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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Amore, competenza e servizio: il sindaco che vorrei per salvare Messina da se stessa

Per la prima volta, dopo almeno 30 anni, sono completamente disinteressato alla campagna elettorale per le comunali a Messina.

Credo si tratti di una questione di salute mentale, non certo un invito a imitarmi.

Il fatto è che per capire certi luoghi bisogna leggerli da vicino, anzi viverli, indossarne gli abiti e le scarpe. Chi si illude, sono stato uno di costoro, di cogliere osservando da mille chilometri, perde tempo, danaro e, soprattutto, pazienza ma, soprattutto, rischia di sporcarsi la fedina penale, un esito che dovrebbe sollevare tante domande, perché vi sono meccanismi di tutela non detti nella sceneggiatura, c’è posto solo per le guardie e per i ladri, come nei fumetti di Diabolik.

Gli intrusi non sono ammessi.

Intendiamoci, io ci sono nato e cresciuto, almeno fino a 19 anni, ma per capirci qualcosa dovrei ricordarmi com’ero mezzo secolo fa, appena uscito da questa fabbrica di fenomeni che se la raccontano a modo loro.

Allora credevo di saperla lunga, molto messinese. Mi sono dovuto staccare per capire che si trattava di un mostruoso autoinganno. Oggi, che mi sento travolto dai limiti e dall’ignoranza, avverto una maggiore complicità con il mondo, afferro meglio il pronome personale “noi”.

Ad un’amica messinese trapiantata a Milano che nei mesi scorsi aveva attaccato con la solita solfa “miii che bella missina”, avevo risposto, in dialetto e con parole inequivocabili, che delle bellezze potevamo fare un uso alternativo, visto che manca tutto il resto.  Rileggo i nomi degli ultimi sindaci e mi viene da stare male, nessuna località sarebbe sopravvissuta.

In Calabria, pochi giorni fa, durante il dibattito che seguiva la mia conferenza, un avvocato dal pubblico mi aveva chiesto che cosa possono fare le istituzioni per aiutare chi educa. “Scusi -gli avevo chiesto- vorrei capire di quali istituzioni parla, pochi mesi fa avete votato per il consiglio regionale, qui siamo in 200, tre quarti di voi si sono espressi alla stessa maniera, come se negli ultimi anni non fosse successo nulla. Le istituzioni non sono un’astrazione, rappresentano i cittadini”.

Ieri mi trovavo a Parma, città di 190 mila abitanti, 50 mila in meno di Messina, lascio perdere per carità di patria le valutazioni sulla cura dei luoghi e lo stato dell’economia. La locale squadra di calcio 3 anni fa era fallita, i tifosi non si sono messi a cercare il mecenate, sono ripartiti dalla serie D, sottoscrivendo 13 mila abbonamenti, quanto è bastato per risalire in un anno. Il Messina, dopo un’agonia tra i dilettanti durata anni, è appena tornato tra i professionisti, salvandosi con fatica e col peso di un’annata, milioni di euro, sulle spalle di imprenditore a cui si dovrebbe dedicare un monumento e con uno stadio praticamente sempre vuoto.

Nel frattempo, un altro imprenditore, non certo messinese, si è bevuto un patrimonio per vincere con l’altra squadra di Messina.

Dunque, mi nego volentieri il diritto di parola, non abito qui, posso solo augurarmi che non venga eletto uno che alloggiava e viaggiava dove osano le aquile a spese del comune.

Che non venga eletto uno nei guai con la giustizia, ma che probabilmente è ancora saldamente sulla tolda, grazie anche a tanti servi impenitenti e al figlio che, detto francamente, non mi pare più intelligente di tanti ragazzi messinesi senza padri nobili. Il talento dei giovani messinesi è nascosto nei quartieri popolari, ma non interessa a nessuno, qui, come in tutta la Sicilia, funziona solo il diritto di discendenza. I La Russa, tanto per dire, sono in parlamento da prima che io nascessi, si direbbe che siano dei geni, ma i frutti collettivi non si vedono.

Che non venga eletto chi pensa si possa amministrare un quarto di milione di persone con l’idealismo e basta, perché governare una città come questa richiede dei veri fuoriclasse, che sul territorio non esistono, e se esistono dormono. Bisogna formarsi, costruire competenze, avere progetti, visione, capacità di immaginare il presente, almeno quello perché qui il futuro è un lusso.

Che non venga eletto qualcuno che si è prende il palcoscenico e poi la città, come trampolino di lancio, finendo per utilizzarsi come un lungo spot elettorale di se stesso. Occasione sprecata, perché, al netto di tratti caratteriali davvero poco confacenti, sembrava avere le competenze necessarie.

Quello che, invece, mi auguro è che arrivi uno disposto a dare tutto se stesso per questa gente senza bussola, salvandola da se stessa. Basterebbero tre parole, per accendere la luce. Amore, competenza, servizio. Forse ne basterebbero solo due, purché una sia competenza.

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