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Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

Green pass e proteste di piazza, quelle “eccezioni” che minacciano le comunità

Due o tre cose su chi protesta per “difendere la libertà”, naturalmente la “loro”, contro una società che si è sottoposta a sacrifici inenarrabili e che chiede loro, vanamente, di partecipare a un’operazione di responsabilità collettiva

Più che i video dei disordini di Trieste, alimentati da richieste prive di basi logiche ma ricche di massa muscolare, mi colpiscono due immagini nella manifestazione no pass di sabato 16 ottobre a Milano, anch’essa mancante di quelle basi.

Racchiudono l’inutilità di qualsiasi tentativo di ragionamento con i manifestanti, mossi in molti casi dalla possibilità, unica, di sentirsi qualcuno nonché da strutture caratteriali antisociali, che precedono i fatti di questi giorni, anzi ne sono del tutto scollegate. 

La prima riguarda uno dei tanti cartelli esibiti dai manifestanti contro il certificato verde. “Qui nessun fascista, solo persone che protestano per la libertà”.

Naturalmente, la “loro” libertà, a qualsiasi costo e con ogni violenza, contro una società che si è sottoposta a sacrifici inenarrabili e che chiede loro, vanamente, di partecipare a un’operazione di responsabilità collettiva. È questo scatenare i sintomi della natura antisociale di cui si diceva, facendo intuire una rabbia verso la vita che ora può canalizzarsi in forme soggettivamente epiche, con tanto di rinforzo per la bella compagnia creatasi.

In fondo è questo il fascismo, la rimozione completa dell’altro, ma c’è anche qualche linea di psicosi, dal momento che manca l’aderenza alla realtà. Giustificazioni strampalate, ragionamenti persecutori, deliri sistematici di complotti e tentativi di controllo da parte di poteri occulti.

La frase contenuta in quel cartello è l’autocertificazione di un disastro radicale. L’incapacità di pensare al bene comune. L’incapacità di ascoltare il mondo intorno. L’incapacità di seguire la voce della ragione. L’incapacità di rispettare una decisione, assunta democraticamente all’interno delle istituzioni, consultatesi con le più alte autorità scientifiche in circolazione, che mira alla tutela dei cittadini, dopo mesi di lutti e sofferenze. L’incapacità, in questo caso accompagnata da un capriccio disonesto, di non volere vedere che il nostro paese è quello che alla fine si è disimpegnato prima e meglio degli altri, proprio grazie alle misure di prudenza e responsabilità assunte dal potere centrale. Viene allora il sospetto che questi individui sperassero in una mattanza, capace di azzerare ogni cosa, consentendo un ricominciamento meno frustrante. Una vendetta virale, biologica, è il caso di dirlo.

“Qui nessuno è fascista”, parole autoconsolatorie. Mi pare che i fatti dicano altro, dicono ciò che è accaduto presso la sede della CGIL a Roma e ciò che sarebbe accaduto in quella dello stesso sindacato di Milano, se non ci fossero stati i poliziotti a fermare l’orda.

La seconda parte del cartello è ancora più interessante. “Solo persone che difendono la libertà”.

Esattamente, la libertà di fare quello che si vuole a prescindere dai diritti altrui. Il “me ne frego” dei fascisti vestiti di nero. Già, perché l’orizzonte di ogni buon fascista, comunque vestito, è la propria pelle, il proprio corpo, l’altro da sé non è pervenuto, inghiottito nei gorghi dell’individualismo di questi strani libertari, che sarebbero comici se non fossero violenti.

Questo florilegio di inettitudine sociale, dunque umana, giacché la normalità si acquisisce solo con la capacità di aderire alle istanze di interesse comune, trova la sua più chiara esplicitazione nella seconda immagine simbolo della manifestazione. Il funzionario di polizia, esasperato dalla follia di chi, negando la realtà, invoca di fatto il permesso di uccidere i più deboli esponendoli al contagio, visto che non ci si vaccina e non ci si controlla.

Quell’uomo, stanco e provato dopo un pomeriggio di tensioni, si rivolge a una signora esagitata, urlandole in faccia di andarsene, perché il corteo è chiuso. Da una parte lo stupore, arrabbiato, di una persona normale, che cerca la logica dove non potrà mai trovarne, dall’altra la sordità capricciosa di chi non è programmato per vivere in comunità e pretende di essere un’eccezione a cui tutti dovremmo piegarci.

Le uniche eccezioni che si possono tollerare sono le persone che dal vaccino subirebbero un danno certo o coloro che, travolti da patofobia, vanno nel panico, il resto non è ammesso.

Ma forse eccezioni, in fondo, lo siamo tutti, tuttavia la scintilla della civiltà è scoccata solo nel momento in cui qualcuno decise di considerare la propria negoziabile per un fine più alto. 

Il resto si è perso per strada.

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