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Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

Cara Elly Schlein, esplora i territori e non correre (nemmeno quando parli)

Un compito arduo attende la nuova segretaria del Pd. Quello più impellente è smentire pubblicamente la politica del possesso e della prossimità, amicale e parentale. Può darsi faccia perdere qualche tessera, ma restituisce molti voti. “Tornare in mezzo alla gente” serve a poco se prima non si liberano “i prigionieri”

È la mattina delle primarie. Un caro amico abruzzese mi telefona per dirmi di avere appena votato per Elly Schlein, aggiungendo di averlo fatto a seguito delle nostre chiacchierate dei mesi scorsi. Lo avevo più volte sollecitato a fare ciò che dovremmo fare tutti: impegnarsi in politica. Sei mesi fa, finalmente, ci aveva provato, andando molto vicino all’elezione in consiglio comunale. Insisterà, perché impegnandosi nel Pd direttamente, si è reso conto che l’unico modo per guarire quel partito è servirlo con l’impegno e la competenza.

Una delle prime cose che dovrà verificare da vicino nei prossimi mesi la nuova segretaria, cui persone come il mio amico guardano con grandi speranze, è chi sono i reali proprietari del partito nei vari territori e che uso fanno di questo prezioso strumento. L’origine di tutto, compresa la destra al potere, è nei territori.

Girando, troverà delle sorprese - il caso De Luca è solo una scheggia del problema, sebbene corposa - e forse le sarà chiesto di compiere scelte che non pensava di dovere compiere. Non è più tollerabile, ad esempio, che un segretario provinciale o regionale diventi in automatico capolista, magari lasciando fuori tutto il talento non partitico che gravita intorno all’area culturale toccata dal Pd. Non può essere arbitro e competitore. In Lombardia, dove vivo, questo fenomeno è stato persino irritante, senza contare il malcostume delle ricandidature senza una verifica del lavoro svolto, atto doveroso quando si guadagnano 15 mila euro mensili, come accade nelle regioni e in parlamento.

Un partito può diventare un mezzo di promozione di faccende personali, chi “possiede” una sezione può metterla a disposizione del bene comune, oppure farne una leva per manovrare ingenti risorse, perché quando si governa un comune si possono decidere i salvati e i sommersi, collocando parenti e amici tra i primi.

Da questo primo, grave, danno, ne discende un secondo. Le persone che “vedono” o non fanno parte dei beneficati cercheranno di rivalersi, non sputando in faccia ai proprietari “locali” ma voltando le spalle al partito e quindi all’intero Paese.

Andare sui territori, di persona, e smentire pubblicamente la politica del possesso e della prossimità, amicale e parentale, può darsi faccia perdere qualche tessera, ma restituisce molti voti. “Tornare in mezzo alla gente” serve a poco se prima non si liberano “i prigionieri”.

Quello che è accaduto a Salerno nel corso delle primarie merita una riflessione seria, e se Bonaccini ambisce alla presidenza del partito, deve raccontarci come sono andate davvero le cose con il governatore campano. Le percentuali da stato totalitario registrate nella provincia di Salerno sono un trauma che chiunque voti Pd non può tollerare, meglio perdere in quella Regione piuttosto che tenerla per mano attraverso simili protagonisti. Solo lasciandosi alle spalle questi fenomeni e queste fenomenologie si apriranno spazi per chi considera la politica un modo per migliorare la vita degli altri e non per assecondare pulsioni di potere malsane.

Un secondo aspetto sul quale mi soffermo è lo stile comunicativo di Elly Schlein, entusiasta e ricco, talvolta troppo, di argomenti. Non conosco abbastanza la persona per dire se si tratta del comprensibile trambusto che segue un risultato davvero inatteso e molto importante, non solo per il Pd. Mi è accaduto, in un’occasione che riguarda il mio lavoro editoriale, di stare vicino alla nuova segretaria per un paio d’ore, poco più di tre anni fa. L’impressione è stata quella di trovarsi di fronte ad una bravissima persona, posseduta da un formidabile idealismo. Sembra poco, ma è merce rara tra i politici ed è la premessa perfetta per fare un grande leader, soprattutto se gli ingredienti sono quelli che, oltre all’intelligenza, questa donna sembra possedere in abbondanza.

Ascoltandola da Fabio Fazio, l’altra sera, insieme a persone di famiglia, che erano presenti tre anni prima nell’occasione citata, abbiamo ritrovato quei notevoli paesaggi, ma siamo rimasti subissati dalla sua ansia di dire “tutto”, così alla fine, discretamente storditi, ci siamo domandati cosa avesse detto durante le sue risposte fluviali, che il conduttore cercava di frenare, rallentando parecchio il ritmo con cui poneva le domande. Nei giorni successivi mi sono confrontato con diverse persone che, come il sottoscritto, salutano positivamente questo cambiamento, per verificare cosa fosse “rimasto” attaccato alla memoria, riscontrando che avevamo avuto la medesima impressione. Troppo di tutto, con la sensazione finale che non ci stesse più nulla nei magazzini percettivi.

Peccati veniali, imparerà, per fortuna si tratta di forma, la sostanza, quello che conta di più, è di ottima qualità.

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