immaginare cosa significherebbe tale pretesa in un sistema non democratico, basta guardare a paesi come l’Iran.

La rivendicazione, stentorea e barbara, di un’identità sessuale fatta solo di maschile e di femminile, come norma insuperabile, apre la strada allo svilimento e poi all’attacco di ciò che non si conforma, a un’implicita caccia all’uomo che alimenta risentimenti dagli esiti dubbi. Speriamo rimanga sempre confinato nella fantasia e speriamo altresì che chi oggi tira i sassi in futuro non nasconda la mano.

Non è neppure un caso che l’altro muro per la cultura di destra siano gli stranieri, in quanto, come gli omosessuali, diversi, esseri umani che violano il territorio, invadono la “nazione”, inquinano l’identità nazionale. Stanieri identificati con la parte dei migranti che “paga la traversata”, alludendo che costoro siano non dei disperati desiderosi di cambiare la loro vita bensì benestanti che vogliono lucrare un posto al sole, così caro ai padri del PNF. Trapela qui una mancanza di intelligenza avvilente e indegna di chi rappresenta sessanta milioni di persone. Nei mesi scorsi mi sono imbattuto in alcuni ragazzi dell’est europeo, arrivati diversi anni fa da minori non accompagnati, grazie all’esborso di una cifra che i poverissimi genitori avevano messo da parte in attesa di potere offrire una possibilità ai loro figli. Madri e padri veri, che forse non lascerebbero altre mamme e altri papà a vagare per il mediterraneo, titolari del diritto di fare i genitori come credono, argomento cui la premier si mostra molto sensibile quando si sfiorano i suoi affetti.

Il viaggio verso l’Italia costa e non è mai un viaggio di piacere. Oggi questi ragazzi sono uomini con famiglie, lavoratori instancabili e molto preparati, soprattutto brave persone. L’istinto territoriale a destra è molto spiccato e molto vellicato in chiave di consenso, un istinto arcaico e pericoloso, che ignora quanto proprio la scoperta degli “estranei” e la capacità di cooperare in modo sempre più raffinato, sia la causa di tutte le evoluzioni significative dei sistemi sociali, oltre che degli individui che ne fanno parte. Nei gruppi umani dove questa conquista non si realizza pienamente, si assiste a un’involuzione sempre più rapida. Le uniche società a evolvere sono quelle cooperative, e lo saranno sempre più, le altre vengono spazzate via dalla storia. Solo questione di tempo.

I totalitarismi, neri o rossi, che siano -anche i loro duplicati minori come quelli di cui ci stiamo occupando- generano continue infrazioni ai diritti delle persone, rappresentano un freno al progresso della specie, creano pletore di individui inespressi, proprio perché tendono a preparare contenitori precostituiti in cui i soggetti sono obbligati a muoversi. Affermare che la famiglia sia fatta da un maschio e da una femmina, non limita il diritto di chi accetta di muoversi su tali binari, ma crea spaventose sacche di infelicità al di fuori di tali itinerari, toccando sinistramente la vita di miliardi di persone aperte a quanto di diverso avvertono in esse.

Una compagine politica sana lavora per allargare la platea dei diritti. Anni fa, rivolgendomi a dei bambini, scrivevo che il treno dei diritti è speciale, magico, illimitato perché vi può salire un’infinità di persone senza che altre siano costrette a scendere. Solo una cultura politica regressiva può pensare che l’aumento diritti rappresenti una minaccia per la “normalità”.

Questo è il mondo rappresentato dall’attuale capo del governo, che non disdegna la parte della persona dolce e sensibile ed emette volentieri lacrime a comando. Muoiono una bambina di sei mesi e una di due anni a Lampedusa, manco mezza parola, ma nei funerali che contano scende la lacrimuccia, la stessa che riga il volto quando -con troppo ottimismo- si viene invitati al Tempio maggiore ebraico per la ricorrenza dell’Hannukah. Qui, la stessa persona che rifiuta di rimuovere il simbolo della fiamma dal logo del partito, che tiene l’orrendo discorso di Marbella e che issa alla seconda carica dallo Stato una persona che delle sue origini politiche parla con orgoglio, afferma solennemente che “Le leggi razziali furono una ignominia”. A me pare elementare e conseguente che se si pensa davvero alle leggi razziali come a una bastardata, si taglia in modo inequivocabile col passato. Non si raccoglie consenso usando marchio e argomenti della casa madre e poi ci si veste della domenica per andare a messa. Addirittura, comico è il richiamo della destra al rispetto della vita e la conseguente adesione della parte più integralista e chiusa del cattolicesimo all’imbroglio.         

Il successo della destra è figlio dell’ossessione per il presente, così caotico e indistinto, dov’è facile gettare fumo negli occhi, ma anche accreditarsi con furbizia, arte di cui la leader di FdI sovrabbonda, e di molto mestiere, altro ingrediente che non le fa difetto, grazie a una politica non presidiata dalla parte migliore del Paese, mi riferisco ai tanti giovani di talento troppo presi da se stessi per lasciarsi attrarre dall’impegno civile. Una renitenza di massa, che la lascia vuoti enormi, prontamente occupati da chi, non eccessivamente dotato, ma mosso da motivazioni di riscatto personale quasi “feroci”, si applica in politica facendone una ragione di vita, unica e disperata possibilità di ascesa sociale. Purtroppo, per tanti, per troppi, la politica, ascensore sociale rapidissimo, è una stanza di compensazione, quando non addirittura una vera e propria comunità terapeutica.

A due ragazze che si lagnavano dell’impianto culturale e della complessiva modestia della presidente del consiglio, rispondevo che la colpa è solo loro e dei loro coetanei, del disimpegno delle giovani generazioni e, soprattutto, della cancellazione dell’idea di “servizio”, quale movente della politica.

* Analista adleriano e scrittore

Il lusso della memoria boccia le lacrime selettive di Giorgia Meloni

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