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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

L'insano amore di Carlo Calenda per lui medesimo regala l'Italia ai fascisti

Sabato sera avevo iniziato un articolo per questa testata. Poi mi sono fermato, dicendo a mia moglie che preferivo fare due passi: “Tanto dovrei riscriverlo, perché dopo il patto di Letta con la sinistra, Carlo Calenda romperà quello firmato da lui e dal segretario Pd. È un uomo senza bussola”.

A casa consideriamo il capo di Azione una persona molto lontana da uno standard accettabile di adultità, come gli eventi di questi giorni testimoniano. La ragione per cui non ci piace è duplice. La prima è umana. Non sopportiamo le persone che utilizzano fatti privati, di salute di un congiunto nella fattispecie, per fare teatro. Abbiamo amici e conoscenti che si sono misurati con gravissimi problemi sanitari, con una discrezione lontanissima da certi portamenti.

I particolari parlano, lo stile è sostanza e predice i comportamenti degli individui con una certa precisione. Dopo quarant’anni di professione, posso dire che tale presupposto si è sempre rivelato affidabile.

La seconda è ancora umana ma anche politica. L’eccessiva centratura sul proprio ego, qualche volta ai limiti del caricaturale. In queste ore abbiamo visto in concreto cosa significa.

La gente che straccia accordi siglati con un galantuomo attraverso una stretta di mano non può occuparsi di una comunità di sessanta milioni di abitanti, ma neppure di un gruppo di dieci persone. Quello che è accaduto domenica 7 agosto, resterà come un marchio di infamia nella vita di quest’uomo, persino oggi che le persone dimenticano nel volgere di 24 ore.

E veniamo all’articolo interrotto sabato. Iniziava così: “La sinistra si presenta insieme solo per l’odio verso il centrodestra. Sono le parole di Giorgia Meloni a commento della chiusura degli accordi di sabato 6 agosto, portati a compimento da un tenacissimo Enrico Letta, cui bisogna dare atto di un livello di civiltà politica e umana sconosciuto nello schieramento opposto e, in parte anche nel suo, mi riferisco in particolare a Carlo Calenda che, quanto a presunzione, logorrea e antipatia, compete con Matteo Renzi. Due prodotti di una stagione politica davvero infelice per il progressismo italiano a cui, tuttavia, l’uno e l’altro debbono benessere e posizione politica. Quando il capo di Azione si mette a fare lo spiritoso a colpi di Twitter, speriamo non sia il suo unico talento, bisognerebbe ricordargli che il lauto stipendio che incamera ogni mese dal parlamento europeo lo deve al Pd, nelle cui fila si era candidato. Lo stesso leader di Italia Viva è stato eletto in parlamento coi voti del Pd. Questi personaggi dal sottofondo moralistico, con ipertrofici quanto ingiustificati livelli di autostima, fanno molto male ai cittadini”.

Non avrei molto da aggiungere a queste parole, ma mi concedo ancora un pensiero.

L’avvento di personaggi come Matteo Renzi e Carlo Calenda, oltre a incattivire l’intero panorama politico, è stato l’innesco di un processo distruttivo dell’intera area progressista italiana. Si sono introdotti in casa d’altri senza prima avere fatto i conti con se stessi, con i loro paesaggi interiori, trasferendo le proprie turbolenze irrisolte a chi li aveva ospitati. Entrambi sono costituzionalmente incapaci di costruire un rapporto col mondo circostante se non alle loro condizioni, perché dominati da una volontà di potenza esagerata, figlia però di formidabili sentimenti di inadeguatezza, legati a fattori che in parte si intuiscono.

L’opera di demolizione del mondo progressista, cui pure devono tutto, lauti stipendi compresi, mostra con esattezza le loro vere linee di orientamento, i loro finalismi ultimi, che riguardano il pronome personale io.

In questo momento mi domando con quale stato d’animo personaggi del calibro di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, possano accettare di sentirsi corresponsabili di questa Pearl Harbour della politica italiana.

Più volte avevo scritto negli ultimi tempi che chi desidera impegnarsi in politica, dovrebbe preventivamente sistemare i propri problemi, perché non si possono usare le istituzioni alla stregua di una comunità terapeutica. Lo ripeto con maggiore forza oggi, di fronte ad un gesto di violenza inaudita che di fatto consegna il Paese ad una cultura fascista e individualista, che già si contende la palma dell’aguzzino più severo, mostrando i muscoli ai migranti, per i quali preparano provvedimenti che ci faranno vergognare per l’eternità.

C’è di positivo, in questi giorni, l’atteggiamento mai fuori dalle righe di Enrico Letta, ne abbiamo apprezzato la cifra dell’adulto, la capacità di ingoiare rospi indigesti nell’ansia di evitare agli italiani migliori l’umiliazione di una replica degli anni Venti del ventesimo secolo.

Il presente sembra bruciato, tra burini, presuntuosi e vigliaccate, ma il futuro potrebbe avere trovato un protagonista coi piedi per terra. Per le madri e i padri di famiglia di questo paese è una bolla d’ossigeno salutare. A lui suggerisco di non scendere sul terreno fangoso predisposto da altri, nemmeno quando Azione strapperà qualche figurina a livello locale al Pd, succederà tra gli eterni indecisi, sempre in cerca di figure paterne. La fermezza e la serietà sono ancora valori apprezzati, il tempo sarà galantuomo.

Già, perché se è vero che i due soggetti di prima potrebbero essere prossimi all’ultima fermata, è altrettanto vero che il viaggio sarà ancora lungo e abbiamo imparato di chi poterci fidare.  Non è poco, di questi tempi.

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