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Giovedì, 18 Aprile 2024
Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

Dipendenti regionali scansafatiche e come le divinità, la rabbia di Musumeci che spezza un tabù

“Prese di posizione coraggiose e rarissime nella politica e nella burocrazia siciliane, gravemente responsabili di questo stato di cose, che penalizza i cittadini utenti e quei ragazzi, laureati con lode, che meriterebbero un posto di lavoro e invece se lo devono cercare a 2 mila chilometri da casa”

Dopo le parole del governatore della regione Sicilia sui dipendenti sfaticati e relative perplessità sulla produttiva in condizione di Smart working, adesso è la volta di un alto dirigente della stessa Regione, che blocca le ferie ai dipendenti del proprio assessorato, la cui assenza renderebbe impossibile fare arrivare finanziamenti comunitari a soggetti che li aspettano come l’ossigeno. A parlare, dunque sono il datore di lavoro e il loro massimo responsabile. Se non parlano a vanvera la situazione è pesante.

I sindacati, nell’uno e nell’altro caso, avrebbero potuto tacere. Ma il silenzio rimane un traguardo ostico per troppi, soprattutto quando nessuno paga di tasca e si gioca con i gettoni della comunità. Tanto, quello che è di tutti non è di nessuno.

C’è un problema culturale tra i dipendenti pubblici siciliani, che sono delle divinità rispetto alla miriade di corregionali, che ogni mattina, come gli uccellini, escono da casa alla ricerca di briciole per se stessi e per i propri cuccioli. Sono delle divinità perché, qualsiasi cosa accada, lo stipendio arriva, stipendio che spesso è più corposo di quello che raggiunge le tasche dei dipendenti pubblici di altre regioni. Sono delle divinità perché la sera non tornano stremati a casa. 

Se vogliamo girare la testa dall’altra parte possiamo anche farlo, tanto non costa nulla, si possono dire tante belle frasi fatte, fare i solenni, magari tirando in ballo l’articolo 36 della Costituzione, ma è un peccato che non si voglia approfittare delle prese di posizione di cui sopra, che rompono un tabù e andrebbero invece valorizzate, non per colpire chi lavora ma per mettere in mora chi non lo fa. Prese di posizione coraggiose e rarissime nella politica e nella burocrazia siciliane, gravemente responsabili di questo stato di cose, che penalizza i cittadini utenti e quei ragazzi, laureati con lode, che meriterebbero un posto di lavoro e invece se lo devono cercare a 2 mila chilometri da casa, magari facendo i portalettere stagionali.

Il lavoro in Sicilia cambia, letteralmente, il destino dei singoli cittadini e delle loro famiglie. Non come in Lombardia, dove se ne perdi uno lo rimpiazzi, almeno così era prima del Covid19, mentre nell’Isola perdere un lavoro è come perdere la vita, per questo ogni comportamento furbo o defezionante, soprattutto negli enti pubblici, è da considerare con molta severità, direi alla stregua di un crimine, con buona pace dei sindacati locali.

Inoltre, sarebbe bello sapere che il lavoro in Sicilia, quello pubblico in particolare, è assegnato secondo i talenti. Attendiamo risposte, dalla politica ma anche dai sindacati.

Molti amici lombardi mi girano indignati gli articoli di questi giorni sul tema, un paio di loro, di sinistra, mi fanno presente che il risentimento verso il Sud finirà per crescere. Cosa che io stesso registro nei ragionamenti in cui mi trovo coinvolto o nelle battute dei pazienti. I sindacati dovrebbero preoccuparsi più di questo che delle tessere, invece che fare gli indignati. In questi mesi di distanziamento mi sono trovato a collaborare con delle aziende attraverso loro dipendenti che agivano in Smart working. Uno spettacolo di etica del lavoro persino commovente, persone infaticabili, disponibili, costantemente preoccupate della qualità e dell’esito del nostro comune impegno. Adesso sono le 16 di venerdì 31 luglio. Mezz’ora fa, uno di loro si è fatto presente al telefono, appena un’ora prima di andare in ferie, per tracciare un bilancio del comune impegno. Poteva risparmiarselo, non c’era urgenza, semplice senso del dovere o forse la certezza che il futuro della sua azienda dipende anche dall’impegno dei dipendenti. Quello della Sicilia intera dipende anche dai dipendenti pubblici, se non lo sanno glielo dico adesso e gli dico anche che non è più tempo di privilegi, perché alla ripresa autunnale vedremo cose impensabili fino a sei mesi fa. Lo dico da ottimista.

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